Questa è una storia sulla quale si potrebbe fare un film, un storia che parla di uomini geniali e visionari, di innovazione e grande successi, ma purtroppo anche di miopi scelte di mercato che hanno portato a grandi fallimenti.
Se in alcuni momenti di questa storia, le cose fossero andate in modo diverso, la fotografia forse sarebbe cambiata e oggi magari potremmo utilizzare strumenti fotografici che probabilmente avremo solo tra diversi anni.
Questo racconto si muove nel tempo con balzi di decine di anni ma inizia in un periodo storico ben preciso.
Siamo infatti agli inizi degli anni ’30, negli Stati Uniti ci si è da poco lasciati alle spalle il cosiddetto decennio degli anni ruggenti. In quel periodo di primo dopoguerra gli USA conobbero una prosperità quanto mai formidabile e la loro economia cresceva a ritmi strepitosi, erano “gli anni dell’euforia” e del movimento di emancipazione femminile.
In quegli anni Adolf Hitler aveva esposto il suo programma politico nel libro Mein Kampf (verrà poi eletto cancelliere nel 1933) e Charles Lindbergh aveva compiuto la prima traversata dell’Atlantico da New York a Parigi a bordo dell’aereo Spirit of Saint Louis. Nel 1927 Walt Disney mostrava al pubblico il suo primo cortometraggio di Topolino e Alexander Fleming nel 1929 scopriva la penicillina.
Quel decennio così florido era però terminato con la Grande depressione del 1929 e il catastrofico crollo della borsa di Wall Street. Un evento totalmente inaspettato fino a qualche anno prima. Nonostante la crisi economica e finanziaria avesse generato una grossa crescita della disoccupazione, il mondo della fotografia si appresta a vivere, in una situazione di controtendenza, un momento di grande sviluppo.
Sono infatti anni di grande fermento fotografico, da pochi anni, precisamente dal 1925, era iniziata la produzione della Leica I.
Con questo modello di fotocamera la Leica aveva cambiato radicalmente la storia della macchina fotografica, attraverso un progetto rivoluzionario che ridisegnava lo strumento con una impostazione dei comandi che nessuno avrebbe più modificato. Riconosciuta come la pietra miliare che segnò l’inizio della storia moderna della fotocamera, la Leica I era la prima 35mm, con obiettivo 50mm fisso e pellicola 24×36 a scorrimento in soli 250gr di peso.
Il grande successo della Leica stimolò molti altri costruttori a buttarsi in questo mercato, tra i primi a rispondere ci fu la Zeiss Nel 1932, con la Contax Ie pochi anni dopo, nel 1936, in Giappone la Precision Optical Instruments Laboratory realizza la Hansa Kwanon, un prototipo di fotocamera 35mm con otturatore sul piano focale, è l’alba della Canon.
In tutto questo movimento intorno alla fotografia, non passa inosservato un evento che il 14 marzo 1932 finisce in prima pagina sui giornali degli States (e non solo). All’interno di una imponente villa nella cittadina di Rochester, nello stato di New York, George Eastman, si uccide con un colpo di pistola al cuore. Il poveroGeorge era costretto da tempo su una sedia a rotelle da una malattia degenerativa alla spina dorsale, dalla quale non sarebbe mai guarito. Destinato ad un lento e inesorabile peggioramento, si era trascinato verso quel momento tra dolori continui e l’impossibilità di muoversi in modo autonomo.
Sia la madre che la sorella avevano finito la loro vita su una sedia a rotelle, e George, persona con temperamento impaziente, ambizioso e intraprendente, non riusciva ad accettare di finire la sua vita nello stesso modo, con questa lenta agonia.
Le sue ultime profetiche parole, prima di spararsi, le lasciò su un biglietto «Ai miei amici: il mio lavoro è compiuto. Perché aspettare?». Eastman aveva 77 anni e la convinzione di avere fatto abbastanza nella sua gloriosa vita.
George Eastman era stato un visionario, un gradissimo imprenditore e un genio del marketing, e soprattutto l’inventore del rullino fotografico, l’oggetto che rese la fotografia l’arte più democratica (e si, forse la meno artistica) del mondo. George Eastman era il fondatore della Kodak, società che aveva guidato con intraprendenza fino a farla diventare leader mondiale per le pellicole fotografiche.
Attraverso il rullino di Eastman la fotografia era diventata qualcosa alla portata di tutti, priva dell’ingombro della strumentazione tecnica specialistica, delle camere oscure e dei solventi da tenere dentro casa. Finalmente uno strumento per raccogliere i nostri ricordi, per fissare il passato in modo indelebile.
George Eastman è stato un personaggio che ha creduto nelle sue idee anche di fronte a innumerevoli difficoltà.
Terzo di tre figli, George nasce bel 1854 a Waterville, (New York), nella fattoria di famiglia.
Quando George aveva cinque anni, la famiglia abbandona la campagna per trasferirsi a Rochester, nello stato di New York in cerca di un futuro migliore, ma il destino è spesso crudele e così, quando solo un anno dopo il padre improvvisamente muore, il piccolo George lascia la scuola e si assume la responsabilità di provvedere alla madre vedova e alle due sorelle, una delle quali affetta da un grave handicap.
A 14 anni trova Il suo primo vero lavoro presso una società di assicurazioni, dove riceve 5 dollari alla settimana. «Troppo poco», diceva. E allora studiava contabilità tutte le sere e anche la notte. Per la carriera, pensava.
Nel 1874 finalmente arriva la sua occasione: la Rochester Savings Bank gli offre un posto. Sono quindici dollari alla settimana, il triplo di quanto percepiva prima.
A 24 anni George, con qualche soldo in tasca, comincia a progettare una vacanza al mare, a Santo Domingo, e spesso ne vagheggiava entusiasta con gli amici. In uno dei suoi discorsi uno di questi gli consiglia di comprare dell’attrezzatura fotografica, per scattare fotografie e avere ricordi del viaggio. Fu il momento della svolta.
George spende così cinque dollari, un terzo dello stipendio, comunque molto meno di quanto spendiamo oggi per una reflex, per acquistare un’apparecchiatura fotografica completa di tutti gli accessori necessari all’epoca (si utilizzavano allora lastre umide).
La macchina fotografica era grande quanto un forno a microonde e doveva essere appoggiata su un pesante cavalletto. L’attrezzatura comprendeva preparati chimici, serbatoi di vetro, un pesante supporto per le lastre e una brocca d’acqua. L’apparecchiatura completa, per sua stessa ammissione, “era come il carico di un cavallo da traino”.
George alla fine non andò più a Santo Domingo, forse anche scoraggiato da tutto quel materiale che avrebbe dovuto portarsi dietro. Si appassionò invece alla fotografia e cominciò a pensare come poter semplificarne quel processo così complicato e pesante.
Eastman lesse su riviste britanniche che alcuni fotografi utilizzavano emulsioni di gelatina che essi stessi preparavano. La lastre rivestite di questa emulsione restavano sensibili anche da asciutte e potevano essere esposte in qualsiasi momento. Utilizzando una formula trovata in una delle riviste, Eastman iniziò a preparare emulsioni di gelatina.
Di giorno lavorava alla banca e di sera, a casa, conduceva esperimenti nella cucina della madre. Sua madre stessa diceva che, alcune sere, Eastman era talmente stanco che non riusciva a svestirsi e si addormentava su una coperta stesa sul pavimento della cucina, vicino al forno.
Dopo tre anni di esperimenti fotografici, Eastman trovò finalmente una formula che funzionava. Entro il 1880, non solo aveva inventato la formula per le lastre secche ma aveva anche brevettato una macchina per la preparazione di elevate quantità di lastre. L’idea era quella di fabbricare lastre secche da rivendere ad altri fotografi. Il suo spirito imprenditoriale comincia a farsi strada.
Prese in affitto il terzo piano di un edificio in State Street a Rochester, e iniziò la produzione di lastre secche destinate alla vendita.
L’attività però non dura tanto: il primo passo è un fallimento. Le prime lastre vendute risultarono difettose, ed Eastman fu costretto a sostituirle a sue spese per non perdere credibilità.
Nonostante la grossa perdita iniziale, Eastman non era uno che si arrendeva facilmente. Quella esperienza negativa fu il momento della svolta, perché capì che il sistema della lastra di vetro, sia umida che secca, andava abbandonato. Nel 1884 fonda la Eastman Dry Plate con l’obiettivo di trovare un sistema per fare fotografie con la facilità «con cui si usa la matita».
un articolo di Enrico Quattrini
La storia continua nel prossimo articolo