Da domani 22 Aprile sino all’11 Settembre prossimo, al Mudec di Milano è possibile visitare oltre 90 opere di David LaChapelle, tra grandi formati, installazioni site-specific e produzioni più recenti.
Prodotta da 24 Ore Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura, con il consueto partner sponsor del Museo, Deloitte, l’esposizione è a cura di Reiner Opoku e Denis Curti.
Entrambi i curatori in conferenza stampa hanno mostrato grande entusiasmo e soddisfazione non solo per una retrospettiva che è una della più grandi e massicce del fotografo americano, da lui fortemente voluta come ha dichiarato in prima persona, essendo presente in sala, ma anche per l’incredibile lavoro di squadra di chi ha collaborato alla sua nascita: un lavoro di oltre tre anni in collaborazione con il David LaChapelle Studio, egregiamente confluito nell’allestimento progettato da Corrado Anselmi, Francesco Morani e Roberta Pagani.







In mostra si possono ammirare opere su vetro, film e opere su carta, presentate non in ordine cronologico, ma piuttosto con l’intento di intrecciare le varie tematiche care all’artista che ci racconta le contraddizioni della nostra contemporaneità.
Dai soggetti classici della storia dell’arte rivisitati dall’artista (“Deluge” del 2006 e “After the deluge” 2006-2009), sino alla serie “Land Scape” del 2013 che rigetta l’antropocentrismo; da “Revelations”, del 2020, che mette in scena il panico di una situazione apocalittica, non senza uno spiraglio di luce e speranza, fino a “New World” (2007-2017) in cui il desiderio di pace e purezza vedono i protagonisti delle opere nella incantata foresta pluviale.








Come ha sottolineato Denis Curti durante la presentazione della mostra, per LaChapelle la fotografia è senza dubbio un’arte scenica, cui occorre approcciarsi con “sospensione d’incredulità” come dice Samuel Coleridge: «Per godere appieno di questa rappresentazione, lo spettatore deve volontariamente sospendere l’atteggiamento critico verso un’opera dell’immaginazione; deve fidarsi di ciò che ha davanti, deve credere reali gli avvenimenti narrativi, pure nella consapevolezza della loro struttura compositiva.», così ci invitano a riflettere Curti e Opoku, dalle pagine del catalogo della mostra, edito da 24 ORE Cultura.
Non può che essere questo il giusto atteggiamento di fronte alla fotografia di LaChapelle, senza dimenticare, peraltro, proprio il titolo della mostra “I believe in miracles”. Questa dichiarazione è la chiave di lettura giusta del nuovo progetto espositivo milanese: si abbandoni del tutto l’idea della provocazione spesso associata a LaChapelle; la sua poetica sta in realtà da tutt’altra parte e la mostra al Mudec ha il grande pregio di gettare una luce nuova, più consapevole e matura, su tutta l’opera del fotografo, intrisa di fede e spiritualità; un invito a creare nuove relazioni con le persone, la natura, con il consumo, intercettando, come uno “sciamano contemporaneo” i desideri e i sentimenti di ognuno di noi per portarci alfine a considerare che non possiamo essere felici da soli. Partendo da opere che denunciano la vulnerabilità del pianeta e la fragilità dell’uomo, insieme a un repertorio che guarda alla pop culture e lo star system del cinema, della musica, dell’arte, la mostra si snoda attraverso immagini rivelatrici della visione dell’artista verso un mondo nuovo, che cerca una natura incontaminata e lussureggiante dove possono convivere spiritualità, amore e bellezza e dove uomini e donne possono vivere finalmente liberati dall’alienazione e in continuo connubio con il contesto naturale.

A partire dalle opere su vetro, che l’artista produsse agli esordi, impaurito dalla morte per il diffondersi dell’AIDS, che La Chapelle definisce una vera e propria “guerra”, l’autore ci parla proprio della sua urgenza di capire l’anima, di ricongiungersi ad un senso di Dio, esigenza che è nuovamente presente anche nelle opere più recenti per la prima volta esposte in una mostra e concepite nel contesto naturale delle foreste hawaiane, dove il fotografo ha residenza, così come nelle sue più classiche opere di ispirazione biblica: la ricerca di un riparo e il tentativo di ricostruire il mondo in pezzi, liberandoci dal materialismo e dall’ansia.
«Non è possibile creare arte in guerra, che è l’antitesi dell’amore, della sicurezza, della famiglia; è per questo che ho cercato con le mie opere di gettare luce e sentimento e quindi di condividerli con voi. Vorrei che il mio lavoro instillasse sempre sensazioni ed emozioni come un pezzo musicale, che continui a risuonare.»
Vi invitiamo dunque a mettervi all’ascolto visitando l’eccezionale mostra al Mudec.
Luisa Raimondi
Foto in copertina:
David LaChapelle
The Holy Family with St. Francis
Hawaii 2019
© David LaChapelle
ORARI MOSTRA
Lunedì 14.30 – 19.30
Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30
Giovedì – sabato 9.30 – 22.30
La biglietteria chiude un’ora prima (ultimo ingresso)
APERTURE O CHIUSURE STRAORDINARIE
Lunedì 25 aprile 2022 (Anniversario della Liberazione) 9.30 – 19.30
Domenica 1 maggio 2022 (Festa dei Lavoratori) 9.30 – 19.30
Giovedì 2 giugno 2022 (Festa della Repubblica) 9.30 – 22.30
Lunedì 15 agosto 2022 (Ferragosto) 9.30 – 19.30