Il Minotauro e la bambina

In occasione della mostra personale dedicata a Pablo Picasso (Malaga 1881 – Mougins 1973), tenutasi a Parigi nel luglio del 1954, l’artista affermò che: «se tutte le tappe della mia vita si potessero rappresentare come punti su una mappa uniti tra loro da linee, il risultato finale sarebbe la figura del Minotauro». L’affermazione chiarisce e dà conto della costante presenza del mostro mitologico nelle opere di Picasso dal 1928 fino all’anno della sua morte; una presenza che assume le caratteristiche simboliche di un vero e proprio archetipo dell’inconscio collettivo, ovvero una figura che documenta la compresenza nell’uomo di humanitas e animalitas, ragione e istinto, e per estensione desiderio di pace e spinta alla violenza. La sensibilità dell’artista spagnolo seppe cogliere nella figura del Minotauro un contenuto individuale che si proietta all’esterno e si fa simbolo collettivo, un vero e proprio nodo psichico che, per essere sciolto, deve essere compreso nella sua intima profondità.

L’antico mito del Minotauro è di fatto la storia di quattro tradimenti. Il primo lo compie Minosse, re di Creta, quando si rifiuta di restituire tramite sacrificio il bellissimo toro bianco che Poseidone aveva donato al popolo cretese. Minosse nasconde il toro nelle sue stalle e al suo posto uccide un toro qualsiasi, senonché il Dio del mare se ne accorge e per vendetta fa sì che Pasifae, moglie di Minosse, s’innamori del toro e, grazie ad uno stratagemma ideato da Dedalo, si faccia ingravidare dallo stesso animale. Dunque il secondo tradimento è compiuto proprio da Pasifae che, da quell’amplesso, genera un uomo con la testa di toro, un Minotauro; Asterio è il suo nome e il suo destino sarà di vivere prigioniero in un labirinto intricatissimo dal quale è pressoché impossibile uscire. L’unica a conoscere la strada per arrivare da Asterio e poi tornare indietro è Arianna, figlia legittima di Minosse e Pasifae, dunque sorellastra del Minotauro. Il mito racconta che solamente Arianna era in grado di tranquillizzare il Minotauro, grazie alle sue dolci carezze, allorquando la rabbia del mostro si faceva sentire tramite grida spaventose per tutto il palazzo reale. Tuttavia anche Arianna consumerà il suo tradimento e lo farà a danno del fratello quando, innamoratasi di Teseo, aiuterà l’eroe greco a uccidere il Minotauro e a indicargli l’uscita dal labirinto grazie allo stratagemma del filo. Ma i tradimenti non finiscono qui perché anche Arianna sarà sedotta e abbandonata proprio da Teseo sull’isola di Nasso, là dove infine incontrerà Dioniso che, invaghitosi della bella fanciulla, la incoronerà in cielo creando per lei l’aurora boreale.

È interessante osservare come la concatenazione dei tradimenti del mito del Minotauro segua la legge karmica del principio di causa-effetto, secondo cui ogni nostra azione non è mai un fatto isolato ma si ripercuote coinvolgendo altre persone che attivano un vero e proprio effetto ‘domino’. Infatti Minosse tradisce Poseidone, ma a sua volta è tradito da sua moglie Pasifae, mentre Arianna tradisce suo fratello, il Minotauro, tuttavia anche lei viene tradita, sia pur dall’eroe greco Teseo. Non stupirà allora sapere che la radice etimologica della parola ‘tradimento’ deriva dal latino trado, che significa letteralmente “dare un qualcosa che passa da qualcuno a qualcun altro”, pertanto il traditor non è solamente colui che tradisce, e quindi passa da qualcuno a qualcun altro, ma per estensione è anche colui che trasferisce una conoscenza, ovvero chi impartisce una lezione. Dietro ogni tradimento si nasconde un insegnamento che dobbiamo imparare, altrimenti siamo destinati a subire gli effetti di una lezione non appresa che si rivelerà successivamente della stessa natura e con le stesse dinamiche di ciò che noi per primi abbiamo compiuto, proprio secondo la legge karmica della causa-effetto. Ciò che rifiutiamo di imparare ritorna nuovamente nelle nostre vite affinché possiamo prendere finalmente atto dei nostri errori e cambiare i nostri comportamenti e le nostre azioni. In questa direzione appare chiaro che il cuore dell’intera narrazione mitologica, il contenuto che dobbiamo comprendere in profondità si muove intorno alla figura del Minotauro, che è motore centrale della storia, nonché figura psichica legata all’intera catena dei tradimenti che accadono nel mito.

Asterio il Minotauro rappresenta la forza bestiale, la cieca volontà di affermazione e di sopravvivenza insite nella Natura e, per questo, necessariamente al di là del bene e del male. Egli non segue nessun fine né tornaconto personale, non desidera beni o piaceri come Minosse e Pasifae, né vuole gloria o un matrimonio come invece rincorrono Teseo e Arianna. Il Minotauro è puro istinto e naturalità, vive il bisogno, non ha sovrastrutture morali o sociali. Non a caso Dante lo colloca all’inferno a difesa del girone dei violenti, ovvero di coloro che peccarono per aver ceduto all’istinto brutale rifiutando l’azione moderatrice della ragione. E così anche per Picasso il Minotauro è immagine di istinto ferino, impulso legato al desiderio sessuale, alla parte più profonda e naturale dell’uomo; e infatti lo stesso artista ebbe a dire che «non si può andare contro la natura, essa è più forte dell’uomo, più forte! Ci conviene andare d’accordo con la natura». L’ammonimento è chiaro, se non consideriamo più il legame profondo che l’uomo ha conla Natura, se rompiamo l’alleanza che ci lega al mondo naturale, perseguendo unicamente il nostro egoismo e soddisfacimento personale, siamo diretti verso un destino triste e nefasto. Tuttavia è proprio Picasso a indicarci la strada e la modalità per ricollegarci alla nostra più intima essenza, e lo fa in una serie di disegni e dipinti dedicati al Minotauro che non viene più colto come personificazione dell’istinto feroce, bensì come la parte di noi stessi con cui ricongiungersi e in definitiva riconciliarsi. L’opera è stata eseguita nel 1934 in più versioni e con diverse tecniche grafico-pittoriche, s’intitola: “Minotauro cieco guidato da una bambina”.

Nel soggetto artistico il Minotauro è cieco, appare mansueto, spogliato della sua protervia e aggressività, segue con docilità una bambina che lo tiene per mano e che sembra conoscere la strada che dovranno percorrere insieme. Il ‘mostro’ ha in mano un bastone, elemento tipico dei non vedenti, si affida completamente alla bambina che lo guida prendendosi cura di lui. L’immagine colloca in rapporto asimmetrico i due personaggi poiché la fanciulla appare più forte e consapevole rispetto al Minotauro, che sembra finalmente pacificato rispetto al suo istinto bestiale. Se il Minotauro incarna l’archetipo della forza bruta e istintiva della Natura, la bambina assume invece i connotati di un’altra importante figura psichica che, ci ricorda Carl Gustav Jung, non rappresenta il simbolo dell’infanzia perché è «un’immagine appartenente all’intera umanità e non solo all’individuo (…) che ha il preciso compito di congiungere l’umano con il divino», nonché l’aspetto del conscio con quello dell’inconscio. Secondo Jung l’archetipo del bambino è molto potente e attivo nell’immaginario collettivo in quanto figura mediatrice tra la terra e il Cielo; il bambino è il salvatore, il guaritore, è presente nei miti di tantissime popolazioni come unificatore degli opposti, ma soprattutto come individuo dotato di poteri sovrumani, indispensabili per portare in salvo l’umanità e, proprio per questo, la sua figura compare frequentemente accanto ad un animale con cui ha un rapporto di unione profonda. Nell’iconografia mitologica Il bambino posto vicino ad una bestia assume la connotazione della relazione tra l’umanità e la natura, dell’alleanza mistica tra la terra e il cielo che sempre deve essere in equilibrio e in armonia. 

Dunque la bambina che tiene per mano il Minotauro racchiude un insegnamento importantissimo e di grande attualità, perché è sotto gli occhi di tutti la rottura dell’alleanza tra l’uomo e il creato. Da diversi anni a questa parte il mondo che abitiamo è sotto la grave incombenza di agenti distruttori: l’emergenza climatica, l’epidemia, la guerra con la conseguente carestia, infine il senso di morte che sembra incombere ovunque come uno spettro onnipresente. Il messaggio del Minotauro e della bambina deve essere letto come la necessità di ricollocare in equilibrio ciò che è dentro di noi con quello che è all’esterno, perché se è vero che la distruzione del nostro habitat è dato dalla cecità umana, è altresì vero che tale disequilibrio dipende dall’aver smarrito il senso del nostro appartenere alla terra. Condurre per mano il Minotauro significa che la Natura ‘dentro di noi’ deve tornare ad essere in equilibrio con il mondo ‘fuori di noi’; solamente se comprendiamo che la Natura è in crisi perché l’uomo è in crisi, solo se smettiamo di negare o peggio di incolpare qualcun altro degli sbagli che ciascuno di noi compie, solo allora potremo stringere una nuova alleanza con il Mondo che abitiamo. E allora è forse tempo per ripetere inseme la preghiera che Socrate fece a Pan (che personifica la naturalità della condizione umana), preghiera posta nel Fedro di Platone e che recita: «O caro Pan, e quanti altri dèi qui dimorate, fate che io sia bello di dentro, e quanto all’esterno che esso s’accordi con ciò che è nel mio interno. Che io ritenga ricco chi è sapiente e che di denaro ne possegga solo quanto non ne può prendere e portare altri che il saggio».

Rossano Baronciani