“Non c’era più nessunissimo motivo per alzarsi la mattina”.
Non certo l’incipit che ci si aspetta di leggere nella prima pagina di Leggermente fuori fuoco, il diario edito da ContrastoBooks delle memorie di guerra del leggendario Robert Capa. Lui, fotoreporter delle cinque guerre, uomo dell’avventura e delle storie d’amore travagliate, può davvero un mito come Robert Capa non avere più nessunissimo motivo per alzarsi la mattina? Ebbene sì, e se questa è la prima frase con cui ha inizio il suo libro diario, è anche l’ultima frase che lo chiude, come a disegnare un cerchio perfetto, come a tracciare un destino obbligato di cui lui stesso è l’artefice, volente e nolente.
I motivi che faranno alzare Capa dal letto ogni mattina, tra l’estate del 1942 e la primavera del 1945, sono da ricercare nelle 319 pagine che compongono il suo diario e che, in un alternarsi di racconti in prima persona, bizzarri e ironici aneddoti e fotografie esclusive, ripercorrono la partecipazione dell’autore come fotoreporter di guerra al secondo conflitto mondiale. Non si tratta però di un semplice diario: preceduto da una nota del fratello Cornell Capa e da un’introduzione di Richard Whelan, il racconto è una vera e propria testimonianza, raccontata attraverso la freschezza dello sguardo, la passione, l’ironia e lo spirito d’avventura di un uomo che sul campo non ha solo scattato, ma ha partecipato, conosciuto, sofferto e amato.
Infatti, quello che rende davvero unico questo libro è la figura dello stesso Capa. La sua capacità di immedesimarsi in quanti soffrivano in guerra ha fatto sì che i suoi racconti e le sue fotografie trasformassero istanti di cruda realtà in momenti di immortale umanità. Fin dalle prime pagine il lettore viene trasportato su navi da carico, campi di combattimento, aspre montagne, trincee inospitali e ospedali da guerra trasbordanti di feriti, dove le difficoltà e le avversità non solo sono all’ordine del giorno, ma sono gli unici avvenimenti possibili in una guerra tra stati. Tuttavia, le pagine del libro trasudano di umanità e di speranza. Un’umanità brutale che ci ricorda che nonostante la guerra l’uomo resta uomo, con i suoi vizi e le sue virtù, anche nelle situazioni più animalesche, più sporche e più difficili da sopportare; e una speranza disperata, che porta l’uomo a sperare nel miracolo della vita e della salvezza anche nelle situazioni dove la morte e la sconfitta sembrano imminenti.
Il tutto condito dall’incredibile stile di Robert Capa: un forte senso dell’umorismo e la tendenza a minimizzare il suo stesso coraggio. Caratteristiche essenziali, tanto nella vita quanto nel suo lavoro da fotografo, che in questo libro più che mai emergono in maniera lampante.
Iconici sono i racconti – e le fotografie – dell’esperienza vissuta in occasione dello sbarco in Normandia durante il D-day, durante il quale la maggior parte della flotta alleata, pur cosciente di andare verso morte certa, si è coraggiosamente sacrificata gettandosi in un mare di sangue. A proposito di questo avvenimento, Capa ha scritto: “La posta in gioco del corrispondente di guerra – la vita – è nelle sue mani, può puntarla su questo o su quel cavallo, oppure rimettersela in tasca all’ultimo minuto. Sono un giocatore di azzardo. Così decisi di unirmi alla Compagnia E nella prima ondata”.
Una citazione che tuttavia nasconde una grande sensibilità, come egli stesso ha affermato in una dichiarazione famosa: “Non è facile starsene sempre da una parte senza poter far nulla tranne registrare le sofferenze che vedi intorno a te”. Ed è anche per questo che, spaventato dalla violenza dello sbarco, Capa deciderà di ritirarsi per portare in salvo i rullini e sbarcare solo in un secondo momento, quando la situazione sarà più tranquilla.
Gettarsi con il paracadute, giocare e perdere a poker con i soldati, bere in trincea e nelle peggiori bettole dell’Europa, provare a non essere colpito da un cecchino mentre lo fotografa, saltare in aria su una granata insieme ad Ernest Hemingway, assistere i malati in un ospedale improvvisato in una chiesa in un paesino del sud Italia, sedurre belle donne. La vita di Robert Capa è la prova lampante delle difficoltà superate, delle sfide raccolte, di tutte le scommesse vinte. Nato privo di mezzi per viaggiare, capace di comunicare in una lingua che non serviva a nulla oltre i confini di un piccolo paese come l’Ungheria, riuscì non solo a conoscere il mondo, ma a farlo conoscere al mondo a lui contemporaneo e a tutti noi ancora oggi attraverso un mezzo di comunicazione universale: la fotografia.
Chiara Cagnan