Calendari, donne, motori e altri incidenti

La fine dell’anno si avvicina e nonostante gli smartphone ed i computer ci offrano validissime alternative, per chi li ama è questo il tempo di procurarsi un calendario.

Se corredato di fotografie è un’ottima compagnia per i mesi dell’anno a venire per godere di quello che noi riteniamo belle immagini, appese al muro di casa, dell’ufficio o del nostro posto di lavoro; a seconda dei nostri gusti, solleviamo lo sguardo dalla nostra occupazione per un attimo di distrazione, che si tratti di paesaggi esotici, i sorrisi dei nostri figli, città d’arte, gattini, tramonti o donne procaci più o meno vestite.

A proposito di queste ultime, è recente la polemica scoppiata intorno al calendario che Codacons ha lanciato per il 2021. La fotografa Tiziana Luxardo, che lo ha realizzato, per ogni mese ha fatto posare una modella nuda vestita solo da una mascherina tricolore, realizzando poi una sorta di cartolina con un francobollo di fantasia che riporta la fotografia di una città della nostra bella Italia. Al di là del giudizio sulla fotografia, su cui non intendiamo in questa sede entrare nel merito, la polemica è divampata sia per la supposta poca attinenza con il tema proposto (la resilienza degli Italiani durante la pandemia), sia per l’iniziativa – pare a insaputa della autrice – di un concorso per votare la foto più bella, che rischia di venir travisato per il voto alla ragazza più piacente, sia per la nudità delle modelle e dunque l’utilizzo giudicato fuori luogo e sessista della ennesima immagine di una donna per lanciare un messaggio.  

Il sessismo sembra essere stato una ossessione per molti in questo fine 2020; un’altra importante polemica di tale natura si è infatti dibattuta intorno alle foto che la grande Letizia Battaglia ha realizzato su commissione della Lamborghini per la campagna pubblicitaria “With Italy, For Italy”. In questa occasione a incendiare gli animi non è stata la nudità di una donna, ma l’accostamento di bambine e ragazzine ai motori, considerato azzardato. Il polverone sollevato dalle critiche e dai commenti ha addirittura portato Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, a chiedere a Lamborghini di rimuovere le foto in questione dalla campagna.

Anche per questo episodio, pur invitandovi ad un’analisi di queste fotografie della Battaglia, unitamente all’indagine sull’opera fotografica monumentale della fotografa palermitana, non intendiamo addentrarci in un giudizio critico delle sue immagini per Lamborghini, ma piuttosto invitarvi a riflettere su quanto certi stereotipi invadano l’immaginario delle persone. “Donne e motori” è uno di questi, e la Battaglia forse si è solo macchiata della colpa di averlo sottovalutato o, forse, ha invece avuto il merito di avercene proposto il superamento.

La Lamborghini della Battaglia (le sinapsi visive che mi piacciono tanto, si legga questo articolo), insieme alle polemiche sollevate mi hanno immediatamente riportato alla mente la Lamborghini in una foto del Calendario Pirelli del 2014, opera precedentemente realizzata da Helmut Newton (l’anno di produzione è il 1986) e proposta  postuma al pubblico per il 50mo della casa produttrice di pneumatici. 

Letizia Battaglia per Lamborghini “With Itali, For Italy” – ©Letizia Battaglia; fonte Google
Antonia Dell’Atte per Calendario PIrelli 2014 – ©Helmut Newton – Fonte Google

La modella Antonia Teodora Dell’Atte, tacchi a spillo e valigia tra le mani, si dirige verso la stessa auto sportiva, il cui sportello aperto lascia intravedere il braccio e la mano di un uomo ben vestito che si presume sia venuto a prenderla.

Sono immagini profondamente diverse, come diversa è certamente la matrice che caratterizza la Battaglia e quella che descrive lo stile del famoso fotografo tedesco.

Avendo aperto l’articolo proprio parlando di calendari, per chi ama la fotografia il celeberrimo progetto “The Cal™” non può peraltro non essere passato per la mente. Nato nel 1963 per un pubblico senza dubbio maschile, seguendo la struttura del calendario erotico, “sexy”, di tradizione americana degli anni ’50, il Calendario Pirelli si è evoluto in una vera e propria istituzione, un prodotto cult, un oggetto a sé anche rispetto alla stessa azienda che lo ha inventato, finendo per raccontarci anche l’evoluzione dell’estetica e del costume nel corso degli anni. Certamente ha superato la dimensione puramente erotica per incarnare maggiormente quella artistico-espressiva. Donne sconosciute, o famose attrici e modelle; spiagge o foto in studio, nudi appena accennati, o completamente svelati, foto dal forte contenuto erotico, o immagini che sottolineano altre qualità delle donne, fotografi uomini o fotografe donne: seguire la storia di questo prodotto è di grande interesse.

Non a caso, tuttavia, noi vi citiamo il calendario Pirelli del 2014, dopo avervi raccontato la vicenda delle foto di Letizia Battaglia. Senza lasciar cadere quella tanto spontanea e arbitraria, quanto innocente associazione mentale, ci piace provare a ricercarne il senso nelle riflessioni che essa ci induce a fare, proprio in relazione al tanto contestato sessismo e politicamente scorretto spesso sbandierato sui social. Se conoscete la produzione di Helmut Newton, sapete infatti quanto ricorra al gusto della provocazione, del voyeurismo, con le sue donne statuarie in pose per qualcuno al limite della decenza.

Prima di tornare sullo spinoso argomento vorremmo tuttavia prima condividere con voi la curiosa storia del Calendario Pirelli affidato a Helmut Newton che in comune con le foto della Battaglia, anche se per ragioni e vicende diverse, ha la sua iniziale esclusione dalla pubblicazione. Due “mostri sacri” e un unico destino?

Sono dovuti passare ben 28 anni prima che le fotografie di Newton per Pirelli vedessero la luce. Nel suo libro pubblicato nel 2006 “Helmut Newton & Pirelli. Storia di un calendario censurato”, Giuseppe Meroni, ancora ovviamente ignaro della pubblicazione che sarebbe avvenuta otto anni dopo, ci racconta i retroscena di questa vicenda, seguendo le tracce del grande fotografo e del suo staff a Montecarlo e nel Chianti, luoghi di elezione per la produzione.

Il libro di Giuseppe Meroni, casa editrice Autocircuito Srl – 2006

La lettura del libro, che vi consigliamo, è assolutamente scorrevole e molto intrigante; le reali ragioni della scelta del direttivo Pirelli per Bert Stern piuttosto che quello commissionato e comunque completamente pagato a Helmut Newton da Pirelli Italia non sono alla fine chiare; probabilmente questioni politiche interne all’azienda che ha preferito premiare il progetto portato avanti da Pirelli UK, anziché il primo calendario completamente “made in Italy” come lo aveva fortemente voluto Gianfranco Bellingeri, Responsabile della Società Pneumatici Italia.

Senza svelarvi tutta la vicenda, ci piace raccontarvi la scena che si svolge il 9 Settembre 1985 a Milano, quando l’allora Amministratore Delegato del Gruppo Pirelli, Ing. Filiberto Pittini, con un inspiegabile ritardo di 5 minuti sulla tabella di marcia (Meroni racconta che in Pirelli la puntualità era maniacale, le riunioni iniziavano sempre tassativamente nel corso del primo minuto in cui erano convocate) si aggira in sala tra le stampe di grande formato delle fotografie realizzate da Newton, appese alle pareti. 

Vi riportiamo le parole di Bellingeri a sua volta citate nel libro da Meroni: «Ricordo che compì un primo giro. Poi un secondo. Pittini era un bravo fotografo. È come se avesse fatto prima una analisi tecnica delle immagini e poi volesse rivederle a una a una per una lettura più emozionale. Fu in questo secondo giro che, fermandosi davanti alla fotografia che ritraeva una modella nell’atto di effettuare un rifornimento di carburante, si girò verso di noi e, con un linguaggio a lui del tutto inconsueto, scandì nel silenzio generale: “E voi promuovereste la Pirelli con questa faccia da puttana? Questo è un calendario di puttane. La Pirelli queste cose non le pubblica”.» 

Il titolo del capitolo iniziale del libro è infatti provocatoriamente “Il calendario delle puttane”. Roba da scandalizzare sia il puritano che, all’opposto, il purista amante della fotografia newtoniana.

Sessista, dunque?

Nel film di recente uscita (luglio 2020) e altrettanto consigliato “The Bad and The Beautiful”, un documentario sul fotografo tedesco ad opera del regista Gero von Boehm, in un confronto televisivo con Susan Sontag, Newton viene da quest’ultima accusato di “sgradevole misoginia”, ma nel racconto delle modelle o attrici da lui fotografate come Claudia Schiffer, Sylvia Gobbel, Isabella Rossellini, Grace Jones, Hanna Schygulla e Nadya Auermann l’esperienza con Newton è ben lontana da questo concetto, non è affatto degradante, ma al contrario, le ha gratificate, le ha rese più forti, più consapevoli al punto da aver aderito in pieno ai suoi lavori, complici.

Il dvd “The bad and the Beautiful”

Molto ironicamente Helmut Newton se ne infischia del “politicamente corretto”, o, piuttosto, la sua fotografia è altro rispetto all’apparente misoginia sessista ravvisata dalla Sontag.

Il dibattito è certamente ancora accesissimo, ma la comunicazione d’altronde è tale se due sono i soggetti coinvolti: l’emissario del messaggio ed il ricevente e per quanto il messaggio possa essere inequivocabile, biunivoco o al contrario ambiguo (si ricordi peraltro che il linguaggio iconico è certamente di più difficile interpretazione rispetto a quello verbale), per quanto volontariamente o involontariamente esso possa essere suscettibile di malintesi, a chiudere il cerchio è sempre anche la risposta del ricevente, spesso anche malgrado le intenzioni dell’autore.

Questo, si badi, non significa che ogni risposta sia lecita, che ogni opinione sia corretta o al contrario scorretta, né tanto meno significa che l’arbitrarietà dell’emittente sia sempre indiscutibile. 

Semmai quello che ci si auspicherebbe è il portare il dibattito a livelli di costruttiva discussione, di reale confronto, anche serrato, ma mai accusatorio, di ragionevolezza, di comprensione, cosa che ahimè ci sembra in effetti mancare sui social network, forse non solo per la natura degli stessi. Per cercare la costruttività, non solo a parole, occorre infatti avere grande libertà mentale ed essere dotati di notevole onestà intellettuale, due caratteristiche che non sono da considerarsi doti innate, ma piuttosto delle conquiste cui solo la cultura ci sembra possa condurre.

Luisa Raimondi