Tranne per quei turisti che si limitano a percorrere i tre chilometri del Siq per farsi un selfie davanti alla facciata del “Tesoro” e per i beduini più turistici che gli fanno un caffè al cardamomo prima di condurli nel punto giusto per scattare una bella foto, Petra è fatica. Non è un caso che uno dei punti più panoramici della città antica sia denominato il “Sacrificio”. Dove un tempo, una volta l’anno, dopo ore di duro cammino le famiglie portavano un animale, in genere una gallina, per sacrificarlo alla divinità, ora muli e beduini s’inerpicano in attesa di qualche scalatore assetato. Al posto che fu dell’ Altare, ora si trova una tenda bucata con qualche bevanda. Sono circa trenta le famiglie che, come a Matera fino al 1952, data di promulgazione della “legge speciale per lo sfollamento dei Sassi”, vivono ancora nelle grotte; non più nelle tombe dei nobili o accanto al teatro, dove re Hussein, per questioni di marketing, li ha esodati, ma poco lontano.
I giovani beduini, truccati in modo simile ai pirati dei caraibi si muovono a bordo di muli che possono sporgersi a un passo dal baratro per un ciuffo d’erba. Alcuni dei bambini hanno imparato qualche frase in inglese per convincere meglio i turisti, con l’allettamento di mostrargli gratis lo spettacolo di Petra by night, a dormire nelle loro grotte, per cinquanta dollari. Non Ramzuru, che sa solo quattro parole: ice cream, wifi, food e money e le ripete in continuazione.
I suoi fratelli si sono accaparrati uno dei sentieri più battuti e chiedono dieci euro per la scalata col somaro fino al “Monastero”; sono poverissimi e impolveratissimi, ma nessuno di loro lesina sui sorrisi. La sera, quando l’area è chiusa ai turisti, si fanno altri chilometri per andare a prendere acqua dalle cisterne. Ramzuru ogni tanto va anche a scuola, ma quando torna, o nel fine settimana, si sfoga facendo dispetti agli stranieri: di nascosto, gli prende le bottigliette d’acqua e le getta lontano dentro il teatro, l’unico al mondo scavato nella pietra, attualmente inaccessibile perché chiuso da un’inferriata. Scavalcherà di notte per riprenderle? Vuole che anche loro, come lei, non abbiano da bere? Gli chiedo perché lo faccia e poi, anch’io per dispetto, le scatto una foto ma si copre il volto.
Ho visto tre bambini provare a portare a spalla un mulo con la zampa rotta, ma, in quel momento, non avevo con me la macchina fotografica. Invece ho scattato la sequenza di un ragazzo che trasportava una capra ferita. Animali portano uomini e uomini animali, quasi alternandosi per le salite ripidissime di Petra e Piccola Petra. Lì mi sono imbattuto in bambini che leccavano lattine e confezioni di patatine e anche a loro volevo chiedere perché lo facessero, ma mi sono censurato, pensando che forse volevano soltanto conservarne il contenuto per dopo, quando sarebbero stati ancora più stanchi, affamati e assetati.
Simone Consorti













