La fotografia non è poi così accessibile

Chi ha inventato il mito che la fotografia, grazie al digitale, è accessibile a tutti? Perché a conti fatti, di accessibile c’è ben poco.

Con garbo, per fotografia si intende il risultato di una esposizione manuale, cioè la possibilità, non tanto banale, di poter impostare, in piena e autonoma libertà, il diaframma, il tempo e la sensibilità; le immagini, al contrario, sono frutto di un automatismo.
Questo per dire che non si può e non si deve chiamare fotografia qualcosa che viene impostato da un computer, sono dunque esclusi tutti gli smartphone e le fotocamere a basso costo; già perché esporre deve essere, tra l’altro, una cosa semplice e immediata.

Ciò detto, per una fotocamera che abbia la doppia ghiera (tempo e diaframma) e il bottone per impostare la iso, occorre spendere minimo 700€ per il solo corpo macchina (prezzo di lancio).
Sembrano davvero pochi, un niente rispetto alla leggermente più costosa Leica Q con i suoi 4 mila e passa euro, oppure alle medio formato Fujifilm, poco più di 5 mila euro con un obiettivo (offerta lancio) grazie al modello GFX50R.
Questa la percezione dominante, ovunque, dai vecchi forum ai social: le fotocamere sono tutte economiche.

Comunque, con 700€ si compra un oggetto che al prezzo associa caratteristiche limitate, prima fra tutte la grandezza del sensore, di norma la metà di un 35mm. Non sarebbe male se ci fosse una linea di lenti appropriate, dedicate esclusivamente a questo segmento, ma allo stato attuale, l’unica marca che ha investito seriamente nell’APS-C e continua a farlo, è Fujifilm. Di conseguenza superando di poco i 1000€ si può fare fotografia, a una certa focale e con un certo sensore. Dopo di che occorre aggiungere un eventuale borsa o zaino; un treppiede; un secondo obiettivo, magari anche un terzo; infine un secondo corpo macchina, perché cambiare lente ogni volta diventa noioso, si perde l’attimo. Poi il salto al full frame o medio formato. Fate la somma.

Dopo di che, i file raw vanno sviluppati e per farlo è necessario un computer, di qualsiasi marca, con qualsiasi sistema operativo. Dal momento che tutti, ma proprio tutti, hanno un computer, questo non vuol dire che sia adatto al photo editing (in inglese è più professional-e). L’inganno è infatti alimentato dalla dicitura “Requisiti minimi di sistema per”, secondo la quale anche una macchina uso ufficio può andare bene per lavorare sui file raw. Accade, invece, che il flusso di lavoro, fatto di importazione, catalogazione, intervento generale e soprattutto selettivo, infine esportazione, risulti drammaticamente lento, al limite del fastidioso.

Quindi un investimento serio per i requisiti di sistema, senza minimi, tra l’altro vincolato all’evoluzione dei software, contempla l’acquisto di un’ottima cpu alloggiata in una scheda madre di ottimo livello; un quantitativo importante di ram; un’ottima scheda video; hard disk veloci; un alimentatore vero; un raffreddamento serio; un monitor fotografico e il calibratore. Una configurazione del genere, investendo nell’hardware il minimo per uno sviluppo fotografico decente, si aggira sui 2000€, mentre nella opzione pro oltre i 4000€.
Non vengono conteggiati i costi delle licenze software, che fanno chiaramente aumentare l’importo finale, ma si sa, tutti vogliono essere pagati bene, ma nessuno vuole pagare affatto, di qui la pratica, vergognosa, anche tra i professionisti, di “curare” i software.

E la tavoletta grafica?

Ecco, di accessibile c’è la consultazione dei listini, perché fare fotografia a livello anche amatoriale, richiede comunque un investimento importante, non certo economico. Solo di hardware, tra fotocamera, lenti e computer, di base, si sfiorano i 5000€.
Insomma, come si dice: un niente.

 

Federico Emmi