Nella serie Tv Mercoledì (Alfred Gough e Miles Millar, 2022), la protagonista è la bimba oscura e malinconica, con manifeste tendenze sociopatiche e aggressive, della famiglia Addams (Charles Addams, 1938), tuttavia a differenza del personaggio tradizionale che si succede nelle diverse rivisitazioni televisive e cinematografiche, in quest’ultima versione Mercoledì è un’adolescente che ha poteri psichici e paranormali, prossimi a chi solitamente viene definita come una ‘strega’. Mercoledì non accetta le regole del patriarcato né tanto meno di adeguarsi al ruolo che solitamente viene assegnato alle donne nella società borghese statunitense. Di fronte agli scambi di effusioni dei genitori afferma lapidaria: «Voi due mi fate venire la nausea, e non in senso buono», mentre dinnanzi al caloroso apprezzamento del ragazzo che si è innamorato di lei, Mercoledì risponde che si sente «ridicola, un esempio di oggettivazione femminile per lo sguardo maschile». La protagonista sembra essere al di sopra delle passioni che riguardano la maggioranza degli adolescenti e, forse per questo, finisce con il divenire irresistibile suo malgrado o, meglio, inafferrabile nel suo incarnare la dimensione del vacillamento delle nostre capacità relazionali, nonché delle certezze che riponiamo nell’altro, vero e proprio depositario del nostro desiderio. Ed è per questo che tutti i ragazzi e le ragazze della scuola Nevermore subiscono il fascino della ragazza, mentre lei rimane impassibile alle lusinghe e ai corteggiamenti, proprio perché con la sua imperturbabilità di fronte al sentimento, Mercoledì non restituisce la propria partecipazione a chi chiede amore o amicizia.
Mercoledì rappresenta l’alterità nella sua accezione più radicale, il lato oscuro di ciascuno di noi, ama ciò che alla maggior parte delle persone incute paura e colloca il piacere nella dimensione dell’orrore ed è per questo che quando, per nascondersi, si chiude in una cella frigorifera per la conservazione dei cadaveri, una volta liberata da Mano, ella chiede di poter rimanere ancora un po’ nel buio e nel gelo, metafore esplicite della morte. In realtà la protagonista è perfettamente in sintonia con l’immaginario a cui da sempre ci ha abituato Tim Burton, Mercoledì proviene dallo stesso mondo di disadattati e di personaggi vagamente gotici e ‘mostruosi’ che popolano la filmografia del regista statunitense. Individui che vengono definiti ‘reietti’ ma che possono essere sintetizzati con il termine “Freaks”, parola che campeggia sull’armadietto della prima scuola di Mercoledì e che difficilmente può essere tradotta con un solo vocabolo. Potremmo riassumere ‘freak’ nell’accezione peggiorativa di ‘strano’, ‘scherzo della natura’ o addirittura ‘persona sviluppata in modo anomalo’. In questa direzione Tim Burton opera una vera e propria rivoluzione copernicana nei confronti di questi individui ‘strani’, mettendone in luce gli aspetti apparentemente stravaganti nonché i comportamenti fortemente eccentrici. Infatti come ebbe modo di affermare nel suo libro autobiografico del 1995 (Burton racconta Burton), il regista scrive che: «Tutti i bambini si identificano con una certa immagine, magari proveniente dal mondo delle favole. Io sentivo che spesso i mostri venivano visti dalla gente in maniera sbagliata e che in molti casi erano più sinceri di tutti gli umani che li circondavano». La stranezza, secondo Tim Burton, è solo un difetto del punto di osservazione dell’altro da noi, una miopia inficiata dal pregiudizio perché, a ben guardare, i reietti hanno capacità e talenti a volte superiori rispetto alla media dei cosiddetti normodotati.
A tal riguardo se poniamo in relazione l’opera cinematografica di Burton, popolata di reietti di ogni tipo (si va dalle spose cadavere ai cani frankenstein, dai cavalieri senza testa ai vampiri con il cuore spezzato), con il film Freaks di Tod Browning del 1932, possiamo riconoscere in tutta la sua profondità la grande trasformazione effettuata da Tim Burton nei confronti dei freak, intesi come veri e propri reietti della società. Infatti nel film di Tod Browning i ‘diversi’ appartengono ad un circo che proponeva come spettacolo l’esibizione di persone con gravi deformità fisiche, come microcefali o donne con la barba, al fine di divertire il pubblico confermandolo della mostruosità degli stessi freak. Nel film i teatranti sono contrapposti ad una donna bellissima, Cleopatra, che funge proprio da contraltare rispetto alle esibizioni circensi: la bellezza accanto all’orrido, la diversità rispetto alla normalità. Tuttavia se i freak di Browning sono i veri emarginati, gli esclusi dal mondo in quanto non degni di partecipare alla vita sociale, ma adatti solo a stare in un circo (perfetta metafora della separazione dalla società), i reietti di Burton sono assolutamente più interessanti, nonché bellissimi e dotati di talenti unici. Tant’è che possiamo asserire che la profezia delle streghe del Macbeth di Shakespeare si è ancora una volta avverata: «Bello è il brutto e brutto è il bello».
Con Mercoledì Burton è riuscito a confermare nuovamente che è prerogativa dell’artista vedere quello che gli altri non vedono, adottando una prospettiva originale, a tratti unica e quindi più vicina alla molteplicità del vero, poiché è proprio la ‘diversità’ il tratto che contraddistingue ciascuno di noi: in definitiva siamo tutti uguali proprio perché ciascuno di noi è diverso dagli altri. E il segreto, scrive Tim Burton, è celato proprio nelle dinamiche della nostra infanzia, là dove la differenza è percepita ma inclusa, magari con lo scontro e il conflitto, tuttavia assorbita dentro di noi. «Non credo che mi sentissi diverso dagli altri: – ricorda Burton – facevo quel che facevano tutti i bambini: andavo al cinema, giocavo, disegnavo. Niente di strano. La cosa strana, forse, è se vuoi continuare a fare le stesse cose da grande», perché l’artista non è colui che torna bambino per trovare ispirazione e storie da raccontare, bensì colui che nell’infanzia continua a viverci.
Rossano Baronciani