«Io voglio parlare a chi non sa, perché il mio obiettivo è farlo diventare un mio lettore, un mio amico.»
Una delle interviste più affascinanti che ho avuto il privilegio di realizzare risale all’aprile del 2013, quando ebbi l’opportunità di dialogare con Giulio Forti. L’intervista, poi pubblicata nel podcast numero 42 a maggio dello stesso anno, resta un ricordo indimenticabile. All’epoca, la nostra realtà non era ancora un periodico registrato né potevamo fregiarci del titolo di giornalisti. Ricordo bene come questa lacuna fosse tutt’altro che un buon biglietto da visita con un interlocutore del calibro di Giulio Forti: esigente, rigoroso e professionale. Non nascondeva il suo scetticismo verso realtà come la nostra, esclusivamente online, prive di credibilità istituzionale e facilmente paragonabili a chi, in quegli anni di grande fermento per la fotografia, ne faceva un mezzo per cercare visibilità – oggi diremmo youtuber o influencer.
Giulio Forti, allora direttore responsabile di Fotografia Reflex – una delle riviste di fotografia più prestigiose in Italia, conosciuta semplicemente come Reflex – incarnava l’eccellenza di un mondo editoriale strutturato e autorevole. Noi, al contrario, eravamo ancora in cerca di una direzione precisa, intenti a definire il nostro percorso e il nostro ruolo. Tuttavia, proprio nel periodo in cui Reflex annunciava la sua chiusura, noi avviavamo il processo per diventare un periodico legalmente registrato, intraprendendo anche il nostro percorso giornalistico.
L’intervista fu registrata con mezzi che oggi sembrerebbero arcaici: una versione a pagamento di Skype. Eppure, nonostante i limiti tecnici, quell’esperienza rappresentò un momento cruciale per la nostra crescita e per la definizione della nostra identità.
Recentemente, ho riascoltato quell’intervista, una registrazione che, nonostante le limitazioni tecniche del tempo, conserva un valore straordinario. I contenuti sono ancora oggi attuali e stimolanti, tanto che ho deciso di proporla nuovamente in podcast, questa volta con un parlato più fluido e un audio migliorato. La ripubblicazione, la cui trascrizione può anche essere letta di seguito, nasce da una riflessione amara: l’apparente disinteresse verso opere editoriali di alto livello, che rischiano di passare inosservate in un panorama in cui molti sembrano interessarsi solo alla fotografia, esclusivamente la propria, trascurando il valore storico e culturale che essa può offrire.
È in questo contesto che si inserisce il libro Nikon – Una storia giapponese, pubblicato dall’editore Artioli, frutto di un lavoro meticoloso durato ben quattro anni. Giulio Forti, infatti, è un autore noto per il rigore e la passione che contraddistinguono tutte le sue pubblicazioni, il volume pertanto non si limita a rendere omaggio a Nikon, ma racconta l’evoluzione dell’intera industria fotografica giapponese, tracciandone le radici dalla Restaurazione Meiji fino ai giorni nostri.
All’inizio del Novecento, il Giappone viveva un periodo di rapida modernizzazione, sospeso tra le ambizioni imperiali e il fermento culturale. In questo contesto, la fotografia iniziò a diffondersi, alimentando una passione che avrebbe presto incontrato il progresso tecnologico. La fondazione di Nippon Kogaku K.K. nel 1917 da parte del colosso Mitsubishi segnò un momento cruciale: l’azienda si specializzò inizialmente nella produzione di vetro ottico per microscopi, telescopi e obiettivi fotografici, ma il suo impatto andò ben oltre.
Durante la Seconda guerra mondiale, Nippon Kogaku divenne un pilastro per le forze armate giapponesi, producendo strumenti ottici essenziali per il conflitto. Tuttavia, con la fine della guerra e la sconfitta del Giappone, l’azienda, come il Paese stesso, dovette reinventarsi. Puntando sulla fotografia e sulla precisione tecnologica, Nippon Kogaku intraprese un percorso che l’avrebbe resa un leader globale con il nome di Nikon, un marchio sinonimo di eccellenza nel mondo fotografico.
Le 312 pagine, arricchite da illustrazioni suggestive, vanno ben oltre la semplice cronaca tecnica, perché Giulio Forti riesce con grande competenza a intrecciare la storia dell’azienda con i grandi eventi storici e sociali, mostrando come la tecnologia fotografica abbia influenzato e, al contempo, rispecchiato le trasformazioni della società. Dalla transizione epocale della pellicola al digitale, il libro offre uno sguardo profondo sui progressi che hanno rivoluzionato il modo di catturare le immagini e sul loro impatto su generazioni di fotografi: dai professionisti della moda e del fotogiornalismo, agli amanti della natura e agli appassionati dilettanti. Il libro è ricco di contenuti, non tralascia nulla, addirittura mostra la filmografia che elenca i film in cui le fotocamere Nikon sono apparse, oppure una bibliografia particolarmente estesa per ulteriori letture, la lista delle fotocamere Nikon che hanno rappresentato una “pietra miliare” nella storia dell’azienda, il glossario giapponese, il valore dello yen negli anni, insomma, non è stato tralasciato nulla.
Nikon – Una storia giapponese è un viaggio affascinante nel cuore della fotografia moderna, un’opera imperdibile per chiunque voglia comprendere non solo un’azienda, ma l’intera evoluzione di un’arte che ha saputo cambiare il modo in cui vediamo il mondo.
«Quello che è curioso dire è che passare al digitale per chi ha avuto esperienza con la pellicola analogica è stato molto facile, perché il digitale emula la fotografia analogica. Chi invece è nato proprio con il digitale si è trovato forse in difficoltà, perché il digitale, emulando la pellicola, richiama termini e logiche che uno non conosce»
Federico Emmi
312 pagine
Illustrazioni a colori e in b/n
Formato: dimensioni cm 19,5×24,6
Carta: patinata opaca
Rilegatura e copertina: brossura con alette
TESTO ITALIANO
ISBN: 978-88-7792-213-7
45€