1a Guerra Mondiale: tre soldati francesi sono accusati ingiustamente di diserzione. Il colonnello Dax cerca di salvarli ma i generali manipolano il sistema della giustizia militare per i propri scopi.
“Path of Glory” di Stanley Kubrick è un film che più di molti altri è contro la guerra. Per comprendere come questa cosa sia veritiera, c’è la censura operata da parte di alcuni importanti paesi: Francia, Svizzera e Spagna. L’esercito americano ne proibì addirittura la visione ai soldati. Non è un film dove i personaggi sono contrari alla guerra, questa è la sua forza, perché questa ci viene mostrata in tutta la sua insensatezza. Le scene mostrano come la guerra sia una cosa inumana.

Il film è collocato temporalmente durante la Prima Guerra Mondiale e seguiamo le vicende dell’esercito francese che cerca di conquistare le trincee tedesche. I generali muovono gli uomini sullo scacchiere del conflitto come pedine sacrificabili; quello che interessa loro è il potere e il tornaconto personale. Il film fu particolarmente osteggiato proprio perché individua nella gerarchia militare il colpevole della morte di milioni di persone. Privo di un’esplicita accusa verbale sostenuta da dialoghi, nel film sono le azioni a sostenere l’accusa. Infatti, nessuno all’interno del film scaglia una singola frase contro l’insensatezza e l’irrazionalità della guerra, gli uomini vengono mostrati come schiavi dei loro pensieri e delle loro supposizioni. Anche il “protagonista”, il Colonnello Dax, colui che dovrebbe essere l’eroe, fa parte del sistema. Nessuno si salva.
Kubrick non è un autore che scriveva i suoi soggetti, di norma erano adattamenti di romanzi. La caratteristica specifica del suo cinema, pertanto, è nel saper descrivere visivamente al meglio la vita e le coscienze delle persone. Questa capacità gli derivava dall’aver iniziato, giovanissimo, una straordinaria carriera di fotografo. Fu il più giovane fotografo della famosissima rivista “Look”.

Un esempio di questa sua capacità narrativa attraverso le immagini, possiamo constatarla e apprezzarla in queste fotografie scelte:

L’uso della prospettiva ci fa sembrare che la ragazza stia per caderci addosso. Il suo equilibrio è precario data la mole di libri. Anche lo sguardo ci aiuta a intensificare il senso di precarietà. La figura è in mezzo alla foto, ma tutto il resto ci dà l’impressione di essere fuori posto. Notevole anche l’uso della luce della finestra, un tipo di composizione che sarà ripresa anche nelle inquadrature cinematografiche.

Il pugile Rocky Graziano sembra essere quasi una statua greca. Il contrasto con il colore della parete sembra mettere ancora più in risalto la massa muscolare. La statua diventa una persona grazie allo sguardo, al guardare in macchina di Graziano. C’è un che di triste nello sguardo che rende quello che sarebbe stato un dio greco, un fragile umano.

La bellezza femminile ci viene mostrata in un modo per nulla banale. La intuiamo attraverso la scelta di mostrare e non mostrare. Moltissimi bravi registi bypassano la parola e descrivono la realtà con la sola immagine, come se tutti i loro film fossero un film muto. Kubrick utilizza la parola e la recitazione ma di fondo resta un genio fotografico prestato al cinema.
Questa sua capacità è osservabile in ogni singola inquadratura di “Paths of Glory; anche se non fu lui a fare il direttore della Fotografia (D.O.P) del suo film. Il regista e il Dop sono coloro che decidono la resa visiva di un film. Il regista di norma decide la composizione di una scena, mentre il Dop è responsabile delle luci sul set. In questo film il D.O.P fu il tedesco Georg Krause che aveva già girato decine di film. Il film venne infatti girato in Germania, precisamente in Baviera, perché allora il cambio Dollaro/Marco era molto favorevole.
Kubrick aveva uno storyboard (sequenza disegnata delle inquadrature) preciso:


Proprio perché era un fotografo prestato al cinema, non gli sarebbe bastato decidere solo la composizione dei soggetti, voleva stabilire anche la composizione di luci, ombre e molto altro ancora.

(foto del Direttore della Fotografia Georg Krause; sicuramente un eccentrico)
Kubrick in un’intervista disse: «È stato davvero molto interessante, perché il direttore della fotografia non parlava inglese e io non parlavo tedesco. È stato incredibile quante poche parole sono state le cose che abbiamo dovuto dirci, soltanto cose come “più luminoso” oppure “più buio”, per il resto nel film tutto è esattamente come lo volevo io».
La realizzazione fu abbastanza complicata, in alcune scene furono usate simultaneamente 6 macchine da presa su 5 dolly e una gru, tra queste c’è quella dei soldati francesi al Formicaio e la collina difesa dai tedeschi.


Guardando questa sequenza, ma il discorso vale per tutto il film, è possibile notare come non si veda mai il nemico. Non vediamo mai i tedeschi. Ci sono spari, esplosioni e morti. Ma nessun tedesco con il fucile. La ragione di questa scelta stilistica è che il vero nemico del film sono i Generali Francesi e non i soldati tedeschi che sono costretti a sparare ai loro omologhi francesi.
A rafforzare questo procedimento narrativo c’è anche l’utilizzo dell’obiettivo 18.5mm. Kubrick utilizzò il grandangolo per rendere ancora più opprimenti le stanze dei soldati in trincea. Nell’immagine seguente vediamo il Colonnello Dax mentre si sta vestendo. Il luogo è oppressivo. L’uscita è il punto di fuga. Alcune parti sono completamente nella tenebra.

L’immagine della stanza di Dax è in assoluto contrasto con i luoghi di soggiorno dei generali. Il luogo è arioso. Inondato di luce. L’unica cosa non mostrata è quello che ci viene nascosto dal paravento.

Sono due condizioni interiori ma non sono delle condizioni morali.
La trincea è un luogo di morte e disperazione, mentre il castello dei generali è il luogo di evasione e feste. Eppure, i generali anche vivendo nella luce, hanno dentro di loro l’ombra. Purtroppo, ci aspetteremmo che invece i soldati siano portatori di sentimenti positivi, ma anch’essi non sfuggono all’ombra della guerra che li corrompe. Ognuno mostra e rivela le sue piccolezze e bassezze.
La scena più famosa del film è il finale.
I soldati francesi, in una birreria, ascoltano cantare una ragazza tedesca che è stata catturata. All’inizio la trattano male, ma ascoltando la canzone incominciano a piangere. Ritornano a essere umani. Forse c’è qualche speranza per l’umanità.


Le comparse sembrano davvero colpite dalla canzone che racconta di un soldato innamorato. La domanda è come possono dei francesi capire il tedesco? La ragione è che le comparse utilizzate nel film erano chiaramente tedesche e quindi comprendevano benissimo la canzone d’amore che veniva cantata. Successivamente Kubrick affermò che il finale non gli piaceva, secondo la sua opinione un finale consolatorio e posticcio. Questa era una sua idea. A noi piace poter anche pensare che ci sia una punta di speranza per questi piccoli esseri che abitano questo piccolo pianeta sperso nell’universo.

Michele Vigorita