Calder. Sculpting Time

Il MASI Lugano presenta “Calder. Sculpting Time”, una straordinaria retrospettiva dedicata ad Alexander Calder, uno degli scultori più influenti e rivoluzionari del XX secolo. La mostra, in programma fino al 6 ottobre 2024, rappresenta la più completa esposizione monografica dell’artista organizzata da un’istituzione pubblica svizzera negli ultimi cinquant’anni.

Biografia di Calder

Alexander Stirling Calder nacque il 22 luglio 1898 a Lawnton, Pennsylvania, in una famiglia di artisti. Suo nonno e suo padre erano entrambi scultori noti, mentre sua madre era una pittrice. Nonostante questa eredità artistica, Calder inizialmente scelse di studiare ingegneria meccanica al Stevens Institute of Technology, laureandosi nel 1919.

Dopo aver lavorato come ingegnere per alcuni anni, nel 1923 Calder decise di perseguire una carriera artistica. Si iscrisse all’Art Students League di New York, dove studiò pittura e disegno. Nel 1926, attratto dal fermento artistico dell’epoca, si trasferì a Parigi. Qui creò il “Cirque Calder”, un elaborato spettacolo in miniatura con personaggi e animali fatti di filo, legno e stoffa, che divenne popolare tra gli artisti parigini.

Nei primi anni ’30, influenzato da una visita allo studio di Piet Mondrian, Calder iniziò a sperimentare con l’arte astratta. Nel 1931 creò la sua prima scultura cinetica non motorizzata, dando vita al concetto di “mobile”, termine coniato da Marcel Duchamp. Parallelamente sviluppò anche sculture statiche chiamate “stabiles”.

Tornato negli Stati Uniti nel 1933, Calder continuò a perfezionare il suo stile, creando mobiles sempre più grandi e complessi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, a causa della scarsità di metallo, sperimentò con la scultura in legno. Nel dopoguerra, iniziò a ricevere commissioni per opere monumentali destinate a spazi pubblici in tutto il mondo.

Nel 1952, Calder rappresentò gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia, vincendo il primo premio per la scultura. La sua fama continuò a crescere e le sue opere iniziarono a essere esposte nei più importanti musei del mondo. Calder non smise mai di esplorare nuove forme d’arte, dedicandosi anche alla litografia e alla tappezzeria negli ultimi anni della sua vita.

Alexander Calder morì l’11 novembre 1976 a New York, poco dopo l’apertura di una grande retrospettiva al Whitney Museum of American Art.

La Mostra

La mostra, curata da Carmen Giménez e Ana Mingot Comenge, presenta oltre 30 capolavori creati da Calder tra il 1931 e il 1960. Le opere provengono da importanti collezioni pubbliche e private internazionali, con un ampio corpus fornito dalla Calder Foundation di New York.

L’esposizione traccia lo sviluppo artistico di Calder, partendo dalle sue prime astrazioni, note come “sphériques”, fino ai celebri “mobiles”, “stabiles” e “standing mobiles” di varie dimensioni. Un aspetto unico della mostra è la sua concezione come spazio aperto, privo di pareti, che permette ai visitatori di apprezzare pienamente le opere tridimensionali di Calder e il loro dialogo con l’ambiente circostante.

Tra le opere più significative in mostra:

“Croisière” (1931): uno dei primi “stabiles” di Calder, che utilizza fili sottili per delineare volumi curvilinei, sfidando i concetti tradizionali di massa e peso in scultura.

“Eucalyptus” (1940): uno dei più importanti “mobiles” di Calder, che ha debuttato alla Pierre Matisse Gallery di New York nel 1940 ed è stato incluso in quasi tutte le principali mostre dell’artista durante la sua vita.

Questa foto di Luca Meneghel ci sembra interessante perché grazie al mosso della figura umana mette in movimento la foto ed esplicitamente richiama il movimento delle opere di Calder.

“Arc of Petals” (1941) e “Red Lily Pads” (1956): esempi spettacolari di “mobiles” che rispondono al minimo cambiamento dell’aria e della luce, creando composizioni in continua evoluzione.

Una selezione di “constellations”, sculture realizzate in legno e filo metallico nel 1943, un termine suggerito da Marcel Duchamp e James Johnson Sweeney.

“Untitled” (circa 1940)

e “Funghi Neri” (1957): “stabiles” che esplorano il movimento implicito e mostrano la versatilità di Calder nel lavorare su scale diverse.

opera sotto

La mostra evidenzia come Calder abbia esteso il medium scultoreo oltre il visivo, introducendo la dimensione temporale. Le sue opere interagiscono con l’ambiente, rispondendo a cambiamenti di luce, aria e prospettiva, creando esperienze sempre nuove per lo spettatore.

L’innovazione di Calder non si limita all’uso del movimento. L’artista ha sperimentato con materiali non convenzionali e tecniche innovative. Durante la Seconda Guerra Mondiale, ad esempio, la scarsità di lastre di metallo lo portò a creare una nuova serie di sculture astratte utilizzando fili metallici e legno, appese al muro ad altezze inaspettate.

L’allestimento della mostra al MASI Lugano sfrutta sapientemente gli spazi del museo. In particolare, l’imponente “Red Lily Pads” (1956) è esposto di fronte a una grande vetrata che offre una vista suggestiva sul lago e sul panorama circostante, creando un dialogo unico tra l’opera, l’architettura e il paesaggio.

opera sopra

La mostra è accompagnata da un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale in tre edizioni (italiano, inglese e tedesco), che include un saggio delle curatrici e una selezione di testi storici, offrendo un’approfondita analisi del lavoro di Calder e del suo impatto sull’arte moderna. C’è da dire che Calder ha creato molte opere specificamente per l’esposizione all’aperto, con il chiaro intento che interagissero con l’ambiente naturale e fossero mosse dal vento. Queste opere sono spesso di grandi dimensioni e realizzate con materiali resistenti alle intemperie. Siamo consapevoli della necessità della conservazione e tutti i problemi del caso, ma le opere sono tutte al chiuso, immobili, compromettendo la parte esperienziale e vera dell’opera. Auspicheremmo che in futuro si trovi un qualche modo per ricreare, magari in un ambiente protetto, ma con vento ricreato artificialmente, anche solo con un ventilatore, il movimento della scultura.

Ugo Mulas

Ci fa piacere ricordare, a chi si interessa solamente di fotografia, che Ugo Mulas ha documentato in modo approfondito l’opera di Calder, soprattutto durante l’installazione di grandi sculture. Le sue fotografie colgono il processo creativo di Calder e riescono a trasmettere il senso di leggerezza e fluidità delle sue sculture in movimento. Potete vedere delle foto a questo indirizzo: https://www.ugomulas.org/pubblicazioni/calder-libro/

Conclusioni

“Calder. Sculpting Time” non solo celebra il genio artistico di Alexander Calder, ma invita anche i visitatori a riflettere su come il suo lavoro abbia cambiato la nostra percezione e interazione con la scultura. L’eredità di Calder, come sottolineano le curatrici, va oltre l’uso innovativo dei materiali e delle tecniche, catturando l’essenza dei momenti fugaci e sfidando le nostre concezioni di spazio e tempo nell’arte.

Questa mostra rappresenta un’opportunità unica per il pubblico di immergersi nel mondo rivoluzionario di Calder, esplorando come un artista sia riuscito a “scolpire il tempo” e a ridefinire i confini della scultura moderna.