“E’ davvero un eccellente mentore, questo ingegnoso mezzo [la fotografia] che ci ha fatto cogliere i difetti e comprendere i meriti di certe opere, davanti alle quali eravamo passati indifferenti, e delle nostre opere stesse presentandocele sotto un nuovo aspetto” (V. Balard, XIX sec.).
Abbiamo spesso parlato della fotografia come documento storico che testimonia le trasformazioni di città e paesaggi (soprattutto nel caso di infrastrutture e reti, frutto dell’intreccio indissolubile tra industria, territori e comunità) e dell’importanza degli archivi di impresa per custodire e valorizzare questo patrimonio immateriale con uno sguardo rivolto al futuro: questo è quanto persegue dal 2007 Fondazione AEM, una Fondazione privata d’impresa nata per iniziativa di AEM SpA (ex Azienda Elettrica Municipale di Milano, oggi A2A SpA), che, attraverso i propri archivi storici, custodisce e valorizza l’heritage di un’azienda pubblica protagonista dello sviluppo economico, sociale e industriale di Milano e della Lombardia nel Novecento, attore chiave nel panorama energetico nazionale, che “ha saputo raccontarsi, affidando a fotografi e cineasti il compito di documentare visivamente la sua storia e il contributo alla modernizzazione della città” (G. Bigatti).
Nata nel 1910 a Milano (all’epoca centro industriale e finanziario in pieno sviluppo che necessitava grandi quantità di energia) come azienda elettrica municipalizzata per contrastare il monopolio della Edison (che a fine Ottocento vi aveva avviato la produzione e distribuzione di elettricità), fu la concretizzazione di un ambizioso percorso – iniziato nel 1905 con la Centrale di Piazza Trento – voluto da una classe dirigente politecnica che intravedeva “nell’idroelettrico e nelle risorse idrauliche dell’Alta Valtellina un fondamentale volano per lo sviluppo” (R. Tasca), sfruttando le acque del fiume Adda.
La Centrale idroelettrica di Grosotto (1910), policromo e austero landmark architettonico collegato a Milano da una linea elettrica tra le più lunghe e avanzate al mondo, fu così seguita dalle centrali valtellinesi della Boscaccia Nuova (1917); Roasco (1922) – edificio neomedievale dell’arch. Piero Portaluppi in dialogo con il sovrastante castello; Fraele (1928); Stazzona (1938) e Lovero (1948), con le rispettive dighe di Fusino (1922), Cancano (1928) e San Giacomo (1950).

Da qui l’energia veniva distribuita nel capoluogo lombardo attraverso la Ricevitrice Nord di Precotto (1932) e la maestosa architettura razionalista della Ricevitrice Sud (1934), tutte immortalate da fotografi del tempo.

Lo sviluppo continuò nel Dopoguerra sotto la presidenza di Roberto Tremelloni, ministro del Governo De Gasperi, i cui piani energetici gettarono le basi per il miracolo economico, da un lato con il potenziamento idroelettrico in Valtellina, che vide la costruzione in caverna della Centrale di Premadio, dell’ardita diga a gravità di Cancano II al di sopra della prima (1956) e della Centrale di Grosio (1960), dall’altro con lo sviluppo del termoelettrico a idrocarburi nelle Centrali di Tavazzano e Cassano d’Adda (1961).

Mantenutasi autonoma negli anni ’60 nonostante la nazionalizzazione dell’elettricità, anche grazie all’idroelettrico l’azienda riuscì a rispondere alle crisi energetiche degli anni ’70. Nel 1981, rilevato il servizio gas e la storica Officina alla Bovisa, si trasformò in Azienda Energetica Milanese, convertendo la rete di distribuzione verso il metano e il teleriscaldamento e avviando un piano di aggiornamento dell’illuminazione pubblica. Privatizzata nel 1998, dal 2007, insieme a ASM (Azienda Servizi Municipalizzati di Brescia), è parte del Gruppo A2A, multiutility nei settori del gas, elettricità, sistemi ambientali e servizi energetici per il territorio.

Per evitare la dispersione del patrimonio culturale dell’azienda e garantire la sua conservazione e valorizzazione, in contemporanea alla fusione fu istituita Fondazione AEM, conferendole il patrimonio iconografico, storico, artistico e archivistico di AEM, con l’obiettivo di tutelarlo e promuoverlo in chiave contemporanea e in maniera dinamica attraverso nuovi canali di dialogo e comunicazione, sempre però partendo dal passato e dalla storia per poter interpretare il presente, affrontando il futuro e le sfide della contemporaneità. Attraverso differenti iniziative culturali e scientifiche rivolte a una pluralità di pubblici, in collaborazione con Enti e Istituzioni, la Fondazione rappresenta così un “luogo di incontro e dialogo tra l’impresa e la città”, con cui condividere percorsi culturali comuni.
Uno dei suoi asset principali è l’archivio fotografico, ubicato nella storica Centrale di piazza Trento, che raccoglie oltre 180.000 immagini di diversi formati (albumine, lastre, gelatine ai sali d’argento, diapositive, stampe digitali), prodotte a partire dagli anni ’20 – quando la fotografia divenne strumento di documentazione e comunicazione a servizio del fascismo – fino ad oggi, attraverso tre grandi stagioni iconografiche (Ventennio, epoca Tremelloni e anni ’80), che hanno generato “un’immensa rete di immagini che collega edifici, istituzioni, persone al territorio di Milano e della Valtellina” (F. Trisoglio), non limitate all’attività produttiva dell’azienda, ma testimoni delle trasformazioni socio-economiche della società e del paesaggio, fonti preziose per la storia dello sviluppo economico e urbanistico di Milano e della Lombardia.
L’archivio della Fondazione, grazie a un lungo lavoro di inventariazione e digitalizzazione iniziato negli anni ’80 – epoca in cui stava emergendo la fotografia industriale in Italia – è oggi in gran parte disponibile online, attraverso una piattaforma digitale moderna e dinamica, consultabile attraverso parole chiave, gereferenziazione su mappa oppure per autori, luoghi, date o fondi, anche se “rimangono ancora da riscoprire e condividere migliaia di fotografie che attendono pazientemente il loro posto nella storia” (F. Trisoglio).
Suddiviso in vari fondi, esso è frutto del lavoro dei molti fotografi che “dal 1920 ad oggi…hanno edificato, al pari degli ingegneri, degli operai, degli architetti, una città parallela e silenziosa” (L. Leonelli), contribuendo a costruire l’immagine di AEM e rafforzarne il senso d’identità, con codici espressivi e contenuti differenti in base al periodo di riferimento: tra questi Antonio Paoletti, Gianni Moreschi e Vincenzo Aragozzini hanno documentato il periodo fascista; Guglielmo Chiolini i cantieri della Valtellina degli anni ’40-’60; Paolo Moreschi e Adolfo Ferrari (Ufficio fotografico AEM) le opere degli anni ’50-’70 e le iniziative del Dopolavoro e del welfare per “il chilowattora” (l’house organ aziendale), pubblicato dal 1952 al 1981 per rafforzare il senso di appartenenza dei dipendenti.


Il rinnovamento degli anni ’80, evidenziato anche da un logo a firma Bob Noorda, portò l’azienda a commissionare ulteriori campagne fotografiche – per promuoverne la nuova immagine – a nomi come Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Gianni Berengo Gardin, Francesco Radino, Martin Parr, Joel Meyerowitz, Olivo Barbieri, Antonia e Mario Mulas, Luigi Bussolati, Giampietro Agostini e molti altri, ampliando la ricerca visiva dal punto di vista geografico e tematico, passando dagli impianti gas di Milano e idroelettrici della Valtellina alla documentazione della città, dal paesaggio dell’Adda a Göteborg (con cui Milano condivise strategie energetiche sostenibili), fino alle campagne sull’illuminazione pubblica degli anni Duemila, costituendo un fondo contemporaneo “unico ed eterogeneo sia per sguardi sia per contenuti”, ulteriormente ampliato – a partire dal 2016 – dai progetti commissionati dalla Fondazione a fotografi come Marco Introini, Marco Garofalo e Francesco Radino.

Tra i temi presenti in archivio quello dell’illuminazione della città, simbolo di progresso sociale, scientifico ed economico, fu spesso oggetto di campagne fotografiche di qualità, a partire – nel Ventennio – da quella celebrativa di luoghi simbolo come il Duomo, il Castello o la Torre Littoria, fino a quella delle aree periferiche nel secondo Dopoguerra, per arrivare al Piano di illuminazione degli anni ’80-’90 che trasformò Milano “da città dei lumi a città di luce” (E. Cerrai), raffigurandola con gli scatti di grandi fotografi contemporanei nel progetto “Le invenzioni dello sguardo. Cinque fotografi interpretano la notte a Milano”.


Attraverso immagini di centrali, dighe, cantieri, linee di trasmissione e tralicci, il patrimonio fotografico dell’archivio ripercorre anche la storia dell’elettrificazione lombarda e lo sviluppo dell’idroelettrico in Alta Valtellina, simbolo di modernità e di conquista dell’uomo sulla natura: una rete di cavi costantemente mantenuti dall’uomo, “sospesi tra terra e cielo”, per garantire a Milano l’approvvigionamento elettrico.

L’archivio è una fonte inesauribile di temi e spunti, di volta in volta affrontati nel progetto “L’immagine del mese”, pubblicata sul sito e sulla newsletter della Fondazione: oltre alle fotografie strettamente legate ai progetti dell’azienda è infatti possibile riscoprire la storia di Milano, con testimonianze visive di luoghi della città o eventi eccezionali come la “nevicata del Secolo” del 1985, o la Resistenza in Valtellina, svoltasi nei rifugi e cantieri AEM e nel villaggio temporaneo di Digapoli – alla falde della diga di San Giacomo in costruzione – quale base operativa partigiana in comunicazione con la città attraverso le telescriventi AEM. Emergono anche temi attuali come i cambiamenti energetici, esemplificati dallo slogan degli anni ’80 “Il metano in città” per sensibilizzare l’opinione pubblica ai benefici del gas naturale; il welfare, con le politiche avviate da Tremelloni nel secondo dopoguerra per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori (mense aziendali, Cassa Mutua, colonie, dopolavoro, alloggi ecc.) o il ruolo delle donne in azienda, importante presenza già agli albori, indagato nel reportage del 1956 “Giornata di un’impiegata” e in alcune inchieste degli anni successivi.

Oltre all’archivio fotografico la Fondazione si occupa di quello storico-amministrativo, che conserva anche la serie digitalizzata de “il chilowattora”, e di quello Film e Video, che possiede filmati e documentari che testimoniano eventi, cantieri e inaugurazioni relative alle attività dell’azienda, evidenziando altresì la graduale trasformazione e modernizzazione di Milano e del paesaggio urbano nel passaggio da città a metropoli. Anch’esso è stato sottoposto a un progetto pluriennale di tutela e valorizzazione al fine di promuovere il cinema d’impresa e la cultura cinematografica.
L’interfaccia di questo immenso heritage è l’AEMuseum: uno spazio immersivo su due livelli in cui il digitale dialoga con l’analogico attraverso materiale documentario, fotografie e filmati, reperti industriali e pezzi d’arte alternati a exhibit interattivi che raccontano l’evoluzione di AEM e l’epopea dell’industrializzazione elettrica. Qui, oltre all’esposizione permanente, in costante aggiornamento, uno spazio espositivo permette dal 2013 di allestire mostre temporanee, accompagnate – nell’auditorium adiacente – da eventi, dibattiti e conferenze, con cui vengono esplorati vari temi con materiali inediti e ricerche d’archivio: dall’illuminazione all’energia, dal paesaggio alle cattedrali del lavoro, da Milano ai luoghi storici dell’azienda, fino alla recente “Pataflai Ciumba”, in cui, grazie ai 272 servizi fotografici in archivio, sono state illustrate le attività delle colonie per i figli dei dipendenti di Edolo, Igea Marina e Teglio.

La fotografia è protagonista anche del recente libro “AEMetropolis“, edito da Fondazione AEM con l’editore Electa e curato da Fabrizio Trisoglio, Responsabile Scientifico della Fondazione, il cui titolo omaggia il film Metropolis di Fritz Lang, che fu proiettato nella ricevitrice sud nel 2021 insieme a filmati sull’edificio attraverso il Cinemobile, furgone FIAT del 1936 con schermo, proiettore e impianto sonoro. Questa nuova antologia è volta a raccontare il rapporto tra l’azienda, Milano e la Valtellina attraverso la selezione di 150 immagini del patrimonio iconografico della Fondazione. La narrazione visiva è accompagnata da appendici cronologiche e bibliografiche, oltre alle testimonianze dei fotografi Giampietro Agostini e Marco Introini e da alcuni saggi di Giorgio Bigatti e del curatore, che permettono di approfondire il rapporto tra storia d’impresa e la sua rappresentazione fotografica nel tempo.

Ma le attività della Fondazione non si fermano qui, accompagnate da sempre nuovi stimoli, temi e obiettivi sfidanti, tra cui si ricorda la recente acquisizione – attraverso una donazione da parte degli eredi – dell’archivio – composto da circa 120.000 fototipi – del fotografo Francesco Radino, scomparso nel 2022, che collaborò con l’azienda prima e con la Fondazione poi in numerose campagne fotografiche, facendosi interprete di una riflessione sul rapporto tra uomo e ambiente, tra natura e macchina, con scatti che esplorano un paesaggio contemporaneo in costante mutamento, “dalla resistenza della natura alla transitorietà […] dei luoghi, spesso memento mori del nostro passato industriale e filigrana di forze ancestrali mai sopite, fino a intravedere in trasparenza le sfide future, che […] garantiranno un avvenire sostenibile alla nostra città”, obiettivo questo di cui Fondazione AEM si fa da anni portavoce, e noi con lei.

Patrizia Dellavedova
Tutte le immagini sono tratte dall’Archivio Storico Fotografico AEM, Fondazione AEM, Milano (ASFAEM). Immagine di copertina: Illuminazione della Torre Littoria (oggi Torre Branca) © Antonio Paoletti, 1936, ASFAEM.
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