Ferdinando Scianna, fotografia della memoria

“Ho cominciato a fotografare perché la Sicilia era là”

Ferdinando Scianna, fotografo italiano tra i più noti e fortunati (grazie anche alle sue “incursioni” in ambiti trasversali come moda e cinema), nasce a Bagheria nel 1943, in un momento in cui la Sicilia attraversa una serie di profondi cambiamenti: il dopoguerra, la modernizzazione, il fermento politico e sociale. Lasciati gli studi universitari si dedica interamente alla fotografia, dando l’avvio a quella che sarà la sua “mission” principale: raccontare la sua Sicilia attraverso i volti e i gesti delle persone, il fascino arcaico e austero dei paesini e delle campagne, la religiosità delle feste e il mistero profondo e sconfinato di quel mare che ogni siciliano si porta dentro.

L’incontro e l’amicizia con Leonardo Sciascia saranno determinanti e daranno una spinta propulsiva alla sua futura carriera (collaborerà con le prestigiose riviste L’Europeo e Le Monde Diplomatique), dandogli la possibilità di accedere al mondo dell’editoria e ottenendo la pubblicazione dei suoi lavori fotografici, di cui lo scrittore avrebbe curato i testi. Il rapporto tra immagine e scrittura lo avrebbe accompagnato ancora, arricchendo la sua “visione” (già fortemente influenzata dall’estetica di Bresson, che lo introduce nella prestigiosa agenzia Magnum) e portandolo a collaborare con alcuni dei più famosi scrittori dell’epoca come Manuel Vázquez Montalbán e Jorge Luis Borges.

È proprio nella dimensione del racconto, della narrazione – seppure attraverso le immagini – che Scianna trova il suo linguaggio, l’unico possibile per raccontare una Sicilia che sta velocemente cambiando, in un certo senso sparendo; dunque nessun altro mezzo se non l’immediatezza dello scatto fotografico è in grado di congelare la memoria di quella tradizione, tanto rifuggita quanto allo stesso tempo profondamente sentita come parte di sé. Quel sentimento di amore-odio, che il cuore di ogni vero siciliano ha ben presente; l’amore, il senso di sicurezza, ma anche l’insofferenza nei confronti del gesto e della parola ripetuti all’infinito, solidi come la terra e come le mani dei contadini; per ciò che non muta mai, per le restrizioni, per le ingiustizie sociali. L’indagine fotografica di Scianna è un’indagine sull’identità, individuale e collettiva, una ricerca che si risolve nella scoperta del senso di appartenenza ad una tradizione, senza la rinuncia ad uno sguardo critico.

“Il rapporto con la Sicilia è poi come quello con la madre, che non è mai in discussione: è tua madre, sia che tu la ami sia che non la ami. L’odio e l’amore, però, non sono più vissuti con una certa connotazione… Queste cose “le racconti”, le metti nel contesto della tua memoria e della tua vita. E ti rendi conto che, se hai quegli odi, è anche perché hai quegli amori, e probabilmente il tuo essere siciliano sarebbe amputato se non ci fossero più anche le ragioni dell’odio. Quindi non c’è motivo di smettere di avere in odio le cose che si sono odiate, anche perché moltissime sono ancora lì. Come non c’è motivo di pensare che tu debba rifiutare la tua identità, perché ci sono cose che detesti. Così è fatta la tua vita: come c’è la luce, c’è l’ombra.”

Un gioco di luce-ombra che Scianna interpreta con il bianco e nero della sua pellicola, riuscendo a restituire le immagini di un mondo (e non solo di una Sicilia) solo apparentemente dualistico, ma ricco in realtà di sfumature e complessità, come solo un grande “romanziere della fotografia” saprebbe fare.

Priscilla Inzerilli

Info, biografia e opere: Ferdinando Scianna on Magnum