Italo Zannier: la Mostra che racconta una vita nella fotografia

Negli annali della fotografia italiana, poche figure emergono con l’importanza di Italo Zannier. Nato nel 1932 a Spilimbergo, Zannier ha dedicato decenni a trasformare e ampliare l’orizzonte della fotografia in Italia grazie ai suoi molteplici ruoli di fotografo, accademico, curatore e collezionista. Una nuova mostra, curata da Marco Minuz e Giulio Zannier, offre uno sguardo senza precedenti sul vasto spettro dei suoi contributi—un’esplorazione di una vita dedicata a promuovere la fotografia come arte e documento storico. La mostra si terrà presso la Galleria Harry Bertoia di Pordenone, dal 22 dicembre 2024 al 4 maggio 2025.

Per la prima volta, questa esposizione racchiude l’immensa produzione di Zannier, dal suo precoce coinvolgimento nel movimento neorealista alle sue successive iniziative nel documentare gli effetti della globalizzazione. La mostra traccia il suo percorso, da giovane regista entusiasta che lavorava con il Super 8 fino al suo manifesto rivoluzionario per il Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia nel 1955. Questo manifesto annunciava un cambiamento nella fotografia italiana, superando il formalismo estetico per abbracciare pratiche sperimentali e analitiche, gettando le basi per una nuova generazione di fotografi. Tra coloro che aderirono al gruppo, figurano nomi destinati a lasciare un segno profondo nella fotografia italiana, come Carlo Bevilacqua, Toni Del Tin, Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin, Nino Migliori e gli spilimberghesi Gianni e Giuliano Borghesan e Aldo Beltrame.

La fotografia di Zannier si distingue per il suo “racconto critico”, un approccio che trascende la mera documentazione per offrire un incisivo commento sulla società. Il suo obiettivo cattura il paesaggio in evoluzione del Friuli, documentando la transizione della regione da un’economia agraria a una industriale. Attraverso il suo lavoro, le fotografie diventano “reliquie” di un tessuto culturale e sociale in continuo mutamento. Questo è evidente soprattutto nella serie “Diacronie”, un progetto che ripercorre i luoghi fotografati decenni prima per rivelare l’inesorabile passaggio del tempo. Tragicamente, alcuni di questi luoghi furono successivamente distrutti dal devastante terremoto del Friuli del 1976, rendendo il lavoro di Zannier una toccante testimonianza di ciò che è andato perduto.

Le sue immagini esplorano inoltre le interazioni tra paesaggio e architettura, mettendo in risalto le trasformazioni socio-economiche e culturali. Collaborazioni con importanti pubblicazioni come Il Mondo, Casabella e Domus hanno permesso di diffondere il suo lavoro su scala nazionale e internazionale, posizionandolo come un osservatore attento dei cambiamenti strutturali e sociali del suo tempo. Un elemento speciale del percorso espositivo è rappresentato da un’intervista inedita al professore Zannier, che arricchirà ulteriormente la comprensione del suo pensiero e del suo approccio alla fotografia.

Nel 1971, Zannier raggiunse un altro traguardo diventando il primo professore in Italia a ricoprire una cattedra in Storia della Fotografia. Insegnando presso istituzioni come lo IUAV e Ca’ Foscari a Venezia, l’Università di Bologna e l’Università Cattolica di Milano, ha formato generazioni di studiosi e professionisti. La sua produzione accademica è altrettanto straordinaria: oltre 600 pubblicazioni, che spaziano da articoli scientifici a opere fondamentali come la serie in nove volumi Coste e Monti d’Italia, realizzata in collaborazione con l’ENI tra il 1967 e il 1976.

Le sue iniziative non si sono limitate alla didattica e alla scrittura. Zannier ha curato mostre storiche che hanno ridefinito il ruolo della fotografia nell’arte contemporanea, come la sezione fotografica di The Italian Metamorphosis al Guggenheim di New York nel 1994 e “L’Io e il suo doppio” alla Biennale di Venezia. Queste esposizioni non solo celebravano la fotografia, ma la posizionavano come mezzo essenziale di espressione culturale e indagine storica. Promossa dal Comune di Pordenone, con il patrocinio del Ministero della Cultura e il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, questa esposizione rappresenta un momento unico per comprendere l’impatto duraturo di Italo Zannier sulla fotografia italiana e globale.

Dopo una pausa di oltre 30 anni, Zannier è tornato alla fotografia con uno slancio contemporaneo. Nei suoi lavori più recenti, incluso il progetto Veneland, esamina le forze omologanti della globalizzazione e il loro impatto sulle identità locali. Le sue immagini mettono a confronto l’universalità degli spazi contemporanei con le narrazioni uniche del passato, creando un dialogo tra memoria e modernità. Con Veneland, Zannier analizza i paesaggi della contemporaneità attraverso uno sguardo che è al contempo critico e poetico. Questi scatti esplorano l’uniformità degli spazi globalizzati, evidenziando come questi siano sia un simbolo di progresso che un potenziale pericolo per la diversità culturale.

La mostra non è solo un omaggio alla carriera di Zannier, ma un invito a riflettere sul ruolo della fotografia come arte e documento. Attraverso l’esposizione di opere, testi e materiali d’archivio, si offre al visitatore l’opportunità di esplorare la profondità e la complessità del lavoro di Zannier, sottolineando il suo impegno nel preservare e interpretare la memoria storica e culturale. Per gli amanti della fotografia e della storia, questa mostra è più di una retrospettiva: è una celebrazione di un uomo la cui visione ha cambiato per sempre il nostro modo di vedere il mondo, dimostrando come la fotografia possa essere una forza trasformativa nel raccontare e plasmare le storie della nostra epoca.