Sguardi che parlano. La periferia di Roma vista dai suoi giovani

Il 4 luglio 2025, al Museo MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, si è svolto l’evento conclusivo del progetto Canon Young People Programme, dedicato al Bastogi, ex residence – così viene definito – composto da sei palazzine nate per rispondere all’emergenza abitativa, ma che, nel corso dei decenni, hanno solo testimoniato l’incapacità delle istituzioni di garantire un decoro e una qualità della vita adeguati. Non dobbiamo sorprenderci: l’attuale situazione si inserisce in una continuità con realtà analoghe, come Corviale e Tor Bella Monaca, ma anche con quelle del passato; mi vengono in mente le immagini di Rodrigo Pais di Don Bosco o della Tiburtina. Ancora oggi, le problematiche di degrado e abbandono sembrano ripetersi, senza una vera via d’uscita. L’emergenza abitativa, la carenza di servizi, il silenzio istituzionale non trovano mai soluzioni concrete. Spesso mi chiedo quale Roma vedano coloro che si occupano di rendere questa città migliore: quali strade percorrono, su quali marciapiedi camminano, dove portano a giocare i loro figli.

Gesti quotidiani
Un gesto, un’emozione, un frammento di vita. I ragazzi hanno catturato il movimento della quotidianità, trasformandolo in racconto visivo e memoria condivisa.

Lasciamo per un momento il reportage che racconta le realtà periferiche come quella di Bastogi in chiave di denuncia, per parlare di questa iniziativa che si distingue per il suo carattere positivo. Un’occasione che ha valorizzato le persone e le ha unite nell’allegria, nella sorpresa e nella magia della fotografia. Parliamo di emozioni gentili, parliamo di un gruppo di giovanissimi, dai 4 a 17 anni, che sono stati invogliati a conoscerla in maniera diversa rispetto all’esperienza che hanno, attraverso la macchina fotografia. Può far sorridere, ma c’è un’intera generazione che sta imparando a conoscere il mondo esclusivamente attraverso un telefono, un mezzo che produce contenuti e, allo stesso tempo, che permette di fruirne. Praticamente una trappola, e non c’è da sorprendersi perché in fondo la vita delle persone ormai non fa altro che finire in “rete. Questa è la prima riflessione che mi viene in mente guardando queste meravigliose e spontanee fotografie: sono la testimonianza di chi ha scoperto che si può documentare, raccontare e sperimentare la realtà con un mezzo diverso, più lento e tutt’altro che immediato nella condivisione, come la macchina fotografica.

Luoghi dimenticati, occhi curiosi
Esplorare spazi abbandonati accende la fantasia. Oggetti sconosciuti diventano misteri
da decifrare, stimolando la curiosità e la voglia di scoprire.

Certo, non dobbiamo dimenticare che questa esperienza non è casuale, ma deriva dalla necessità di permettere ai ragazzi di vedere con ottimismo il futuro, stimolandoli verso la curiosità, l’apprendimento e la creatività, evitando che finiscano per incattivirsi, isolandosi e dando spazio solo alla rabbia e all’aggressività. Merito è dell’associazione Amici dei bimbi ETS, il cui proposito è quello di incrementare nella società civile la coscienza della solidarietà e della conoscenza culturale in favore dei bambini; poi nel caso specifico dell’apprezzata fotografa romana Erica Fava che ha regalato il suo tempo, solidale con lo spirito del volontariato associativo, a insegnare alle ragazze e ai ragazzi come si scatta una fotografia con una macchina fotografica, la teoria e la pratica. Eppure, durante una chiacchierata informale, Erica mi ha subito detto che tutte le buone intenzioni di insegnante, con un programma didattico preciso e stabilito, si sono scontrate con il desiderio di provare subito le fotocamere, di scattare fotografie, la teoria è diventata pratica. In questo bisogna dare merito a Canon Italia che per otto mesi, la durata del progetto, ha messo a disposizione le macchine fotografiche e tutta la sua esperienza, non solo tecnica, ma anche umana.

Infanzia a Bastogi
Giocare per strada, esplorare vicino casa, vivere il quartiere con occhi curiosi. Uno spaccato autentico dell’infanzia a Bastogi, tra libertà, scoperta e quotidianità.

“Canon Young People Programme è sinonimo di crescita, esplorazione e nuove opportunità. Vogliamo offrire ai giovani strumenti concreti per raccontare la propria realtà e immaginare un futuro diverso. Crediamo che la fotografia possa essere un potente mezzo di espressione e inclusione, capace di generare un impatto positivo nelle comunità. Il progetto di Bastogi ne è un esempio straordinario e non smetterò mai di ringraziare la formidabile comunità che mi ha accolto e mi ha fatto immediatamente sentire uno di loro; persone che sanno trarre il meglio e il positivo dalle persone che incontrano e rendono ancora più bello il vivere e lavorare insieme, per il bene comune” ha dichiarato Paolo Tedeschi, Head of Corporate, Marketing & Sustainability Communication di Canon Italia.

Vivere e lavorare insieme per il bene comune è la filosofia Canon, il Kyosei, e il progetto Bastogi ne è una conferma concreta. L’esperienza, però, non si è limitata al semplice momento dello scatto: ha coinvolto tutte le fasi del processo fotografico, dalla selezione delle immagini alla post-produzione, fino alla stampa. Erica mi raccontava come sia rimasta colpita nello scoprire che alcuni ragazzi erano particolarmente attratti dalla fase di selezione, forse perché più familiare a chi è abituato a scorrere quotidianamente gallerie di immagini. Altri, invece, si sono appassionati alla post-produzione, non più limitata all’uso di semplici filtri, ma realizzata attraverso software professionali.
E infine, la stampa: non quella fine art, ma una forma più immediata e accessibile, realizzata con le stampanti Canon Selphy della serie CP. Un mezzo che ha comunque permesso ai ragazzi di toccare con mano le proprie fotografie e conservarle.

“Sguardi che parlano: la periferia di Roma vista dai suoi giovani” è una mostra intensa, un progetto collettivo in cui però ogni immagine racconta una storia personale e autentica.
Questi ragazzi possono davvero dire di aver partecipato a un’esperienza fotografica completa — ma soprattutto, di aver mosso i primi passi in un percorso artistico esponendo in uno dei musei più prestigiosi al mondo: il MAXXI.

Federico Emmi