Nel quinto e ultimo weekend del Festival della Fotografia Etica Enrico Ratto e Michele Neri hanno presentato il loro libro “L’Ultima Foto” (Le Immagini Ci Stanno Fottendo) edito da Seipersei.
“Sai che c’è Enrico? Non voglio più vedere immagini o fotografie di alcun tipo per mesi! Voglio entrare in una cecità fatta di cose da toccare, voci interiori da ascoltare. Ho bisogno di silenzio. Hai in mente Walden di Thoreau? Però oggi…”
“Scusa, non ho capito. Che cosa intendi? Vuoi smettere di guardare?”
Inizia così, ci svela Michele Neri nelle primissime pagine, questo dialogo tra amici e colleghi che si occupano da anni di fotografia da punti di vista differenti.
A differenza di Walden i due autori non accompagnano il lettore attraverso boschi, non ci forniscono istruzioni per costruire una capanna saturi degli obblighi imposti dalla società, ma ci offrono un dialogo esplorativo fatto di pause, ritorni, balzi in avanti per rispondere a una domanda: quale sarà il destino della fotografia?
Ci piace immaginare che questo dialogo sia davvero avvenuto davanti al mare, alla presenza silenziosa di una panchina, unica testimone o quasi ai tempi del Covid come raccontano gli autori.
I due, con un ulteriore e esplicito riferimento indossano velocemente anche i panni di novelli Bouvard e Pécuchet, i protagonisti del romanzo incompiuto di Flaubert che si incontrano appunto su una panchina.
La capanna di Thoreau e la panchina di Flaubert sono il promettente e incuriosente binomio di apertura di questa riflessione.
Proprio come aveva tratteggiato Flaubert allora, oggi facciamo i conti con una società in cui gli scambi sono diventati superficiali e ripetitivi, anche e attraverso i continui scroll e flussi di immagini.
Michele Neri avverte un urgente bisogno di solitudine, una solitudine non del corpo ma dello sguardo, un bisogno di chiudere gli occhi per sentire, toccare, udire. Non è volontà di fuga la sua, ma una proposta a tornare a guardare più in profondità, forse anche per vivere più profondamente.
“Non si tratta di fermare la marcia in avanti, solo avvisare di alcuni ostacoli, snodi, incroci che sono stati superati senza pensarci o disposti in modo da non essere visti dai più”.
Una reazione, dunque, al fatto che le immagini, fotografie non è termine bastevole a riassumere in sé tutte le diverse forme di stimolazione visiva, parlano, vivono, sentono al posto nostro.
La preoccupazione non è dunque per chi scatta, perché ci sono troppe immagini, ma per chi guarda perché ne guardiamo troppe e in maniera passiva.
Sono immagini “senza movente”, immagini che lanciano “risposte e non domande”.
Questa scelta è solo apparentemente radicale, è infatti una provocazione che vuole stimolare una presa di coscienza.
“Ok, ok ho capito Michele. Hai gli occhi stanchi. E cosa ti aiuterebbe a fidarti, che cosa ti convincerebbe a riaprirli?”
“Difficile dirlo. Forse aspetto il giorno in cui le immagini saranno fatte in modo corale. Non mi chiedere che cosa significhi. Lasciami prima chiudere gli occhi per guardare meglio.”
In un crescendo di riflessioni e punti di vista che si incrociano o si allontanano nasce in Enrico Ratto e nel lettore la curiosità su quale sarà l’ultima foto che farà riaprire gli occhi a Michele Neri.
Forse la prima di “una nuova fotografia”.

Gli autori:
Michele Neri (Milano, 1959) scrittore e giornalista per le pagine culturali delle principali testate italiane, ex direttore dell’Agenzia Grazia Neri, fondatore della comunità fotografica Makadam. Ha pubblicato il mémoire Scazzi (Mondadori), il saggio Photo Generation (Gallucci) e il romanzo Sospensione (Centauria).
Enrico Ratto (Genova, 1980) giornalista, scrive per Rivista Studio, Domus, Il Fotografo e altre testate in Italia e Francia. Dal 2015, per cinque anni, con il progetto “Maledetti Fotografi” ha intervistato e raccontato le storie di cento fotografi.
Editore: Seipersei
Valeria Valli