Día de Muertos. Un libro fotografico di Filippo Cristallo

La commemorazione dei defunti in Messico è inverosimilmente un’esplosione di vita che si manifesta come un’enorme parata carnevalesca lugubre e surreale, durante la quale si beve, si canta e si offrono doni ai defunti con i quali ci si ricongiunge allegramente. In aggiunta alla straordinaria partecipazione popolare, questo reportage ambisce a raccontare anche le diverse declinazioni dei festeggiamenti, come nel caso della capitale che diventa in quei giorni teatro di rivendicazioni politiche e sociali per le vittime di episodi di storia recente. Ne parliamo con Filippo Cristallo che recentemente ha pubblicato un libro che racconta, attraverso le immagini, questa importante ricorrenza messicana

Filippo Cristallo

Che cosa è il Día de Muertos in Messico?

La commemorazione dei defunti in Messico è un’esplosione di vita, un’enorme parata carnevalesca, durante la quale si beve, si canta e si offrono doni ai defunti con i quali ci si ricongiunge in allegria.
È un evento apparentemente apolitico, un’occasione comunitaria in cui le famiglie onorano i loro parenti defunti. Negli ultimi tempi, tuttavia, la festività ha assunto una sfumatura sempre più politica, collegando la celebrazione al Messico stesso e all’identità nazionale messicana. Il Giorno dei Morti ha contribuito a creare un’interpretazione del mondo in cui il Messico è unico, culturalmente delimitato e, soprattutto, diverso dalle due potenze che lo hanno dominato nel corso della sua storia: Spagna e Stati Uniti. Particolarmente importante è stata la reazione messicana ad Halloween. Halloween e il Giorno dei Morti, con ovvie origini storiche comuni, sono arrivati a simboleggiare tradizioni distinte a livello nazionale. La profonda penetrazione dei simboli di Halloween in Messico ha portato alla ribalta i sentimenti nazionalisti messicani, incarnati nelle campagne di difesa del Paese dall’imperialismo culturale statunitense.

© Filippo Cristallo

Nella pregevole introduzione al libro di Antonella Cappuccio leggiamo: «Il Día de Muertos, che si festeggia oggi è “un’invenzione meticcia relativamente recente, che riprende alcune tradizioni precolombiane e le fonde con quelle cattoliche”.» Il virgolettato nella citazione è di Pino Cacucci. Come hai conosciuto questa celebrazione e cosa ti ha colpito?

La conoscenza di questa celebrazione risale al periodo della mia permanenza in Messico. Mi ha colpito soprattutto la differenza tra le nostre celebrazioni e le loro.
Noi occidentali tendiamo a rifiutare il pensiero della morte cercando naturalmente di evitarla o di posticiparla il più possibile. Vediamo la morte come una perdita, una fine definitiva e irrevocabile. Sviluppiamo rituali funebri che cercano di celebrare la vita del defunto, con tono triste e luttuoso.
D’altra parte, i messicani hanno una concezione della morte che è molto diversa. Per i messicani, la morte non è vista come una fine definitiva, ma piuttosto come un passaggio da una vita a un’altra. Per loro è parte integrante del ciclo naturale della vita.

© Filippo Cristallo

Le foto che compongono questo reportage sono state scattate in un anno in particolare e in una città specifica, oppure derivano da più occasioni e luoghi diversi?

Sono state scattate nel 2013 e 2014 principalmente a Città del Messico e nei comuni di Toluca e Metepec.

È un lavoro inaspettato e inizialmente improvvisato, viceversa pensato e sviluppato su una precisa documentazione?

Si tratta in realtà di una sorta di estratto da un lavoro molto più ampio sulla società contemporanea messicana a cui lavoro da tempo. La quantità di scatti che ho realizzato in occasione di quella celebrazione mi ha convinto a costruire un ulteriore reportage sostenuto da opportuna documentazione bibliografica.

© Filippo Cristallo

C’è differenza tra la festa in centro e quella in periferia?

Nelle grandi città del centro del Messico, come nella capitale, la festa del Dia de Muertos viene celebrata in modo più elaborato e con maggiori risorse rispetto alle aree periferiche e rurali del paese. Le aree urbane, diventano teatro di sfilate, festival e esposizioni a tema: i musei e le gallerie organizzano mostre d’arte legate alla celebrazione.
D’altra parte, nelle aree periferiche, la celebrazione della festa del Dia de Muertos può essere più modesta e meno formale. Le famiglie creano i loro altari casalinghi e le comunità locali organizzano feste e processioni più modeste.

Le persone si sono fatte fotografare senza opporre resistenza o hai trovato talvolta delle difficoltà?

L’atmosfera festosa annulla ogni forma di diffidenza nei confronti del mezzo fotografico anzi ho notato un certo compiacimento ed orgoglio ad essere immortalati in quella circostanza.

In base alla tua esperienza, sei d’accordo con questa espressione: “En Mexico todos los dias son DIA DE MUERTE”?

La storia e l’attuale condizione sociale del Messico caratterizzata da una diffusa disuguaglianza economica, dalla corruzione e dalla violenza giustificano quella denuncia. Aggiungerei che tutti i giorni in Messico si verifica la morte morale e civile del paese.

Nello scatto stampato a doppia pagina, dove si intravedono le parole “Más de 100”, sembrerebbe che la festa è anche un’occasione per affrontare temi sociali e politici?

Come è già emerso dalla tua domanda precedente la festa viene utilizzata come un’occasione per affrontare e riflettere sui problemi sociali e politici del paese. In Tal senso vengono allestiti altari dedicati ai leader rivoluzionari e alle vittime della violenza come i desaparecidos e della droga.

La commemorazione dei defunti in Messico, ancora una volta con le parole di Antonella Cappuccio, è: «una sorta di variopinto carnevale fatto di danze e sfilate in costume, tappeti di petali arancioni di cempasutichl». Cosa ti ha spinto a raccontare questa festa in bianco e nero, sacrificando i colori?

La scelta del bianco e nero mi ha permesso di catturare in modo più essenziale ed elegante simbolicamente il contrasto tra la vita e la morte conferendo atemporalità alle immagini, e evocando una sensazione di tradizione e di continuità culturale, elementi essenziali della festa dei morti in Messico.
Mi sono comunque riservato di rendere onore al colore del fiore simbolo della festa con la copertina del libro.

© Filippo Cristallo

Nel luglio del 2020 sul nostro magazine avevamo pubblicato una selezione di questo lavoro, con una tua breve introduzione. Ci sono voluti altri tre anni per vederlo in un libro, ancora di più rispetto a quando è stato realizzato. Ci sono particolari motivi o è stata una scelta consapevole?

I tempi dilatati sono serviti ad acquisire una maggiore e migliore conoscenza dell’argomento trattato per poter costruire infine un fotolibro che necessita anche di una più matura e consapevole scelta delle immagini.

C’è una fotografia o un soggetto che per una particolare ragione non sei riuscito a scattare?

L’unico rimpianto che ho e comunque potrà essere sempre superato in futuro è di aver fotografato solo in luoghi pubblici e di non aver preso in considerazione gli ambienti privati che mi avrebbero permesso di esplorare l’aspetto più intimo e familiare della festa

Tra le diverse fotografie che compongono questo reportage, qual è quella a cui sei più legato in termini emotivi?

Quella che per ovvi motivi intitolerei donde esta? volantino diramato da un gruppo di giovani attivisti nel corso della celebrazione che rivendicavano la scomparsa di 43 studenti per mano dei narcotrafficanti e delle istituzioni messicane.

© Filippo Cristallo

Federico Emmi

Dimensioni: 23×30 cm
Formato: copertina flessibile filorefe
Pagine: 128
Fotografie: Filippo Cristallo
N° fotografie: 72 in bianco e nero
ISBN: 9791221453461
Testo: Antonella Cappuccio
Pubblicazione: 1 marzo 2023
Lingua: Italiano/Inglese
Prezzo: copertina euro 25,00
Editore: Self-publishing