Sabine Weiss. La poesia dell’instante è il titolo riuscito della retrospettiva, la più ampia fino a ora mai realizzata, dedicata alla straordinaria fotografa franco-svizzera Sabine Weiss, curata da Virginie Chardin, promossa dalla Fondazione di Venezia, realizzata da Marsilio Arte in collaborazione con Berggruen Institute, prodotta dallo studio Sabine Weiss di Parigi e da Laure Delloye-Augustins, con il sostegno di Jeu de Paume e del Festival internazionale Les Rencontres de la photographie d’Arles.
Inaugurata l’11 marzo, è possibile ammirare le oltre 200 fotografie esposte presso La Casa dei Tre Oci di Venezia, fino al 23 ottobre 2022, lungo un percorso suddiviso in 8 sezioni, che ripercorrono la carriera di Sabine Weiss, dagli esordi fino alla morte, avvenuta il 28 dicembre 2021 all’età di 97 anni, «mentre stava preparando con entusiasmo questa mostra».
Inizia a fotografare da bambina, già all’età di undici anni scatta le prime immagini, ma è a diciotto anni che decide di fare della fotografia una professione. Viene educata alla pratica fotografica presso lo studio Boissonnas di Ginevra, dove apprende la tecnica confrontandosi con tutti i generi e nelle diverse condizioni di luce, venendo istruita anche alla catalogazione dei negativi e al rapporto con i clienti. Al termine dell’apprendistato, durato tre anni, realizza il suo primo reportage nella città di Ginevra, dove fotografa i soldati americani in licenza. Nel 1946, quando si trasferisce a Parigi, è ancora Sabine Weber, qui comincia la sua vita di fotografa professionista, per quattro anni come assistente del fotografo di moda e ritrattista Willy Maywald, dopo di che, sposato l’amore che sarà della vita, Hugh Weiss, inizia la sua carriera, con il nome che il mondo imparerà a conoscere e ricordare: Sabine Weiss.
Come scrive la curatrice della retrospettiva Virginie Chardin: «Fin dai suoi primi esperimenti personali, Sabine Weiss è attratta dagli ambienti notturni, da bambini e anziani, i clochard, la solitudine, la povertà, lo spettacolo della strada. Indirizza subito la sua attenzione verso il corpo, i gesti, le emozioni e i sentimenti dell’altro, soprattutto quando è fragile.» Se per Henri Cartier-Bresson l’instante è decisivo, per Sabine Weiss è poetico, la fotografia parla, racconta, indica, stimola, d’altra parte «Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto [grassetto del redattore].» C’è pertanto una immedesimazione con il soggetto fotografato che va oltre la macchina fotografica, così forte da trasmettere quell’insieme di emozioni tipici della condizione umana. Ne è un emozionante esempio la copertina della retrospettiva e del catalogo, una fotografia scattata a New York nel 1955, Lost & Found, una bambina che si lascia andare tra le braccia di una donna che è pronta a prenderla, grazie alla complicità degli sguardi e dei sorrisi. Sono proprio le fotografie degli anni ’50 del Novecento il nucleo principale della rassegna, gli stessi che d’altra parte le permetteranno di ottenere il riconoscimento dovuto, a partire dall’ingresso nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau, fino alle pubblicazioni sui più importanti giornali del mondo. Il percorso è un lungo racconto dedicato alle persone, descritte nella loro condizione economica o professionale, con tutte le diverse sfumature emotive e psicologiche. Una donna, profondamente addolorata, che porta in braccio al Cimitero dei cani di Asnières in Francia il proprio Pepe; gli innamorati di Porte de Saint-Cloud, sempre a Parigi; il clochard di Place de Breteuil a Parigi; i bambini che giocano, oppure incatenati alla chiatta per non farli cadere, oppure sdentati, sporchi, sorridenti con la loro inconsapevolezza; il reportage in gran parte inedito a Dun-sur-Auron, nel dipartimento dello Cher, dove alcuni pazienti psichiatrici vengono ritratti in un ambiente familiare.
Una sezione del percorso è poi dedicata ai ritratti di pittori, scultori, attori e musicisti. Di particolare interesse le fotografie all’amica Annette Giacometti e a suo marito Alberto. Non mancano i ritratti di altre personalità come Robert Rauschenberg, Françoise Sagan, Romy Schneider, Ella Fitzgerald, Simone Signoret e Brigitte Bardot. C’è anche tanta America, raggiunta in nave nel 1955, con gli scatti realizzati a New York in quelle strade così piene di dettagli, dal Bronx ad Harlem, da Chinatown alla Ninth Avenue, pubblicati dal New York Times in un ampio servizio dal titolo “A Parisienne’s New Yorkers“.
A complemento della retrospettiva, il bel catalogo edito da Marsilio Editore, cartonato 23×28 cm con oltre 200 fotografie, la maggior parte delle quali in bianco e nero. Stampa pregevole, l’impaginazione rispetta l’approccio editoriale presente in altri volumi di tema analogo, quindi nelle prime pagine i due saggi introduttivi, quello della curatrice della mostra Virginie Chardin che ripercorre la vita e il lavoro di Sabine Weiss; quello del direttore artistico della Casa dei Tre Oci, Denis Curti, che propone un confronto tra la fotografia umanista francese e il neorealismo italiano. Successivamente, il viaggio nella carriera di Sabine Weiss attraverso le sue fotografie, dove è possibile apprezzare la sua poetica: «Non mi piacciono le cose sensazionali. Vorrei incorporare tutto in un istante, in modo che la condizione umana sia espressa nella sua sostanza minimale.» Infine, l’appendice che racchiude la biografia aggiornata della fotografa, accompagnata da illustrazioni di documenti storici e riviste, insieme a una selezione di mostre personali e collettive e un’accurata bibliografia dell’artista.
Federico Emmi