Mario Dondero: la libertà e l’impegno

“Eravamo in corso Magenta, mio padre mi stava accompagnando al lavoro. C’era un signore molto elegante con una scarpa slacciata, che si era appoggiato al palo giallo del semaforo per allacciarsi la stringa. Mio padre disse: “Questa sarebbe una foto straordinaria, però non la faccio perché è un momento intimo”. La cosa che mi rassicura è che al mondo ci sono padri imperfetti ma uomini così meravigliosi da riuscire a rinunciare ad una fotografia pur di rispettare una persona. Questo era Mario Dondero.”

Questo ricordo di Maddalena Fossati Dondero, figlia di Mario, racconta bene il rispetto, l’empatia e l’umanità del padre, sensibilità che hanno sempre contraddistinto tutta l’enorme produzione del fotografo milanese.

E prosegue così: “Ho lottato tanto per realizzare questa mostra perché ci tenevo a mostrare a Milano e al mondo cosa significano le fotografie scattate da mio padre. In realtà era un pessimo padre, un uomo straordinario. Si può essere anche tutte e due le cose. Insieme. Ed era un uomo che mostrava il suo vero
sé in rarissimi momenti. Uno di questi momenti sono sicuramente le sue fotografie che lo raccontano più di tutto
“.

Dal 21 giugno al 6 settembre 2023, presso l’Appartamento dei Principi a Palazzo Reale, è possibile visitare la mostra gratuita Mario Dondero. La libertà e l’impegno, promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Silvana Editoriale, in collaborazione con l’archivio Mario Dondero, con la curatela di Raffaella Perna. L’estesa retrospettiva composta da un centinaio di stampe, è un felice tentativo di ripercorrere quello che è stato il lavoro fotografico di Mario Dondero, scomparso nel dicembre del 2015, uno dei grandi fotoreporter protagonisti della fotografia italiana della seconda metà del Novecento e riconosciuto nel panorama internazionale.

Mario Dondero nasce a Milano nel 1928. Partecipa alla lotta partigiana nella Repubblica dell’Ossola appena sedicenne, sospinto da sentimenti di libertà e giustizia sociale, che saranno alla base del suo percorso umano e professionale. A partire dal 1951 a Milano intraprende la carriera di fotogiornalista, collaborando con testate quali “Avanti”, “l’Unità”, “Milano Sera”, “Le Ore”, e frequenta l’ambiente intellettuale legato al Bar Giamaica, insieme ad altri fotografi come Ugo Mulas, Carlo Bavagnoli, Giulia Niccolai, Alfa Castaldi. Tutti impegnati a far emergere le storie degli ultimi animati da un forte impegno civile.

«Non è che a me le persone interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono”
Mario Dondero

Dal 1954 al 1960 Dondero si trasferisce a Parigi, pubblicando su testate quali “Le Monde”, “France Observateur”, “L’Express”, “L’Humanité Dimanche”. Ritrae gli esponenti del Nouveau Roman, tra cui Alain Robbe-Grillet e Samuel Beckett, una fotografia di gruppo divenuta icona. Seguirà poi la vita politica e sociale parigina per altri tre decenni.

Dal 1961 torna in Italia, a Roma, dove fotografa la scena artistica e culturale del tempo raccogliendo una collezione di meravigliosi ritratti. Dagli anni Settanta sino alla sua scomparsa, Dondero non smette di viaggiare: Mali, Senegal, Guinea-Bissau, Cambogia, Germania, Brasile, Cuba, sino ai reportage in Russia e a Kabul. Ricordiamo fra le sue ultime collaborazioni con quotidiani e periodici, “il venerdì di Repubblica”, “il manifesto”, “Diario”.

Per la mostra la curatrice Raffaella Perna ha costruito un percorso espositivo che segue un doppio registro, cronologico e tematico insieme. Le dieci sale dell’Appartamento dei Principi sono allestite al fine di restituire una narrazione a tappe, ciascuna pensata come una micro-mostra: dalle fotografie dei primi viaggi in Portogallo negli anni Cinquanta, passando per quelle che raccontano la società del nostro paese come la migrazione interna, il processo di alfabetizzazione, il lavoro rurale, le manifestazioni politiche e sindacali. Ci sono immagini del reportage in Irlanda del ’68, quelle del periodo francese, fino ad arrivare agli scatti realizzati a Kabul negli anni Duemila.

“La fotografia non è il fine, ma il mezzo per avvicinarsi alla vita”
Mario Dondero

Nelle sale centrali troviamo invece le fotografie che Mario Dondero ha scattato ad importanti personaggi dello spettacolo e delle arti, in Italia ed all’estero, come Pier Paolo Pasolini, Enzo Jannacci, Eugène Ionesco, Alberto Burri, Alberto Giacometti, Mimmo Rotella, sino alla celebre fotografia di gruppo del Nouveau Roman.

Non mancano le foto più famose come “L’uomo che voleva raggiungere la luna” oppure i ragazzini cubani che si tuffano in mare, in compagnia di altre meno note o addirittura inedite, riscoperte grazie al prezioso lavoro dell’Archivio di Altidona, nelle Marche, luogo dove Mario Dondero ha vissuto negli ultimi anni della sua vita. Un archivio monumentale composto da oltre seicentomila negativi, definito di “interesse nazionale” dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Ogni fotografia di Dondero si compie nel limine della relazione fra fotografo e soggetto, quando l’umanità emerge da ogni situazione più o meno normale, più o meno rilevante. Si allontana dal sensazionalismo, è leale, generosa e rispettosa. Rifugge l’artificio e si smarca dalla natura estetizzante del mezzo, alla ricerca di una autenticità e semplicità che soltanto la normalità della vita può offrire.

“Troppa estetica uccide la verità”
Mario Dondero

Completano l’esposizione un cortometraggio del fotografo Giacomo Bretzel intitolato “Mario te la canta e te la conta” ed una selezione di oggetti, come la sua Leica e la laurea honoris causa dell’accademia di Brera. Interessante segnalare che la mostra prosegue sui pullman di Autoguidovie in tutta la Lombardia, un omaggio all’abitudine di Dondero di viaggiare con i mezzi «perché così si poteva parlare con la gente».

https://www.palazzorealemilano.it/mostre/la-liberta-e-limpegno

Mirko Bonfanti