Visitabile dal 24 febbraio al 25 giugno 2023 nelle sale di Palazzo Reale a Milano, una mostra dedicata alla carriera di uno dei pionieri e internazionalmente riconosciuti maestri della videoarte: BILL VIOLA.
Dagli anni Settanta a oggi, Viola ha, infatti, esplorato nella sua totalità il mondo del linguaggio visivo creando un universo di grande potenza.
La mostra ripercorre l’intera carriera artistica di Viola attraverso i suoi capolavori: videoinstallazioni, ambienti sonori e performance che consentono allo spettatore straordinarie esperienze perdendosi tra spazio, immagine e suono.
La mostra BILL VIOLA è promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Arthemisia con la collaborazione del Bill Viola Studio e la scrupolosa supervisione di Kira Perov, curatrice della mostra, direttore esecutivo e moglie dell’artista. Visitando l’esposizione si ha, pertanto, un’occasione unica per riflettere sull’esistenza umana e indagare le forze ed energie della natura, il ciclo della vita, morte e rinascita.
Viola indaga attraverso corpi e volti, al contempo, spiritualità, esperienza e percezione dell’animo umano e ci fa intraprendere un viaggio interiore in mondi alternativi.
Bill Viola nasce a New York nel 1951 in una famiglia con un distintivo carattere europeo. Dal 1969 al 1973 ha frequentato la Facoltà di arte della Syracuse University di New York (B.F.A., 1973), ed è lì che muove i suoi primi passi iniziando a lavorare e sperimentare con video e suoni.
Hanno avuto significativa influenza sul suo lavoro lo studio di musica elettronica con il musicista e compositore sperimentale David Tudor e i viaggi. Dal 1974 al 1976 Viola è stato a Firenze e l’arte rinascimentale, a cui è stato esposto in quel periodo, è diventata, successivamente, una delle principali fonti di materiale visivo per alcune delle sue produzioni video. Nel 1976 è andato in Giappone. Nel 1977 ha conosciuto sua moglie, in Australia.
Molte delle sue opere riflettono anche questo suo continuo studio sull’arte e le culture non occidentali, in particolare, le culture orientali che presentano tutte una grande componente poetica, fortemente simbolica, con una spiccata sensibilità estetica e un’intima indagine sul ruolo dell’arte nella preghiera, nella meditazione e nella guarigione.
Si accede alla mostra attraverso un elegante e suggestivo salone adorno di grandi lampadari per poi perdersi ed essere catturati completamente nel susseguirsi delle sale buie e quasi labirintiche in cui è stato creato un itinerario che esplora immagini di luce in movimento e suoni. Ed è proprio in questo contrasto visivo, quasi di raccoglimento, in cui lo spettatore ha tutto il tempo per fermarsi, osservare e riflettere, che ci si trova a contemplare i temi profondi della vita e le opere di Viola.
Tra le prime installazioni troviamo Catherine’s Room (2001)The Greeting (1995), Four Hands (2001) and The Quintet of the Silent (2000).
Proiezioni e schermi piatti (a volte di formato anche piccolo e accostati orizzontalmente) – che, grazie allo slow motion, catturano ed estendono innumerevoli dettagli e sfumature delle emozioni umane, dello scorrere del tempo, dei cicli della natura altrimenti impossibili da cogliere in tempo reale.



Sempre parte della serie The Passions, commissionata dal Getty Museum, troviamo poi l’opera Emergence (2002), opera che si ispira a uno dei massimi periodi dell’arte classica occidentale, e in particolare all’affresco Cristo in pietà di Masolino da Panicale conservato nel Museo della collegiata di Empoli (Fi) e allo studio di sarcofagi romani rappresentati nelle opere di Michelangelo e Raffaello espressione di eccezionali capacità pittoriche e in cui la nozione di umanesimo era un tema centrale. Due donne ai lati di un pozzo di marmo segnato da una croce da cui compare un corpo esangue di un ragazzo che emergendo fa fuoriuscire tutta l’acqua. In questa scena a rallentatore che si ripete all’infinito, Viola ci fa riflettere, quindi, sull’idea della condizione umana di sofferenza che non ha fine ma, l’immagine dell’acqua che sgorga dal sepolcro si fa anche metafora e rappresentazione di inizio e fine, vita e morte insieme; nel richiamare, infatti, al tempo stesso i liquidi amniotici simbolo di nascita.

Tra le altre opere presentate, Ocean Without a Shore (2007), The Veiling (1995); The Raft(2004), installazione unica all’interno di una piccola sala nella quale un diluvio irrompe in maniera terrificante su un gruppo di diciannove persone.
Qui l’acqua (elemento centrale del mondo di Viola – insieme al fuoco – e spesso utilizzato per rappresentare il passaggio dalla vita alla morte, oppure da questa vita a quella successiva.) oltre ad una potenza distruttiva e violentissima che inghiotte e inonda le persone, ci ricorda, nella reazione dei componenti del gruppo, ignari e sbigottiti, oltre alla nostra fragilità e l’impermanenza, l’importanza dell’aiuto reciproco e della collaborazione umana per poter sopravvivere a catastrofi naturali o crisi inattese.

E ancora, il video-dittico di un uomo e una donna anziani, nudi proiettati su lastre di granito nero, Man Searching for Immortality/Woman Searching for Eternity (2013) in cui i due personaggi con lo sguardo spesso rivolto verso lo spettatore esplorano ed esaminano, attraverso l’uso di una torcia, i loro corpi i segni della malattia, della corruzione o della morte fino invece a riscoprirsi, grati, in vita.
Le ultime due opere, che concludono la mostra e questo percorso narrativo di ricerca interiore, fanno parte della serie Tristan (2005), sono grandi proiezioni che raffigurano l’intensità visiva e sonora della trasfigurazione attraverso il fuoco e l’acqua, descrivendo il passaggio drammatico tra vita e morte e un processo di purificazione e di rinascita.


Mariantonia Cambareri