Magie di mare con la Canon Power Shot SX100 IS

E’ curioso passeggiare sulla spiaggia tra ottobre e maggio: l’operazione che istintivamente si compie con la mente è quella di osservare un tratto di arenile e di ricercare nella memoria lo stesso panorama così come l’avevamo osservato d’estate, quando la calca dei bagnanti a malapena faceva intravedere la sabbia, e l’orizzonte era interrotto dal variopinto degli ombrelloni.

Per antonomasia, quando si parla di “mare” spesso vi si associa il concetto di “vacanza estiva”: la spiaggia completamente battuta, i palloni che volano sul bagnasciuga, i “vucumprà” che si arroccano tra la folla ed urlano. Il mare, quindi, diventa luogo di evasione dalla routine e dal caldo cittadino. Ma quello che può succedere nel periodo tra ottobre e maggio, e quale può essere l’aspetto delle nostre spiagge nei mesi autunnali ed invernali, poche persone se lo chiedono; al mare d’inverno si va poco, se non accompagnati dal sole, e tutta la “magia” che invece questo luogo acquista proprio nelle giornate fredde senza sole si perde.

Vivo sul litorale romano da 18 anni, ed ho imparato a conoscere il mare attraverso un dialogo continuo proprio durante i mesi “grigi”: spiagge deserte e piatte, infastidite soltanto da poche orme di passanti che più che altro sono pescatori o raccoglitori di telline, rumore delle onde del mare, qualche idrovolante. In questo periodo dell’anno la vegetazione antistante l’arenile vero e proprio (tipica di quel tratto di litorale laziale compreso tra i centri abitati più importanti) cambia mese dopo mese. Infatti, già nel mese di ottobre il mare comincia a “restituire” ciò che in estate acquista: bottigliette di plastica, tappi, palline da tennis. A novembre spuntano curiosi funghetti sulla sabbia, alcuni simili ai chiodini, altri più grandi e rugosi, i tronchi d’albero che d’estate servono da riparo ai bagnanti si sono spostati, e li ritrovi anche cinquanta metri più in là, infossati nella sabbia e marciti, ma li riconosci. Là dove la spiaggia si inarca e si alza, a causa del lavoro più intenso della marea, si accumulano pezzetti di legno, canne, intrecci di piante secche che molto spesso celano pozze d’acqua gelide; le corolle bianco candido dei gigli di mare che spuntano a luglio appaiono come piccoli spuntoni verdi ingrossati all’estremità, celando semi simili a dadini di carbone. Sui tratti pianeggianti poi, una miriade di palline marroni e spugnose, fine groviglio di alghe marcite e filamenti di fogliame, e corde appesantite dalla salsedine e dalla sabbia. E poi, tappi di sughero, bottiglie dalle forme più strane, grovigli di fili da pesca dai colori insoliti, pupazzi di peluche insabbiati e sbiaditi, galleggianti dai colori più strani e boe abbandonate nell’acqua e ricoperte da alghe viscide, interi giocattoli abbandonati sulla riva, e strisce finissime di sabbia che si depositano sui piccoli canali galleggiando e riflettendosi sul fondo, che con un insolito raggio di sole acquistano una magia particolare. Sono indubbiamente i mesi invernali quelli in cui il mare offre veri e propri “tesori” che non si può fare a meno di immortalare: così, con la mia Canon Power Shot SX100 IS (6.0 – 60.0 mm e 8.0 Mega Pixel), spesso mi capita di girovagare sulla spiaggia fredda e grigia e di catturare i particolari più significativi di quel mare che non è soltanto “vacanza” e “sole”, ma è riserva di tesori nascosti, di sfumature e atmosfere che si possono apprezzare soltanto nei momenti di solitudine e di raccoglimento.

La vegetazione si risveglia tra aprile e maggio: la pianura antistante l’arenile diventa un vero e proprio campo di margherite bianche e gialle, le piante grasse a fiori viola ampi che d’inverno si coloravano di rosso sulle punte crescono orizzontalmente sulla sabbia ed assumono la sembianza di un tappeto irto e piacevole, curiosi bruchi passano da foglia a foglia fin sulla sabbia già scaldata dal sole. Sono questi gli ultimi momenti di vera “magia” del litorale, prima dell’inizio della stagione estiva.

Giorgio Dispoto