
Negli spazi espositivi dell’incantevole Monastero di Astino (BG), la Fondazione MIA ospita fino al 9 ottobre 2022 la mostra fotografica “Realismo infinito” di Giovanni Chiaramonte, uno dei principali autori che hanno ridefinito, in chiave poetica e concettuale, l’immagine del paesaggio contemporaneo.

Nato nel 1948 a Varese da genitori siciliani, Giovanni Chiaramonte inizia verso la fine degli anni Sessanta ad indagare il rapporto tra luogo e destino nella civiltà occidentale, e lo fa utilizzando il medium d’elezione, la fotografia. Questa ricerca si materializza nella mostra presso lo Studio Marconi di Milano nel marzo 1983 dal titolo “Paesaggio italiano” e di un capitolo nel volume “Giardini e paesaggi”. Sono questi eventi he segnano l’inizio di un percorso complesso e strutturato, ricco di felici intuizioni sulla realtà paesaggistica del nostro Paese.
Nel 1984 insieme a Luigi Ghirri, Guido Guidi, Gabriele Basilico e Mario Cresci, condivide l’importante esperienza di “Viaggio in Italia”, progetto che ha stabilito un punto di riferimento nel modo di rappresentare il paesaggio con la fotografia.

“Realismo infinito” conta ben cento fotografie di cui soltanto quarantacinque esposte, molte delle quali inedite, e realizzate tra il 1980 e i primi anni del 2000. Una raccolta preziosa che testimonia l’articolato lavoro di Chiaramonte intorno alla rappresentazione del paesaggio e della veduta urbana.
La poetica di Chiaramonte si compie con la frattura verso il paesaggio classico, abbandonando la veduta panoramica e ideale, in favore della ricerca di significati altri. In questo senso l’Italia ben si presta come soggetto perché sedimento di culture e civiltà e quindi capace di raccontare, nelle pieghe del proprio territorio, la storia dell’intero Occidente. Dice l’autore: “Il senso della mia opera è emerso lentamente, nel comprendere il modo e il nome in cui la labirintica complessità del paesaggio italiano dona forma a ogni sguardo che lo guarda“.

La fotografia di Chiaramonte va perciò oltre la dimensione del documento rifuggendo la riproduzione automatica della realtà, ed affidandosi ad un lavoro interpretativo, esperienziale e simbolico. Lo scopo ultimo è quello di svelare molteplici livelli di lettura delle immagini, oltre a quello di immediata fruizione. Di fondamentale importanza è l’esperienza del viaggio, vissuto come possibilità di abitare poeticamente il mondo e di rivelazione di sé stesso, poiché “il vero paesaggio – sembra suggerirci l’autore – siamo noi che lo attraversiamo” scrive Corrado Benigni.
Ed è sempre il curatore a delineare in modo preciso i connotati stilistici dell’autore: “L’immediatezza percettiva lascia il posto a un modo di pensare-immaginare il mondo nella sua durata e continuità. È il realismo infinito di cui parla lo stesso Chiaramonte definendo la propria cifra e offrendoci al contempo una chiave di lettura fondamentale del suo immaginario visivo. Questa felice espressione che dà il titolo a questa mostra – mette in luce la forza di verità delle sue immagini che sono si rappresentazioni di un luogo e di un momento specifico, ma non sono mai strette sull’evento nella sua attualità, non sono mai documento di quel luogo o di quell’avvenimento, sono piuttosto simboli, punti di partenza per andare oltre, per trasferire quelle immagini a un altro livello di lettura, di interpretazione”.

Inoltre, Chiaramonte sostiene che non esiste una realtà assoluta e determinata, e che la percezione dell’uomo e la natura circostante sono indivisibili. Per questo motivo individua un chiaro limite di rappresentazione della fotografia. A proposito di questo, scrive: “Sullo schermo di visione della mia camera ottica […] il reale mi è apparso sempre indeterminato e mai determinabile. Aver cercato di accogliere il reale nella sua totalità mi ha via via liberato da ogni possibile determinazione, mi ha generato all’arte della vita e mi ha spalancato la visione dell’esistenza che, impensata e impensabile, accade sempre nuova in noi e attorno a noi. Realismo è l’esperienza e la rappresentazione dell’infinito nel non determinato e nel non determinabile che è l’esistenza del mondo e dell’uomo nel suo essere evento, avvenimento, storia. Posso chiamare col nome di ‘realismo infinito’ il percorso della mia fotografia, perché l’atto in cui essa viene alla luce si genera in questa esperienza e con questa modalità di visione […] Il mondo dell’uomo nelle mie immagini si rivela come un piano senza fine immerso in una sorta di luminosa lontananza sospesa nel tempo. L’evidenza degli elementi in primo piano cerca di non invadere e non chiudere mai l’enigmatica ampiezza del campo visivo“.

Le fotografie di Chiaramonte stupiscono per la loro grande forza narrativa e per il magnetismo che obbliga lo sguardo ad andare a fondo, a tentare di leggere oltre la superficie.
Molte fotografie fanno uso della dimensione quadrata, originate da una macchina medio formato 6×6, grazie al quale il fotografo dirige con maestria lo spazio e le simmetrie delle sue visioni, con ordine e apparente semplicità, indagando però la stratificazione del paesaggio.
A volte utilizza delle cornici visive all’interno del fotogramma inducendo lo sguardo verso altri piani e verso altri significati. Lavora molto sulla luce e sull’ombra, elementi che contribuiscono a rendere enigmatiche e misteriose le sue visioni.

In occasione della mostra ( che è gratuita), è stato edito da Electa il prezioso volume “Giovanni Chiaramonte. Realismo infinito“, a cura di Corrado Benigni, con testi di Teju Cole e dello stesso Corrado Benigni.
https://www.fondazionemia.it/it/astino/eventi/giovanni-chiaramonte-realismo-infinito
Mirko Bonfanti