Nik Software fu una software house degli anni 90 dello scorso secolo che visse un percorso tormentato per quanto riguarda i suoi prodotti sopravvivendo, durante il corso degli anni, acquisizioni su acquisizioni da parte di grandi case come Google prima e DXO ora.
I Nikonisti digitali dei primi anni 2000 forse se la ricorderanno perché diede i natali al tanto amato (od odiato) software di demosaicizzazione Nikon Capture NX nelle varie declinazioni. Amato perché il suo algoritmo di conversione era molto aderente agli standard Nikon e permetteva di utilizzare tutte le impostazioni del formato raw proprietario della casa giallonera, odiato perché l’interfaccia utente non era cosi amichevole e le prestazioni facevano fatica a decollare.
Parallelamente a Capture NX, Nik Software aveva sviluppato una serie di strumenti, la Nik Collection, standalone o integrate tramite plug in che andavano a affiancare alcune lacune che i primi software per il photo editing non avevano come Adobe Lightroom.
Silver Efex Pro, un plugin della suite per il controllo del bianco e nero, è molto amato dai fotografi per i suoi preset “pronto uso” e per le sue simulazioni dal look del passato. Permette di agire in maniera sia globale che molto selettiva cosi come il suo epigono Color Efex per quanto riguarda le immagini a colori. Questa serie di strumenti eredita le peculierità della tecnologia U-Point selettiva che era nata prima con la serie Capture NX, dedicata a Nikon. Completano la raccolta due strumenti per la regolazione fine del contrasto e uno per la fusione delle immagini dell’(a)busato HDR.
Ultimamente Nik Software e’ stata acquisita da DXO famosa per il suo DXO Photolab per l’editing e per i suoi benchmark divenuti riferimento per la fotografia digitale mondiale e l’uso di queste simulazioni aggiuntive e’ andato un po scemando complice la maggiore completezza dei nuovi raw processor e l’utilizzo embedded di queste regolazioni direttamente in camera come sapientemente sta facendo Fujifilm.
Una buona immagine rimane e rimarrà sempre una buona immagine a prescindere dal metodo e supporto con cui viene prodotta senza bisogno di scomodare delle simulazioni pellicola che mai sostituiranno una catena di produzione completamente analogica. Non ci vuole un occhio attento per distinguere una stampa digitale, anche se con artifizi particolari, da una stampa su pregiata carta ai sali di argento con trattamento conservativo museale. Come e’ vero anche il contrario cioe’ che alcuni film, detti a grana tabulare come la moderna Kodak TMAX, sapientemente trattate abbiano una resa molto vicina ad un buon bianco e nero digitale, ma rimarranno sempre legati al loro campo di esistenza analogico.
Enrico Fonso