Paolo Pellegrin. Un’antologia

Il MAXXI in questi ultimi anni si è impegnato moltissimo e con ottimi risultati nel proporre mostre fotografiche di grande spessore. Lo ha fatto, con successo di critica e di pubblico, attraverso le immagini di Luigi Ghirri “Pensare per immagini”; di Gabriele Basilico; di Olivo Barbieri “Immagini 1978-2014”; di Letizia Battaglia “Per pura passione”; ovvero con le intense e interessanti rassegne dedicate all’Italia come: “Extraordinary Visions. L’Italia ci guarda” e “Verso il Mediterraneo”.

A questo già rilevante elenco, si aggiunge il nome del fotografo romano Paolo Pellegrin, raccontato con un’antologia di 150 immagini, la cui selezione si deve alla cura di Germano Celant.
Un intenso lavoro, durato due anni, conseguito attingendo dal vasto archivio di immagini che, nel corso di trent’anni, hanno contribuito a costruire la carriera e soprattutto il successo fotografico di Paolo Pellegrin. Viene pertanto restituita al pubblico una selezione intelligente, capace di ripercorrere la sua attività di reporter all’interno di un allestimento raffinato, dove il buio si confronta con la luce, dove il contrasto diventa la metafora delle manifestazioni più estreme dell’esistenza umana vissute da Paolo Pellegrin.

Questa mostra, nelle intenzioni di Germano Celant, è sia su Paolo Pellegrin, sia sul linguaggio fotografico, grazie a l’idea di non codificare il suo lavoro in un contesto rigido: il tema della guerra, quello dei massacri, il dolore del e nel mondo; ma di mostrare anche quali tipi di linguaggi un fotografo adotta all’interno della sua ricerca.

Dunque, è un’antologia tanto della storia di Paolo Pellegrin, quanto delle espressioni della fotografia, con l’esigenza di evidenziare anche il processo: il formato, le cornici, il fatto che la fotografia può essere anche televisione, che c’è un trattamento delle pellicole, la scelta di utilizzare una specifica carta. Non è solamente una storia di contenuti, ma anche il tentativo di dimostrare la ricchezza di Paolo Pellegrin da un punto di vista allargato: quello della fotografia, del fotografo e del linguaggio stesso della fotografia. Qualcosa che allarga il modo di comunicare sia attraverso il suo sguardo, sia attraverso lo sviluppo delle immagini di un mondo che lui ha vissuto e ha documentato.

Viene perciò proposto, all’interno di una struttura museale, non il solo racconto, ma come il racconto succede, avviene, come il racconto diventa una parte di una narrazione, una lingua che si può esprimere anche grazie a cose che non sono fotografia.
La cornice è un elemento comunicativo, la dimensione dell’immagine è un elemento comunicativo, la sovrapposizione di più frame per creare una immagine è un elemento comunicativo, un collage è un elemento comunicativo.

Di conseguenza, questa antologia è un discorso di una persona che guarda, che racconta in prima persona, che filtra attraverso certe immagini la situazione non solo obiettiva della guerra, ma anche quella soggettiva. Protagonisti quindi gli eventi, il vissuto delle persone coinvolte nel conflitto, lo stesso Paolo Pellegrin.
Una osmosi, un intreccio, tra il linguaggio fotografico e il soggetto fotografico, che mette al centro l’importanza del fotografo, non solo per il contenuto che egli ha registrato, ma anche il suo modo di esprimersi. Funzionale, per cui, la scelta di inserire in mostra i disegni, gli appunti, le questioni personali; l’esigenza di esporre il modo o i modi di narrare di Paolo Pellegrin, dove la parte biografica è essenziale al processo creativo e non è assolutamente slegata.

Non si espone, dunque, solo il risultato, la fotografia, ma tutto il processo creativo.

 

 

 

Federico Emmi

 

https://www.maxxi.art/events/paolo-pellegrin-unantologia/