In questo momento storico è quasi incredibile che un produttore di fotocamere venda ancora una macchina fotografica, nel senso: pensata per lo più per fare fotografia. È chiaro che le necessità lavorative costringono un professionista ad avere uno strumento più versatile e ricco di caratteristiche che riescano a soddisfare tutte le esigenze, tra queste anche i video. In un contesto mutato come quello attuale, considerata la storia della fotografia e di tutte le persone che hanno contribuito a scriverla, fa un certo effetto vedere sottolineate le prestazioni video di un oggetto che conserva la tradizionale forma di una macchina fotografica.

Fujifilm, pur aderendo a questa tendenza, conserva questo legame con il passato, aggiornando la Serie X-T con la quinta generazione. È un modello, nei fatti, esclusivamente fotografico, la parte video presente è limitata o comunque non paragonabile ai modelli immediatamente vicini e superiori, lo si capisce dal tipo di bus utilizzato per le memorie: UHS-II, quindi le più economiche SD, ormai limitate per produzioni più “professionali” quando si tratta di utilizzare codec molto esigenti in termini di mega al secondo in combinazione con risoluzioni elevate.
La Fujifilm X-T5 è una semplice macchina fotografica, con un layout immutato, rispetto ai modelli precedenti, nell’estetica e nella sua filosofia operativa, più piccolo nelle dimensioni rispetto alla X-T4. Questo aspetto ha suscitato qualche malumore, ma non è un vero stravolgimento, semmai un ritorno all’origine, ai primi due fortunati e apprezzati modelli. Da un punto di vista strettamente funzionale, la Serie X-T ha sempre fatto leva sulla proposta analogica per l’esposizione, con le due ghiere per i tempi e gli ISO, i diaframmi invece sull’obiettivo; quello che cambia davvero – in termini di prestazioni la differenza è notevole – è il sensore da 40 megapixel e il sistema di messa a fuoco, entrambi di quinta generazione.

Al di là delle diverse caratteristiche che arricchiscono la Fujifilm X-T5, l’unica cosa su cui vale davvero concentrarsi è l’esperienza di utilizzo, perché di fatto la fotocamera non tradisce le aspettative e conferma quanto dichiarato da Fujifilm in termini prestazionali. Se la vocazione della macchina fotografica, come più volte detto e ricordato, è analogica, la tecnologia presente va nella direzione totalmente opposta. Pertanto, da una parte l’esposizione è meccanica, ruotando le ghiere, ma poi, appena entra in funzione il sistema di messa a fuoco automatizzato con il supporto dell’AI, si entra nel digitale esasperato. Come sulla X-H2S, praticamente è impossibile sbagliare una fotografia, i soggetti sono riconosciuti con una velocità e una facilità disarmante, nell’unica comparazione possibile con la X-T4, il riconoscimento della persona, attraverso il tracking dell’occhio, la differenza si nota e anche di molto. A rendere poi l’esperienza ancora più sofisticata, c’è il nuovo firmware, la versione 2.0 dove «le prestazioni di rilevamento del soggetto sono state notevolmente migliorate in situazioni che erano difficili da rilevare con il firmware attuale, come “controluce”, “sguardo laterale” e “soggetti piccoli”. La funzione di rilevamento del soggetto può essere utilizzata più che mai, indipendentemente dalla scena». Alle categorie presenti al lancio, con il nuovo firmware vengono aggiunte quella del “Rilevamento di insetti” e quella dei “droni”; inoltre «l’algoritmo di previsione del movimento è stato migliorato per consentire un inseguimento stabile dei soggetti che si muovono ad alta velocità nell’inquadratura». Il firmware versione 2.0 ha anche altre migliorie e novità, quello che interessa è la semplicità con la quale la fotocamera viene migliorata nella sua operatività, confermando la potenza di calcolo di cui è dotata, di conseguenza permettendo di ampliare le possibilità di fare fotografia, se non addirittura di cambiarle.

A dispetto delle tante perplessità che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sta suscitando, in ambito strettamente tecnologico-fotografico il digitale ha raggiunto l’operatività analogica, vale a dire una fotocamera che coniuga velocità e precisione nel mettere a fuoco un soggetto. Nel documentario dedicato a Daido Moriyama del 2001, intitolato Near Equal, verso la metà, è possibile apprezzare uno dei modi con i quali Moriyama fa fotografia da strada. In una mano tiene una lattina di una bibita, nell’altra, allo stesso modo, una piccola compatta analogica, con una focale grandangolare, in modo da poter scattare senza mai portarla all’occhio; ne escono fuori fotografie suggestive. Ci sono voluti più di 20 anni per eguagliare questa tecnica nella fotografia digitale che utilizza un sistema di messa a fuoco totalmente automatizzato. La Fujifilm X-T5, con le sue ritrovate dimensioni contenute, in combinazione con il processore e sensore di quinta generazione, rappresenta il prodotto più vicino a quella fotocamera analogica, vale a dire un oggetto sufficientemente piccolo e maneggevole, veloce e preciso nel suo automatismo, con una risoluzione del sensore importante che permette una facile ricomposizione in post-produzione e che restituisce un’immagine di alta qualità.


In merito al sensore da 40 megapixel APS-C, la discussione fin dall’uscita è stata tutta rivolta, principalmente, sulla resa ad alti ISO. È chiaro che dei limiti ci sono, non drammatici come si vuol far credere e come se ne parla. Proprio durante la presentazione della Fujifilm X-T5, parlando di questo sensore con così tanti megapixel per un APS-C, Riccardo Scotti disse: «Il sensore APS-C, essendo un po’ più piccolo, avrà una risposta diversa in condizioni di ISO estremi; quindi, un utilizzatore che non ha bisogno di arrivare a quei livelli potrà utilizzare tranquillamente una APS-C. Infatti, noi come Fujifilm diciamo che nel momento in cui dobbiamo iniziare a lavorare in situazioni con ISO molto elevate, abbiamo GFX che ha un sensore ancora più grande del Full Frame». Una distinzione chiara e netta, utile e probabilmente animata da una scelta commerciale, ma questo non pregiudica certamente l’utilizzo. C’è poi da dire che le imperfezioni di una fotocamera ormai vengono corrette in fase di editing, grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e visti i risultati, questo sta rendendo superfluo non solo avere delle fotocamere perfette sotto ogni punto di vista, ma proprio avere delle fotocamere in generale.

Come dicevamo, l’esperienza di utilizzo è positiva. Sebbene alcuni la considerino piccola nelle mani, la sensazione dura poco, ci si abitua facilmente, mentre per quelli che hanno creduto in Fujifilm fin da subito la X-T5 recupera le dimensioni della X-T2, da ciò ne consegue che non c’è un vero e proprio stravolgimento. A rendere l’utilizzo felice della nuova Fujifilm è certamente il sistema di messa a fuoco, immediato e preciso, unitamente alla risoluzione del sensore che lascia margini di libertà notevoli in termini di scatto, con un approccio fotografico che tiene conto fin da subito anche di una eventuale ricomposizione in fasi di editing, grazie alla possibilità di ritagliare. L’unica perplessità che questa Fujifilm X-T5 suscita è la sua convivenza con due modelli altamente desiderabili, la X-H2 che condivide le medesime caratteristiche operative, tra cui lo stesso sensore e lo stesso sistema di messa a fuoco, ma che sfrutta la velocità della CFexpress, aumentando in questo modo le possibilità di impiego, in particolar modo verso il video. Allo stesso modo, la X-H2S che ha, a nostro avviso, la risoluzione giusta del sensore per un modello APS-C, con l’aggiunta di essere “stacked”, permettendo ogni genere di fotografia, che sia lenta o velocissima. C’è poi la commercializzazione del modello X-S20 che prende il meglio della quarta generazione e della quinta generazione della Serie X, vale a dire il sensore della X-T4 e il nuovo autofocus con riconoscimento dei soggetti, viste anche le dimensioni, ancor più contenute della X-T5, la possono rendere una fotocamera ancora più desiderabile per alcuni generi quando utilizzata con ottiche dalle dimensioni contenute. Probabilmente, per soddisfare la necessità di mantenere la continuità nel segmento X-T, Fujifilm avrebbe potuto evitare di avere due modelli X-H2, ciò avrebbe permesso di avere una X-T5 ben bilanciata in tutte le caratteristiche e non sacrificata.
Federico Emmi