La mostra è all’Osservatorio Prada Milano dal 7 Mar – 14 Ott 2024
Miranda July è un artista eclettica: performer, regista, sceneggiatrice, attrice, cantante, scrittrice, intellettuale, artista punk…un caleidoscopio di personalità diverse tenute insieme da una personalità fortissima, egocentrica, narcisa e ironicamente consapevole dei propri difetti.
Nata nel 1974 a Barre, Vermont, negli Stati Uniti, è sempre stata interessata e attenta alle emozioni. Dagli anni ’90, nell’arco di 30 anni, ha prodotto performance, video e installazioni, partendo dai club punk fino ad arrivare nei teatri e nelle gallerie d’arte.
PRADA ospita NEW SOCIETY presso il suo spazio OSSERVATORIO PRADA in Galleria Vittorio Emanuele 2 a Milano. La mostra è a cura di Mia Locks.


Andiamo a vedere e discuterne:
AVVERTENZA: Nessun video è sottotitolato, è richiesto almeno un livello C1 di Inglese altrimenti diventa complicata la comprensione e di conseguenza l’intera performace, soprattutto per i video con molta conversazione.
1 A poster to be ripped/Ripping (2024)

Il dittico include un poster realizzato da July per Printed Matter, libreria d’arte non profit di New York, e un video che documenta le azioni di tre persone che eseguono le istruzioni riportate sul poster: “Un poster da strappare con rabbiosa violenza e disgusto, e poi da appendere con cura pezzo per pezzo con fredda e inesorabile determinazione”. Siamo in piena arte concettuale e performativa. Il lavoro è interessante. La dicotomia tra la rabbia distruttiva del primo atto e la fredda meticolosità del secondo crea una tensione interessante, che invita a riflettere sulla natura effimera e contraddittoria delle emozioni umane.
2 Prime performance (1997)
Video delle prime performance di Miranda July e oggetti di scena.



Sinceramente abbastanza acerbo come lavoro; come spesso molti lavori di moltissimi artisti. Miranda July è un mix di vulnerabilità, serietà e umorismo non ancora ben amalgamati e il lavoro non si discosta se non di poco dalle performance di molti altri artisti.
Ho apprezzato comunque tantissimo l’uso di “directional speakers” o “sound beaming devices”. Utilizzano superfici risonanti per trasformarle in altoparlanti invisibili, creando un’esperienza audio immersiva che è concentrata in un’area specifica senza griglie visibili, cuffie o auricolari. Sono ideali per le mostre e le installazioni d’arte dove si desidera che il suono sia un’esperienza intima e localizzata, senza interferire con l’ambiente circostante
3 Love Diamond (1998)


è una performance della durata di 52 minuti, ideata come un film dal vivo, commissionata dall’Institute of Contemporary Art di Portland, Oregon. La narrazione si sviluppa in due parti, esplorando le relazioni tra madre e figlia e la storia di una donna confinata in un viaggio orbitale attorno al satellite Titano, un personaggio enigmatico ma influente. Miranda July veste i panni di tutti e tre i protagonisti, gestendo anche le diapositive e le proiezioni digitali. Durante lo spettacolo, alcuni spettatori salgono sul palco per illustrare il transitorio “diamante d’amore”, che può manifestarsi sia come una brillante gemma sia come un complesso costrutto sociale emergente dall’unione di due triangoli amorosi. Accanto al video, una vetrina espone vari oggetti legati alla performance, tra cui appunti, bozzetti, diapositive e lucidi, oltre ad altri materiali correlati.
4 The Amateurist (1997)
è una rappresentazione complessa del rapporto tra due figure femminili: l’una etichettata come “amatoriale”, l’altra come “professionale”. Miranda July si cala nei ruoli di entrambe, distinguendole attraverso l’uso di parrucche differenti. L’opera esplora la dicotomia tra i due personaggi attraverso l’uso di sole due inquadrature. Mentre la professionista si perde in monologhi sul suo lavoro monotono, l’amatoriale, sebbene muta, dimostra resilienza. Attraverso questa narrazione, July mette in luce il passaggio di potere dalla professionista, con la sua autorità apparente, alla figura dell’amatoriale, rivelando le sue inaspettate capacità. Emerge, da questa installazione, quanto Miranda July sia interessata alle dinamiche psicologiche, ai rapporti umani, ai dialoghi e monologhi, ai sentimenti e quanto sia disinteressata all’inquadratura, al movimento di macchina e all’estetica del video.
5 Things We Don’t Understand and Definitely Are Not Going to Talk About (2006)

Fiona rompe con Donnie a favore del suo collega Kevin, lasciandosi alle spalle sia il partner che il gatto che intendevano adottare. Quest’opera segna un passaggio verso una partecipazione imprevista del pubblico; Miranda July seleziona gli attori principali direttamente tra gli spettatori all’inizio dello show. Con l’ausilio di una telecamera nascosta dietro le quinte, copioni segreti e l’aiuto delle assistenti alla regia, i tre spettatori scelti si fondono armoniosamente con la performance. July coinvolge ulteriormente il pubblico, invitandolo a leggere le battute, a emulare il suono di un tamburo con le mani e a rispondere a domande accendendo un accendino per segnalare il loro “Sì”.

A completare l’esperienza visiva, una vetrina espone vari elementi legati allo spettacolo, inclusi il copione, parti del costume, oggetti di scena e il gobbo cinematografico.
Il coinvolgimento del pubblico è un’apertura necessaria a un percorso che in solitario sarebbe diventato presto asfittico e morente. Niente di nuovo sia chiaro. Il coinvolgimento del pubblico c’è forse da sempre e in tempi moderni il primo a utilizzarlo in campo teatrale è stato Antonin Artaud che, negli 30 del secolo scorso, coinvolgeva attivamente il pubblico nel suo “Teatro della Crudeltà”, che mirava a creare esperienze intense e viscerali per il pubblico; spesso coinvolgendolo in modi non convenzionali. Poi Il Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina, che negli anni ’60 e ’70 utilizzò tecniche di improvvisazione, ritualità e coinvolgimento del pubblico per creare un teatro politico e dirompente.
Questo lavoro della July sparisce se messo a confronto con “Romeo & Juliet – Serata di Delirio Organizzato” ideata da Paolo Rossi e Riccardo Piferi. Un’opera teatrale che offre una rilettura divertente, personalissima e stravagante del celebre testo shakespeariano. Questo spettacolo è caotico, vitale e improvvisato. Gli spettatori sono divisi in due fazioni, i Capuleti e i Montecchi, e sono invitati a partecipare attivamente allo spettacolo. Paolo Rossi, nel ruolo di capocomico, condivide il palcoscenico con una strampalata compagnia di attori, tra cui un cantastorie senegalese, tre musicisti, un comico siciliano e altri attori senza ruoli fissi. Romeo, Giulietta e gli altri personaggi principali vengono reclutati poche ore prima dello spettacolo e si esibiscono insieme al pubblico. In questa versione, che prende chiaramente ispirazione dalla Commedia dell’Arte nella struttura senza canovaccio, è un’esperienza teatrale unica, in cui il pubblico diventa parte integrante della narrazione.
La July però introduce, in modo interessante, l’uso di una telecamera nascosta: questo permette di catturare le reazioni genuine del pubblico e di integrarle nella performance. Fin dal primo spettacolo, ovvero “Prime Performance” (1977) Miranda July filma e si filma e questo è sicuramente anticipatore del suo sviluppo cinematografico.
6 The Swan Tool (2000)


è una performance multimediale che combina video, recitazione dal vivo e musica per raccontare la storia di una donna, interpretata dall’artista July. La protagonista si trova di fronte a un dilemma esistenziale: vivere o morire. Incapace di prendere una decisione, sceglie una via di mezzo bizzarra, seppellendosi viva in una buca scavata nel giardino. Nonostante questo gesto estremo, la donna cerca di continuare a condurre una vita normale, lavorando in una compagnia assicurativa e come soccorritrice stradale, utilizzando un attrezzo simile a un “collo di cigno” per sbloccare le automobili. Precedentemente, July aveva lavorato per Pop-a-Lock, un’azienda specializzata in questo servizio. Nell’opera sono esposti anche oggetti di scena utilizzati da July durante la performance, come un sacchetto di plastica da supermercato, un cercapersone e appunti vari, oltre al costume indossato. Questi elementi contribuiscono a creare un’atmosfera surreale e a sottolineare la condizione di “sospensione” in cui si trova il personaggio principale, diviso tra la vita e la morte. Ricorda “Happy Days” di Samuel Beckett per il vivere sospesi.

7 New Society (2015)

è un’opera di teatro interattivo e sociale. Durante questa performance sperimentale, il pubblico accetta la proposta dell’artista di rimanere in teatro per il resto della propria vita e dare vita a una nuova società utopica. Lo spettacolo traccia un arco narrativo di vent’anni, seguendo le vicende di July e del suo pubblico/comunità mentre condividono una serie di esperienze emotive profonde. In ogni replica, July seleziona uno spettatore per disegnare la bandiera di questa nuova società (diverse bandiere sono esposte). Coloro che hanno competenze mediche vengono nominati medici, con il compito di creare fasciature con il tessuto delle camicie indossate dall’artista. La mostra include otto camicie verdi ritagliate durante altrettante repliche a Brooklyn, oltre ai pantaloni neri indossati da July che, nel corso della complessa e straziante narrazione, si sono logorate, sporche e strappate, testimoniando l’inevitabile trascorrere del tempo su questa “società” effimera. Gli oggetti esposti incarnano l’essenza di questo esperimento sociale e culturale, dove vita e arte si fondono in un nuovo immaginario comunitario.
“New Society” è il video in cui succedono molte azioni e riuscirete a vederlo con interesse anche non capendo bene l’inglese.

8 The Crowd (2004)
è un’installazione audio in cui si sente la sua voce urlare a un pubblico immaginario, come se fosse sul palco di un concerto rock. L’artista pone una serie di domande retoriche alle quali una folla virtuale risponde con ruggiti e grida di approvazione o disapprovazione di varia intensità. Originariamente creata per la Whitney Biennial del 2002 al Whitney Museum of American Art di New York, questa opera faceva parte di una serie di lavori audio diffusi nell’ascensore principale del museo. In questa mostra, “The Crowd” è invece installata in un ambiente inaspettato: la toilette. L’urlo della performer e le risposte della folla evocano l’atmosfera travolgente di un concerto dal vivo, ma in un contesto di isolamento come quello di un bagno pubblico. Questa dislocazione straniante dell’opera solleva interrogativi sul rapporto tra l’artista, il pubblico e lo spazio espositivo, mettendo in discussione le convenzioni della fruizione artistica.
9 Two Things Are Sure (2024)

Un collage creato utilizzando fotografie trovate e bollini adesivi arancioni. Questi ultimi, solitamente usati per catalogare faldoni in ufficio, dovrebbero assumente un nuovo significato: creare legami e connessioni tra le immagini. Ma non ci riescono. L’assemblaggio di fotografie trovate, unite da banali bollini adesivi arancioni, lascia sinceramente perplessi. L’idea, seppur ammantata di intenti concettuali, si traduce in un’esecuzione abbastanza superficiale. La casualità del ritrovamento delle immagini e la loro disposizione disordinata non sono sufficienti a creare un’opera d’arte compiuta. Manca una struttura narrativa e teorica solida che guidi l’interpretazione del pubblico. Non si raggiunge né lo spaesamento né la normalità. I bollini adesivi, pretesi simboli di legami interpersonali o concetti astratti, risultano banali e privi di profondità. La loro funzione simbolica non è supportata da una adeguata elaborazione artistica. L’opera si limita a riciclare materiali banali senza aggiungere valore estetico o speculativa. Il risultato è un collage che, nella sua superficialità, non riesce a coinvolgere o emozionare l’osservatore.
10 F.A.M.I.L.Y. (Falling Apart Meanwhile I Love You) – (2024)




è il più recente lavoro di Miranda July, iniziato nel 2020 e realizzato tramite collaborazione su Instagram con sette estranei. I partecipanti hanno risposto a richieste dell’artista inviando video, che July ha poi montato nel suo studio attraverso uno strumento di editing video su un’app gratuita. Il risultato è una serie di performance che cercano di esplorare i concetti di intimità e confine attraverso un linguaggio fisico. Suoni tattili realistici, curati da un sound designer collaboratore di July, amplificano un senso di inquietudine. All’inizio della mostra, tre monitor mostrano un codice QR per partecipare al lavoro, con July che selezionerà tre partecipanti per realizzare nuovi video. Al termine del progetto, tutti e nove i partecipanti saranno esposti insieme per la prima volta. I visitatori possono anche prendere un poster che raffigura un ingrandimento del collage presente nei video girati nello studio dell’artista.
Istruzioni date da Miranda July ai partecipanti (disponibili anche qui):
Realizza un video di te stesso che interagisci con me (“io”) (mi aggiungerò in seguito, ispirata da qualsiasi cosa tu faccia).
Puoi indossare quello che vuoi. Un abito. Un costume da bagno. Sexy o meno. Atletico, carino, brutto, qualsiasi cosa. Oppure puoi isolare una parte del corpo con un lenzuolo, o coprirlo interamente per rendere la tua figura meno umana.
Posizionati abbastanza lontano dalla videocamera da inquadrare tutto il corpo.
Cerca di tenere a mente che qualcuno è lì con te, anche se in quel momento non c’è nessun altro nella stanza. Senti, percepisci, guarda l’altra persona negli occhi (se la tua faccia non è coperta).
Magari, puoi partire da ciò che senti o da ciò di cui hai bisogno.
Cammina nell’inquadratura. Oppure striscia, scivola, trascinati dentro… ed esci dall’inquadratura alla fine, prima di interrompere le riprese.
Usa una sola mano per “toccarmi” (la mia tecnologia è molto semplice e posso andare solo davanti o dietro una mano, non tra due mani).
Non parlare.
Purtroppo la realizzazione è scadente, lasciando gli spettatori confusi e annoiati:
1 Le istruzioni sono fuorvianti. Si vuole un interazione tra persone e si permette all’altro/a di rendere la figura meno umana?
2 Preoccupa la mancanza di profondità nel tema scelto. L’intimità è un concetto ricco e sfaccettato, eppure F.A.M.I.L.Y. la riduce a una serie di goffe gestures fisiche mostrate su più schermi. Il collegamento emotivo desiderato non si materializza, lasciando lo spettatore come un voyeur di uno scherzo privato che non capisce.
3 La natura ripetitiva dell’opera diventa rapidamente noiosa. L’utilizzo di più monitor che mostrano lo stesso concetto di base non offre variazioni o progressioni narrative. L’esperienza è simile a guardare lo stesso spot pubblicitario in loop, con un interesse sempre minore.
4 Si utilizza una tecnologia troppo elementare che non permette di ottenere un risultato formalmente riuscito. Arte non è solo l’idea ma anche gli strumenti necessari e utilizzati per realizzarla.
Il prodotto finale assomiglia più a una raccolta di frammenti sconnessi che a un insieme coeso.
11 I’m the President, Baby (2018)

è un ritratto intimo di Oumarou Idrissa, un autista di Uber nigeriano che vive a Los Angeles, incontrato per caso da Miranda July, durante un tragitto in auto tramite Uber. Attraverso la tecnologia “smart home”, l’artista collega l’iPhone e il letto di Idrissa a quattro tende, creando un’opera che cattura l’impatto psicologico della migrazione e dell’economia del lavoro occasionale. L’opera è stata commissionata per la mostra “The Future Starts Here” al Victoria and Albert Museum di Londra e presentava dati in tempo reale. Nella sua versione attuale, invece, mostra l’attività di Idrissa nel 2018.
Le tende colorate si aprono e chiudono in base alle azioni di Idrissa:
- Tenda blu: Idrissa sta dormendo.
- Tenda marrone: Idrissa sta usando Whatsapp con i suoi amici in Niger.
- Tenda rosa: Idrissa sta usando l’app di Uber ed è disponibile per una corsa.
- Tenda verde: Idrissa sta scorrendo i post di Instagram.
L’opera offre uno spaccato di vita di un uomo migrante che vive in un mondo globalizzato, alle prese con le sfide e le speranze di un futuro incerto. Questa è un’opera davvero interessante che invita a riflettere su temi importanti come la migrazione, il lavoro precario e il ruolo della tecnologia nella società contemporanea.
12 Services (2020)

nasce da un incontro casuale con Jay Benedicto, un operatore di telemarketing. Nel 2020, durante una telefonata di routine, July decide di ribaltare le dinamiche commerciali e rivolge alcune domande a Benedicto, dando vita a un dialogo intimo e inaspettato. Dall’incontro telefonico nasce una collaborazione artistica. July invita Benedicto a partecipare a un progetto per l’Edizione 46 del “Süddeutsche Zeitung Magazin” del 2020. Il risultato è un portfolio di fotografie e immagini dei loro scambi di messaggi, che catturano il tentativo di due persone di entrare in contatto e creare qualcosa insieme, sullo sfondo di una pandemia che ha esacerbato le disparità sociali. Le immagini, esposte per la prima volta in una mostra, raccontano una storia di speranza e resilienza di fronte alle avversità. Attraverso le richieste di July e le risposte creative di Benedicto, emerge la voglia di connessione umana e di evasione dalla routine quotidiana.
Ecco le richieste della July:
- Crea una maschera con qualsiasi cosa che hai vicino
- Copia la grafica di Topolino che hai postato
- Inchinati di fronte a qualcuno o qualcosa che ami
- Rappresenta un sogno (2 versioni)

Services è un’opera che ci invita a riflettere sulla fragilità della vita e sull’importanza delle relazioni umane. In un periodo di distanziamento sociale, l’arte di Miranda July ci ricorda che la connessione e l’empatia sono ancora possibili, anche attraverso le barriere digitali.
Learning to Love You More: Assignment #43 (2024)


In occasione della sua mostra a Milano, Miranda July ha deciso di rivisitare uno dei suoi progetti più iconici: Learning to Love You More. L’opera, realizzata in collaborazione con Harrell Fletcher, consiste in un sito web che presenta 70 incarichi creativi. Dal 2002 al 2009, chiunque poteva completare un compito e caricare il risultato in forma di fotografia, disegno, registrazione audio o testo. Il sito ha raccolto circa 8000 contributi, diventando un archivio unico di esperienze e creatività.
Per questa mostra milanese, July ha lanciato un appello su Instagram per trovare una persona che la aiutasse a rivisitare l’incarico numero 43: “Realizza una mostra con le opere d’arte che trovi in casa dei tuoi genitori”. A rispondere all’appello è stata Miriam Goi, una giovane donna milanese. Insieme, July e Goi hanno esplorato la casa dei genitori di Miriam, scoprendo oggetti d’arte, ricordi di famiglia e tracce del loro passato. Questi oggetti sono stati poi utilizzati per creare una mostra unica, che riflette le storie e le emozioni di due generazioni a confronto. L’opera è un’occasione per riflettere sul significato dell’arte e del ricordo. Ci invita a guardare con nuovi occhi gli oggetti che ci circondano e a scoprire le storie che possono raccontare. Learning to Love You More è un progetto che celebra la creatività e la partecipazione. È un invito a mettersi in gioco e a condividere le proprie esperienze con il mondo. Mi ha anche ricordato il libro “The Artist’s Way” di Julia Cameron nel voler far emergere la creatività in chiunque. Entrambi i lavori incoraggiano l’espressione creativa, la scoperta del proprio sé interiore e la condivisione delle proprie esperienze con il mondo.
CONCLUSIONI
Una mostra da Vedere; pur con qualche opera brutta o non necessaria. Miranda July sembra più interessante in questa veste di performer e artista anziché nella sua versione da regista. Alcune installazioni sono davvero molto belle. Prada ha il merito di portare a Milano i lavori di un’artista conosciuta, ma sicuramente di nicchia nel contesto italiano.
Non ultimo vorrei ringraziare la squisita gentilezza del personale.
Miranda July“I just happen to be from the generation that, like a lot of my older friends, started out writing letters.”
“Mi capita di appartenere alla generazione che, come molti dei miei amici più anziani, ha iniziato a scrivere lettere.”