Due donne nei tornanti della storia: Dorothea Lange e Margaret Bourke White

“Ricevere l’avvenimento – Due donne nei tornanti della storia” è l’omaggio che il Centro Culturale di Milano organizza nella propria sede fino al 15 marzo 2020. In collaborazione con l’Assessorato Cultura del Comune nell’ambito di “Donne e Creatività”, iniziativa che coinvolge l’intero capoluogo lombardo da gennaio a giugno 2020.

Protagoniste Dorothea Lange (1895-1965) e Margaret Bourke White (1904-1971), due leggendarie interpreti della fotografia che ci hanno lasciato in eredità testimonianze importanti delle vicende storiche del secolo scorso, diventate vere e proprie icone.

La mostra, ideata da Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano e curata da Angela Madesani, docente di IED e Brera, si compone di 75 preziose stampe originali e vintage provenienti dall’Archivio CSAC Università di Parma, dall’Archivio LIFE, dalla Fondazione Rolla e dalla Library of Congress degli Stati Uniti d’America.

Il titolo della mostra “Ricevere l’avvenimento” fa chiaro riferimento all’attitudine positiva di entrambe le autrici, nonché di apertura e fiducia verso il prossimo. Un atteggiamento partecipativo, coraggioso, ardito. Una innata capacità di lasciarsi sorprendere dagli eventi e di tradurli attraverso la propria personale visione. Lo stesso Fornasieri su questo aspetto scrive che “l’apertura a saper ricevere è già atto conoscitivo ed espressivo in sé”.

La relazione ed il dialogo fra due personalità così forti non è assolutamente facile.  Entrambe sono state allieve di Clarence C. White, uno dei fondatori della Photo-Secession, ma prenderanno le distanze dalla fotografia pittorialista. Entrambe hanno avuto una vita ricca di avvenimenti positivi, ma anche momenti difficili come la malattia, affrontati però con grande piglio e carattere.
L’aspetto centrale che condividono, come recita il sottotitolo della mostra, è quello di essere state appunto “due donne nei tornanti della storia”, affrontando a volte gli stessi soggetti, seppur con approccio differente: la Lange predilige una visione sociologica ed umanistica, mentre Margaret Bourke White segue una impronta giornalistica e politico/sociale.
In ogni caso due donne che hanno saputo emergere con carattere e determinazione in un settore prevalentemente maschile.

Una breve ricognizione nelle loro biografie diventa dunque necessaria verifica per comprendere l’assoluta importanza del loro ruolo nella storia della fotografia.

“Vivere la vita come visione è un’impresa immane, praticamente irraggiungibile. Io l’ho solo sfiorata, appena sfiorata.” Dorothea Lange

Dorothea Lange, colpita da piccola dalla poliomielite, si dedica allo studio della fotografia già da giovanissima. Negli anni Venti frequenta alcuni dei fondatori del Gruppo F/64, non aderendo mai al gruppo, pur praticando la straight photography.

Nel 1918 apre uno studio nella capitale della fotografia americana, San Francisco, dove si dedica al ritratto. Ben presto però Lange comincia ad interessarsi alle persone messe in ginocchio dalla grande crisi della fine degli anni Venti, per lo più contadini, divenuti poveri ed emarginati, che vivono nella miseria.

Realizza così un grande lavoro di documentazione che susciterà l’interesse della Rural Resettlement Administration, organismo federale di monitoraggio della crisi, che si sarebbe poi trasformata nel grande progetto fotografico Farm Security Administration, alla quale partecipa con opere di straordinaria importanza. Come l’iconica e commovente Migrant mother del 1936 che ritrae Florence Owens Thompson, una madre assediata dalla povertà, che si stringe con compostezza e dignità ai suoi figli, come a proteggere l’ultima risorsa rimasta.

Nel 1942 riceve l’incarico di documentare l’esodo di circa centoventimila nippo-americani avvenuto dopo la firma di Roosevelt dell’ordine esecutivo di internamento di guerra in seguito all’attacco di Pearl Harbor. Una pagina oscura degli Stati Uniti d’America rimasta per molto tempo nascosta all’opinione pubblica.

In ogni sua fotografia, la Lange riesce a mostrare il dramma delle persone grazie alla sua sensibilità, con rispetto e delicatezza. Gli individui fotografati mantengono grande onore e dignità nonostante la cruda realtà degli eventi.

Alla fine degli anni Quaranta collabora alla nascita della famosa agenzia Magnum e nel 1952 è tra i fondatori della rivista Aperture. Il suo lavoro è stato inserito da Edward Steichen nella leggendaria mostra The family of man.
Nel 1965, qualche mese dopo la sua morte, il MoMA di New York organizza la prima retrospettiva dedicata a una donna nella storia del museo.

“Niente era troppo difficile. E se avevi tempi stretti, tanto meglio. Dicevi di sì alla sfida e costruivi la storia.” Margaret Bourke White

Per Margaret Bourke White la presenza del padre inventore che la introdusse nel mondo delle acciaierie, fu senza dubbio di orientamento verso una visione fotografica precisa. “La sua è, durante tutta la vita, una tensione alla ricerca della verità attraverso l’immagine fotografica, registratore indicale del circostante, che diviene il suo strumento, la sua protesi” scrive Angela Madesani nel prezioso catalogo della mostra.

Nel 1928 apre uno studio di fotografia industriale e di architettura a Cleveland. Di questo periodo sono le sue immagini che la ritraggono sporgersi dai grattacieli, sugli aerei che sorvolano città, nelle industrie oltre che numerose immagini di dirigibili. La Bourke-White si può considerare tra i primi fotografi a dare rilievo artistico alla fotografia industriale.

Nel ventennio fra gli anni Trenta e Cinquanta del ‘900, Margaret Bourke White raccoglie numerosi primati, grazie alla sua ossessione nella programmazione ed alla sua ambizione: collabora alla fondazione della rivista Fortune, è la prima tra i fotografi occidentali a realizzare reportage sull’industria sovietica, testimonia la liberazione del campo di concentramento di Buchenwald.
Inoltre nel 1937, pubblica il libro fotografico You have seen their faces sulle tragiche condizioni di vita nelle campagne americane devastate dalla carestia. Il suo futuro marito Erskine Caldwell, scriverà i testi.

Documenta l’assedio di Mosca del 1941, e le rivolte dei minatori di Johannesburg. Suo è il primo ritratto non ufficiale di Stalin che viene autorizzato alla pubblicazione al di fuori del territorio URSS. La Bourke-White racconta di come sia stato complicato immortalare il sorriso del dittatore russo, allo scopo di darne un’immagine insolita ed umana.

Fotografa gli assedi della linea gotica sull’Appennino emiliano, al seguito dell’esercito americano in Italia. Nel 1947 fotografa il Mahatma Gandhi poche ore prima che venga ucciso.
Nel 1957, nonostante sia colpita dal morbo di Parkinson, firma il suo ultimo servizio per Life. Nel 1963 scrive l’autobiografia Portrait of myself.

Muore nel 1971 nella sua casa in Connecticut.

La mostra è accompagnata dai testi poetici a firma di Daniele Mencarelli, che con uno sguardo contemporaneo ricuce idealmente la memoria evocata dalle immagini delle due autrici.

Mirko Bonfanti

RICEVERE L’AVVENIMENTO
DOROTHEA LANGE E MARGARET BOURKE WHITE:
DONNE NEI TORNANTI DELLA STORIA

Centro Culturale di Milano
Largo Corsia dei Servi, 4 Milano
Lunedì – venerdi: 10/13; 14/18.30
Sabato – domenica: 15/19
www.centroculturaledimilano.it
tel. 02,86455162