Fino al 23 giugno è ancora possibile visitare, nella suggestiva cornice della Rocca visconteo-veneta di Lonato del Garda (BS), la mostra “Piranesi/Basilico. Vedute di Roma”, che mette a confronto, in un dialogo continuo unificato da un medesimo sguardo, le visioni antiche e contemporanee della “Città Eterna”, nella quale da sempre antico e moderno convivono insieme dando luogo a forti contrasti, attraverso le incisioni settecentesche di Giovanni Battista Piranesi da un lato e le fotografie di Gabriele Basilico dall’altro.
L’idea di un confronto tra i due architetti, uno veneziano e uno milanese, entrambi ritrattisti delle “fabbriche antiche della Roma dei Cesari e dei papi a due secoli e mezzo di distanza”, seppur con pratiche artistiche diverse succedutesi nel XIX secolo, deriva da un incarico commissionato nel 2010 dalla Fondazione Cini di Venezia a Gabriele Basilico, a cui Milano ha recentemente dedicato una duplice mostra monografica allestita tra Palazzo Reale e la Triennale: egli avrebbe dovuto rileggere la celebre raccolta di 138 acqueforti di Piranesi dal titolo “Vedute di Roma”, realizzata a partire dal 1748 per soddisfare le richieste dei viaggiatori del Grand Tour quale memoria di viaggio, attraverso fotografie ambientate nella città contemporanea ma realizzate con angolazioni simili alle incisioni piranesiane.
La mostra a Lonato del Garda, in particolare, nata dalla collaborazione tra l’Archivio Gabriele Basilico e la Fondazione Ugo Da Como, a cura di Filippo Maggia, presenta una selezione inedita del lavoro del fotografo, che prende il nome dal reportage fotografico da lui realizzato nel 1989 per la rivista svizzera “DU”, partendo dal lavoro da lui eseguito sulla città di Roma per la Fondazione Cini e non solo, con immagini che colloquiano idealmente con le raffinate vedute di Piranesi.
Queste ultime fanno parte della straordinaria raccolta del cav. Luigi Nocivelli (1930-2006), imprenditore bresciano che negli ultimi anni della sua vita, attraverso ricerche appassionate, consultazione di cataloghi di antiquariato e frequentazione diretta di raccolte private e aste internazionali, si dedicò alla bibliofilia e alla ricerca di libri antichi, rari e di pregio, legati all’archeologia, all’architettura e all’antiquaria, con una predilezione per i trattati illustrati di Architettura, costituendo un fondo di oltre trecentosessanta volumi di altissimo valore che, a partire da un esemplare del De re militari di Roberto Valturio del 1483, coprono un arco cronologico compreso tra il XV e il XIX secolo, fino ad arrivare ad alcune tavole del 1910 dell’architetto Frank Lloyd Wright.
All’interno di questa preziosa raccolta spiccano cinque edizioni monografiche e una miscellanea delle opere di Piranesi, grazie a cui è possibile seguire l’evoluzione e il percorso artistico dell’incisore, comprendenti le grandi Vedute di Roma, con oltre duecento tavole pubblicate a Roma tra il 1748 e il 1765. Queste ultime dal 2011 sono conservate presso la biblioteca della Fondazione Ugo Da Como di Lonato sul Garda, che custodisce una delle raccolte private più importanti dell’Italia Settentrionale, originariamente appartenuta al Senatore Ugo Da Como (1869-1941), profondo conoscitore dell’editoria bresciana del Rinascimento e studioso del Risorgimento italiano, dal 1942 aperta al pubblico e a disposizione degli studiosi; alla primitiva collezione, negli anni, si sono aggiunti ulteriori fondi donati dai privati, tra cui quello degli architetti Antonio e Giovanni Tagliaferri e quello della famiglia Nocivelli.
Questa Fondazione, in particolare, ha come obiettivo – attraverso la Biblioteca e l’archivio – quello di valorizzare il proprio patrimonio storico, librario, archivistico ed artistico, oltre a “promuovere ed incoraggiare gli studi, stimolandone l’amore nei giovani” tramite borse di studio, pubblicazioni, esposizioni ed eventi, tra cui mostre fotografiche e documentarie. Essa fa capo a un eccezionale complesso monumentale che comprende la quattrocentesca Casa-museo, detta del Podestà (abitazione di Ugo da Como restaurata a cura di Tagliaferri), ove è posta una biblioteca di circa 50.000 volumi, 400 incunaboli e 500 codici manoscritti del XII-XIX secolo, cui si aggiunge un piccolo gruppo di antichi edifici facenti parte del borgo medievale lonatese e la Rocca visconteo veneta. Ed è proprio nella Sala del Capitano di questa Rocca, ex fortificazione militare che domina il lago di Garda da un lato e il centro storico di Lonato dall’altra, che è ospitata la mostra, inserita all’interno del percorso di visita della casa-museo.
Essa propone, attraverso un allestimento sobrio ed essenziale che si dispone attorno alle pareti della sala, nella quale il contrasto tra le capriate antiche della copertura e la modernità dell’insieme richiama il tema della mostra stessa, una selezione di 32 vedute accostate le une alle altre, cui si aggiungono due fotografie di grandi dimensioni (l’interno del Colosseo e la vista dell’Arco di Settimio Severo con il pronao del Tempio di Saturno), un filmato sul lavoro di Basilico e lo straordinario esemplare del Campo Marzio di Piranesi (1762).
In questo modo viene proposta una “vera e propria interpretazione visiva della poesia urbana di Roma” in un confronto senza tempo: dal Campidoglio a Piazza Navona, passando per i Fori Imperiali e San Pietro, “Basilico afferma nelle sue immagini ispirate alle tavole di Piranesi la resilienza dei templi, degli archi e dei palazzi di Roma antica, l’ostinata resistenza del marmo ai secoli che si susseguono, l’austero silenzio che ancora oggi effondono” (F. Maggia).
Nessun artista, infatti, meglio di Piranesi, ha saputo rappresentare i monumenti antichi e moderni di Roma con una peculiare interpretazione dello spazio, veicolo di una nuova visione della città e sintesi “tra la concezione geometrico-documentaria di ascendenza romana e la concezione ottico-inventiva della visione di origine veneziana”, in cui le rovine, gli edifici più recenti e gli scorci urbani si integrano con la scena mutevole della città reale, colta nel suo malinconico declino e nella convivenza di presente e passato, con i ciclopici monumenti antichi e le grandiose, magniloquenti, architetture moderne, stravolgendo “i codici iconografici del suo tempo e ponendo le basi di un nuovo linguaggio che, con diverse sfaccettature, caratterizzerà gran parte del secolo successivo” (M.C. Misiti, L. Rinaldi), contribuendo così alla costruzione del mito della Roma antica.
Vedute di Roma, 1748 circa (Biblioteca della Fondazione Ugo Da Como. Sala Luigi Nocivelli)
Attraverso un’ampia tavolozza di neri e grigi che dimostra la perfetta padronanza della tecnica dell’acquaforte, che “restituisce nella sua grafica del tratto, erede dello stile rococò, con toni sovente enfatici, talora drammatici e […] visionari, alterando così la realtà fisica e oggettiva dei soggetti ritratti” (F. Maggia), e grazie a un “calcolato utilizzo di luci ed ombre e un originale uso della prospettiva” (M.C. Misiti, L. Rinaldi), Piranesi registra lo stupore e la meraviglia di fronte al mondo antico, mostrando il proprio interesse per le “parlanti rovine” romane, per l’archeologia e per la ricerca antiquaria: “è l’Urbe stessa, sotto tutti i suoi aspetti e in tutte le sue implicazioni, dalle più banali alle più insolite, che Piranesi ha fissata ad un certo momento del XVIII secolo, nelle sue migliaia di tavole, insieme aneddotiche e visionarie. Non ha solo esplorato i monumenti antichi da disegnatore che cerchi una prospettiva da riprodurre; ne ha personalmente frugato i ruderi, un po’ per reperirvi le antichità di cui faceva commercio, ma soprattutto per penetrare il segreto delle loro fondazioni, per imparare e per dimostrare come vennero costruiti. È stato archeologo in un’epoca in cui il termine stesso non era in uso corrente” (Marguerite Yourcenar).
E’ con questa interpretazione di Roma antica che Basilico si è dovuto confrontare nei suoi scatti, con la difficoltà di “produrre un punto di vista, e prima ancora di osservazione, contemporaneo, ossia capace di includere l’originaria veduta prospettica di Piranesi, a suo tempo già adattata dall’artista veneto, in un contesto contaminato dalle molteplici mutazioni architettoniche ed ambientali” (F. Maggia). Il suo era un interesse sia di tipo sociologico, volto a verificare – come spesso egli era solito fare nelle città da lui rappresentate – come è cambiato lo spazio urbano nel tempo, sia di tipo storico, per “verificare in che modo intervenivano le interazioni tra lo sguardo scientifico della prospettiva costruita da Piranesi sui luoghi reali e il suo disegno” (G. Basilico).
Con le sue fotografie, “all’idea di magnificenza, al fervore e alla passione per le architetture romane celebrate nelle acqueforti da Piranesi, Basilico contrappone un lucido rispetto per il monumento in sé, trattandolo al pari di un grattacielo di Shanghai o di un’architettura berlinese. Ordina le vestigia del passato nello spazio in cui sono collocate da secoli, in un tempo che parrebbe ancor più sospeso di quello presente nelle settecentesche incisioni dell’artista veneto se non fosse per la gente che talvolta abita le fotografie” (F. Maggia). Le sue opere, in questo modo, rispettando il monumento come una moderna architettura, rivelano la resilienza e l’austero silenzio delle antiche vestigia di Roma.
Molte sono state le difficoltà nel “cercare un punto di vista possibile” (G. Basilico) o ricrearlo nella condizioni contemporanee del vissuto della città, soprattutto a causa della presenza dei numerosi turisti in qualunque ora del giorno (come per la Fontana di Trevi), e per i cambiamenti urbanistici intorno ad alcuni monumenti; ciononostante, tra le fotografie in mostra ve ne sono molte che coincidono con il disegno dell’incisione, come quelle del Campidoglio, delle basiliche di Massenzio e di S. Maria Maggiore, di piazza Navona e Castel S. Angelo, di piazza e palazzo Montecitorio, del colonnato del tempio di Adriano e della chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, con un’immediatezza, data dal confronto, che non ha bisogno di ulteriori commenti.
In altri casi, invece, il fotografo ha introdotto nelle immagini alcuni elementi contemporanei (auto, segnali stradali, arredo urbano, turisti), così come Piranesi a suo tempo aveva fatto con carrozze, dame e gentiluomini, al fine di raffigurare il passare del tempo e dare una connotazione spiccatamente contemporanea alla rappresentazione.
© AGBM
La selezione delle immagini esposte è presente anche nel catalogo della mostra, edito da SKIRA e a cura di Filippo Maggia, nel quale le fotografie e le incisioni sono anticipate da alcuni saggi che, oltre a presentare un profilo biografico dei due artisti, si soffermano sul lavoro fotografico di Basilico, sulla costruzione dell’immagine di Roma da parte di Piranesi e sulla passione collezionistica della raccolta Nocivelli, al fine di contestualizzare al meglio la multidisciplinarietà contenuta nel tema della mostra stessa.
Patrizia Dellavedova
Immagine di copertina: Gabriele Basilico, Colonna Traiana, resti della Basilica Ulpia, chiesa del Santissimo Nome di Maria © Archivio Gabriele Basilico, Milano.
Nelle didascalie delle opere di Piranesi il riferimento è sempre a “Vedute di Roma, 1748 circa (Biblioteca della Fondazione Ugo Da Como. Sala Luigi Nocivelli)”, mentre in quelle di Basilico il riferimento è all’archivio Gabriele Basilico di Milano (AGBM). Ove non diversamente specificato le foto sono dell’autore.