“Donne è bello”, il movimento femminista è un movimento di tutti

«Grazie a tutte le donne collaboratrici e protagoniste di queste fotografie, ma anche a tutte le altre, quelle che non appaiono: madri, figlie, mogli, che sembrano non avere storia, ma che della storia sono le protagoniste».

Con queste parole porto alla vostra attenzione un libro di recente uscita ed edito da Postcart.

Sono scritte in fondo ai ringraziamenti che l’autrice di “Donne è Bello” dedica a chi l’ha supportata nella pubblicazione di questo volume.

Liliana Barchiesi, milanese, classe 1945, è una fotogiornalista che ha rivolto il suo obiettivo verso il mondo femminile negli anni ’70, proprio nel periodo di grande fervore del movimento femminista; dopo una pausa in cui si è dedicata prevalentemente al lavoro in studio, torna all’attività giornalistica negli anni 2000 proseguendo il suo impegno con le associazioni di donne, confrontandosi con le istanze più recenti.

Il confronto fra ieri e oggi costituisce la struttura sui cui è costruito questo libro, cosa che si evince immediatamente dalla copertina; incollate e alloggiate in due piccole finestre, in campo fucsia, ci sono due fotografie di Liliana, nella stessa posa, ma in età molto diverse: la bambina e la donna di oggi (aprendo il libro, nel risguardo in apertura c’è la serie di foto di lei bambina, mentre in quello in chiusura un’altra serie che replica quelle foto ma della Liliana oggi).

Il risguardo in apertura del libro "Donne è bello", Liliana Barchiesi, Postcart Edizioni, 2020
Il risguardo in apertura del libro “Donne è bello”, Liliana Barchiesi, Postcart Edizioni, 2020
«Grazie a tutte le donne collaboratrici e protagoniste di queste fotografie, ma anche a tutte le altre, quelle che non appaiono: madri, figlie, mogli, che sembrano non avere storia, ma che della storia sono le protagoniste». Con queste parole porto alla vostra attenzione un libro di recente uscita ed edito da Postcart. Sono scritte in fondo ai ringraziamenti che l’autrice di “Donne è Bello” dedica a chi l’ha supportata nella pubblicazione di questo volume. Liliana Barchiesi, milanese, classe 1945, è una fotogiornalista che ha rivolto il suo obiettivo verso il mondo femminile negli anni ’70, proprio nel periodo di grande fervore del movimento femminista; dopo una pausa in cui si è dedicata prevalentemente al lavoro in studio, torna all’attività giornalistica negli anni 2000 proseguendo il suo impegno con le associazioni di donne confrontandosi con le istanze più recenti. Il confronto fra ieri e oggi costituisce la struttura sui cui è costruito questo libro, cosa che si evince immediatamente dalla copertina; incollate e alloggiate in due piccole finestre, in campo fucsia, ci sono due fotografie di Liliana, nella stessa posa, ma in età molto diverse: la bambina e la donna di oggi (aprendo il libro, nel risguardo in apertura c’è la serie di foto di lei bambina, mentre in quello in chiusura un’altra serie che replica quelle foto ma della Liliana oggi). Perché vi proponiamo questo libro? C’era necessità di un libro femminista? Dobbiamo molto alle lotte delle femministe negli anni passati, ma la disparità di genere non è certamente sparita, con manifestazioni oggi decisamente allarmanti, quali la frequenza dei femminicidi. Le fotografie che Liliana Barchiesi ci propone dal suo archivio, dai primi anni ’70 sino ad oggi, hanno la forza per risvegliare le coscienze anche delle più giovani per le quali può essere facile dare per scontato certe conquiste e per ricordar loro che c’è ancora molto da fare. Il primo corpo di fotografie racconta soprattutto il privato delle donne: da bambine e da adulte, di ieri e di oggi. Madri e figli, donne lavoratrici (la magliaia, la panettiera, la tessitrice, l’operaia), e casalinghe (fotografate accanto ad un elettrodomestico per un progetto del Collettivo Donne Fotoreporter di Milano, attivo dal 1976 al 1980). Significativo il lavoro che muove da un progetto iniziale (1977) già di per sé molto interessante: incaricata di fotografare per una azienda produttrice giocattoli, carrozzine, lettini e bambole, Liliana fa posare delle bambine in mezzo a quegli oggetti «che sembravano alludere ai loro futuri ruoli, a un destino già segnato». La questione giocattoli e ruoli/generi non è peraltro ancora superata oggigiorno; si pensi alle polemiche sollevatesi in relazione alle osservazioni di Fedez, musicista e influencer, relativamente ai giochi più adatti a una bimba o a un bimbo; questione in realtà oggi sconfinata in quella della identità di genere. Nel 2009 la fotografa decide di raggiungere quelle bambine diventate ormai donne, per fotografarle insieme alle rispettive figlie e raccontarle a casa, in famiglia e al lavoro. La sequenza di fotografie oltre a portarci a riflettere sui cambiamenti sociali nel corso degli anni, ha anche una forte valenza tutta riflessa nella scelta del titolo del libro: la solidarietà, il senso di appartenenza ad un gruppo di persone, la continuità. “Donne è bello”, anziché “donna è bello” riflette in pieno questa sensazione ed anche l’auspicio che sembra uscire dalle pagine di questo libro: l’unione fa la forza. Il successivo corpo di fotografie viene anticipato dalle parole di Lea Melandri nel capitolo “Le storie non registrate nelle immagini e nelle parole del femminismo”, Il breve saggio fa da raccordo tra le due parti del libro, la prima pocanzi descritta e la seconda, quella relativa ai movimenti delle donne, di ieri e di oggi.”. Sono parole importanti perché ci aiutano a capire che i movimenti delle donne, nel passato e attualmente, non sono solamente e semplicemente a difesa della liberazione di una sola categoria - le donne - ma piuttosto di tutti: «L’educazione di genere, di cui oggi si parla molto, anche per merito della rete Non Una Di Meno, che ha posto con più radicalità l’uscita dall’eterosessismo normativo e l’apertura alle soggettività Lgbtqi, se non vuole restare nell’ambito di un generico invito al rispetto reciproco – il “politicamente corretto” , deve avere il coraggio di andare alla radice di un dominio che ha confuso l’amore con la violenza, identificato il limite naturale di ogni vita col corpo femminile che la genera, un dominio che non ha risparmiato neppure il sesso vincente, costringendolo a portare una maschera di virilità che lo ha mutilato di risorse umane essenziali, come le emozioni, la tenerezza, l’accoglimento, la cura dei corpi nella loro fragilità, una sessualità non aggressiva.». Rispondiamo dunque alla domanda iniziale che vi abbiamo posto: perché un libro sul femminismo? Non basta (e sarebbe in realtà più che sufficiente, purtroppo) ricordare quanti femminicidi si registrano in questi anni, in realtà oggi il femminismo è diventato riferimento anche per i movimenti antirazzisti, ambientalisti, anticlassisti: «La liberazione delle donne è la liberazione di tutti.» “Il personale è politico” era uno slogan importante del movimento femminista degli anni ’70 che risuona amplificato nel passaggio dal primo corpo di fotografie presentate nel libro al secondo: dalle fotografie di bambine, donne casalinghe, madri, lavoratrici alle donne nei cortei, negli anni ‘70 e oggi (come quelle del movimento Non Una Di Meno). Storie private che si fanno sentire, per portare ad un cambio della società tutta. Può davvero essere politica, altrimenti? Luisa Raimondi Il sito di Liliana Barchiesi: www.storiedidonne.it . La diretta Facebook di presentazione del libro, online, presso la Casa Delle Donne di Milano . «Grazie a tutte le donne collaboratrici e protagoniste di queste fotografie, ma anche a tutte le altre, quelle che non appaiono: madri, figlie, mogli, che sembrano non avere storia, ma che della storia sono le protagoniste». Con queste parole porto alla vostra attenzione un libro di recente uscita ed edito da Postcart. Sono scritte in fondo ai ringraziamenti che l’autrice di “Donne è Bello” dedica a chi l’ha supportata nella pubblicazione di questo volume. Liliana Barchiesi, milanese, classe 1945, è una fotogiornalista che ha rivolto il suo obiettivo verso il mondo femminile negli anni ’70, proprio nel periodo di grande fervore del movimento femminista; dopo una pausa in cui si è dedicata prevalentemente al lavoro in studio, torna all’attività giornalistica negli anni 2000 proseguendo il suo impegno con le associazioni di donne confrontandosi con le istanze più recenti. Il confronto fra ieri e oggi costituisce la struttura sui cui è costruito questo libro, cosa che si evince immediatamente dalla copertina; incollate e alloggiate in due piccole finestre, in campo fucsia, ci sono due fotografie di Liliana, nella stessa posa, ma in età molto diverse: la bambina e la donna di oggi (aprendo il libro, nel risguardo in apertura c’è la serie di foto di lei bambina, mentre in quello in chiusura un’altra serie che replica quelle foto ma della Liliana oggi). Perché vi proponiamo questo libro? C’era necessità di un libro femminista? Dobbiamo molto alle lotte delle femministe negli anni passati, ma la disparità di genere non è certamente sparita, con manifestazioni oggi decisamente allarmanti, quali la frequenza dei femminicidi. Le fotografie che Liliana Barchiesi ci propone dal suo archivio, dai primi anni ’70 sino ad oggi, hanno la forza per risvegliare le coscienze anche delle più giovani per le quali può essere facile dare per scontato certe conquiste e per ricordar loro che c’è ancora molto da fare. Il primo corpo di fotografie racconta soprattutto il privato delle donne: da bambine e da adulte, di ieri e di oggi. Madri e figli, donne lavoratrici (la magliaia, la panettiera, la tessitrice, l’operaia), e casalinghe (fotografate accanto ad un elettrodomestico per un progetto del Collettivo Donne Fotoreporter di Milano, attivo dal 1976 al 1980). Significativo il lavoro che muove da un progetto iniziale (1977) già di per sé molto interessante: incaricata di fotografare per una azienda produttrice giocattoli, carrozzine, lettini e bambole, Liliana fa posare delle bambine in mezzo a quegli oggetti «che sembravano alludere ai loro futuri ruoli, a un destino già segnato». La questione giocattoli e ruoli/generi non è peraltro ancora superata oggigiorno; si pensi alle polemiche sollevatesi in relazione alle osservazioni di Fedez, musicista e influencer, relativamente ai giochi più adatti a una bimba o a un bimbo; questione in realtà oggi sconfinata in quella della identità di genere. Nel 2009 la fotografa decide di raggiungere quelle bambine diventate ormai donne, per fotografarle insieme alle rispettive figlie e raccontarle a casa, in famiglia e al lavoro. La sequenza di fotografie oltre a portarci a riflettere sui cambiamenti sociali nel corso degli anni, ha anche una forte valenza tutta riflessa nella scelta del titolo del libro: la solidarietà, il senso di appartenenza ad un gruppo di persone, la continuità. “Donne è bello”, anziché “donna è bello” riflette in pieno questa sensazione ed anche l’auspicio che sembra uscire dalle pagine di questo libro: l’unione fa la forza. Il successivo corpo di fotografie viene anticipato dalle parole di Lea Melandri nel capitolo “Le storie non registrate nelle immagini e nelle parole del femminismo”, Il breve saggio fa da raccordo tra le due parti del libro, la prima pocanzi descritta e la seconda, quella relativa ai movimenti delle donne, di ieri e di oggi.”. Sono parole importanti perché ci aiutano a capire che i movimenti delle donne, nel passato e attualmente, non sono solamente e semplicemente a difesa della liberazione di una sola categoria - le donne - ma piuttosto di tutti: «L’educazione di genere, di cui oggi si parla molto, anche per merito della rete Non Una Di Meno, che ha posto con più radicalità l’uscita dall’eterosessismo normativo e l’apertura alle soggettività Lgbtqi, se non vuole restare nell’ambito di un generico invito al rispetto reciproco – il “politicamente corretto” , deve avere il coraggio di andare alla radice di un dominio che ha confuso l’amore con la violenza, identificato il limite naturale di ogni vita col corpo femminile che la genera, un dominio che non ha risparmiato neppure il sesso vincente, costringendolo a portare una maschera di virilità che lo ha mutilato di risorse umane essenziali, come le emozioni, la tenerezza, l’accoglimento, la cura dei corpi nella loro fragilità, una sessualità non aggressiva.». Rispondiamo dunque alla domanda iniziale che vi abbiamo posto: perché un libro sul femminismo? Non basta (e sarebbe in realtà più che sufficiente, purtroppo) ricordare quanti femminicidi si registrano in questi anni, in realtà oggi il femminismo è diventato riferimento anche per i movimenti antirazzisti, ambientalisti, anticlassisti: «La liberazione delle donne è la liberazione di tutti.» “Il personale è politico” era uno slogan importante del movimento femminista degli anni ’70 che risuona amplificato nel passaggio dal primo corpo di fotografie presentate nel libro al secondo: dalle fotografie di bambine, donne casalinghe, madri, lavoratrici alle donne nei cortei, negli anni ‘70 e oggi (come quelle del movimento Non Una Di Meno). Storie private che si fanno sentire, per portare ad un cambio della società tutta. Può davvero essere politica, altrimenti? Luisa Raimondi Il sito di Liliana Barchiesi: www.storiedidonne.it . La diretta Facebook di presentazione del libro, online, presso la Casa Delle Donne di Milano . Il risguardo in chiusura del libro "Donne è bello", Liliana Barchiesi, Postcar Ed, 2020
Il risguardo in chiusura del libro “Donne è bello”, Liliana Barchiesi, Postcar Ed, 2020

Perché vi proponiamo questo libro? C’era necessità di un libro femminista?

Dobbiamo molto alle lotte delle femministe negli anni passati, ma la disparità di genere non è certamente sparita, con manifestazioni oggi decisamente allarmanti, quali la frequenza dei femminicidi. Le fotografie che Liliana Barchiesi ci propone dal suo archivio, dai primi anni ’70 sino ad oggi, hanno la forza per risvegliare le coscienze anche delle più giovani per le quali può essere facile dare per scontato certe conquiste e per ricordar loro che c’è ancora molto da fare. 

Il primo corpo di fotografie racconta soprattutto il privato delle donne: da bambine e da adulte, di ieri e di oggi. Madri e figli, donne lavoratrici (la magliaia, la panettiera, la tessitrice, l’operaia), e casalinghe (fotografate accanto ad un elettrodomestico per un progetto del Collettivo Donne Fotoreporter di Milano, attivo dal 1976 al 1980).

Significativo il lavoro che muove da un progetto iniziale (1977) già di per sé molto interessante: incaricata di fotografare per una azienda produttrice giocattoli, carrozzine, lettini e bambole, Liliana fa posare delle bambine in mezzo a quegli oggetti «che sembravano alludere ai loro futuri ruoli, a un destino già segnato». La questione giocattoli e ruoli/generi non è peraltro ancora superata oggigiorno; si pensi alle polemiche sollevatesi in relazione alle osservazioni di Fedez, musicista e influencer, relativamente ai giochi più adatti a una bimba o a un bimbo; questione in realtà oggi sconfinata in quella della identità di genere. Nel 2009 la fotografa decide di raggiungere quelle bambine diventate ormai donne, per fotografarle insieme alle rispettive figlie e raccontarle a casa, in famiglia e al lavoro. La sequenza di fotografie oltre a portarci a riflettere sui cambiamenti sociali nel corso degli anni, ha anche una forte valenza tutta riflessa nella scelta del titolo del libro: la solidarietà, il senso di appartenenza ad un gruppo di persone, la continuità. “Donne è bello”, anziché “donna è bello” riflette in pieno questa sensazione ed anche l’auspicio che sembra uscire dalle pagine di questo libro: l’unione fa la forza. 

Dal libro "Donne è bello", Liliana Barchiesi, Postcart Edizioni, 2020
Dal libro “Donne è bello”, Liliana Barchiesi, Postcart Edizioni, 2020

Il successivo corpo di fotografie viene anticipato dalle parole di Lea Melandri nel capitolo “Le storie non registrate nelle immagini e nelle parole del femminismo”. Il breve saggio fa da raccordo tra le due parti del libro, la prima pocanzi descritta e la seconda, quella relativa ai movimenti delle donne, di ieri e di oggi.

Sono parole importanti perché ci aiutano a capire che i movimenti delle donne, nel passato e attualmente, non sono solamente e semplicemente a difesa della liberazione di una sola categoria – le donne – ma piuttosto di tutti: «L’educazione di genere, di cui oggi si parla molto, anche per merito della rete Non Una Di Meno, che ha posto con più radicalità l’uscita dall’eterosessismo normativo e l’apertura alle soggettività Lgbtqi, se non vuole restare nell’ambito di un generico invito al rispetto reciproco – il “politicamente corretto” , deve avere il coraggio di andare alla radice di un dominio che ha confuso l’amore con la violenza, identificato il limite naturale di ogni vita col corpo femminile che la genera, un dominio che non ha risparmiato neppure il sesso vincente, costringendolo a portare una maschera di virilità che lo ha mutilato di risorse umane essenziali, come le emozioni, la tenerezza, l’accoglimento, la cura dei corpi nella loro fragilità, una sessualità non aggressiva.».

Rispondiamo dunque alla domanda iniziale che vi abbiamo posto: perché un libro sul femminismo? Non basta (e sarebbe in realtà più che sufficiente, purtroppo) ricordare quanti femminicidi si registrano in questi anni, in realtà oggi il femminismo è diventato riferimento anche per i movimenti antirazzisti, ambientalisti, anticlassisti: «La liberazione delle donne è la liberazione di tutti

 “Il personale è politico” era uno slogan importante del movimento femminista degli anni ’70 che risuona amplificato nel passaggio dal primo corpo di fotografie presentate nel libro al  secondo: dalle fotografie di bambine, donne casalinghe, madri, lavoratrici alle donne nei cortei, negli anni ‘70 e oggi (come quelle del movimento Non Una Di Meno).

Storie private che si fanno sentire, per portare ad un cambio della società tutta.  Può davvero essere politica, altrimenti?

Luisa Raimondi

Il sito di Liliana Barchiesi: www.storiedidonne.it

La diretta Facebook di presentazione del libro, online, presso la Casa Delle Donne di Milano