Veronique Charlotte – Il genere di gentilezza

Veronique Charlotte, direttrice artistica creativa, artista visiva, attivista sociale, fotografa.

Tra i suoi progetti Gender Project, non ci sono casting, ma volontari che aderiscono al progetto.

L’attenzione nel suo lavoro è rivolta al corpo immerso nell’ambiente sociale, la ricerca si snoda attraverso le connessioni che Veronique stabilisce incontrando chi partecipa al progetto accogliendone la storia, le storie, i sentimenti. Il mezzo è la fotografia.

Il corpo si spoglia anche metaforicamente, i piani si equivalgono – non c’è un più un fotografo e un soggetto – emerge la vulnerabilità di ogni partecipante che apre le porte all’inclusione. La strada è segnata dalla gentilezza e dalla sua rappresentazione.

La fluidità è la costante che tiene insieme. Affronta temi che hanno ancora bisogno di essere discussi e condivisi; tentando di riassumerne l’essenza si potrebbe dire che fisicamente, in maniera diretta e incondizionata, spogliandosi di ogni preconcetto ci si apre con empatia ad accogliere l’altro, a comprendere il singolo e la società.

L’incontro fisico che dà vita a questo progetto produce una testimonianza altrettanto concreta nelle esposizioni che ne conseguono: nasce da un dialogo faccia a faccia, da una discussione e arriva una condivisione altrettanto reale.

Gender Project - © Veronique Charlotte
Gender Project – © Veronique Charlotte

Benvenuta. La prima cosa, fra molte, che ha suscitato il mio interesse è il tuo nome. Richiama un cortometraggio di Jean-Luc Godard, “Charlotte et Véronique ou Tous les garçon s’appellent Patrick”; quella congiunzione racchiude un titolo alternativo, qual è il tuo titolo alternativo? Cosa ti lega al film di Godard?

La prima volta che vidi “Charlot et Véronique” avevo forse 18 anni, il cortometraggio è tratto da una sceneggiatura di Rohmer che Godard modificò ampiamente, rimasi colpita da questo balletto di mancate seduzioni fra un intraprendente bugiardo e due amiche.

Questo film fu pionieristico, introdusse quel movimento cinematografico che in seguito fu comunemente riconosciuto come “Nouvelle Vague” e si fece megafono di un’intera generazione di cineasti in tutto il mondo.

Mi innamorai della fotografia e di queste danze che i protagonisti inconsapevolmente intraprendono fra loro. C’è un’abbondanza psicologica tra i personaggi, macchinosa, ma moderna. Il mio titolo alternativo, tratto anch’esso da una citazione del film, è sicuramente: «Don’t kill yourself let’s have a drink!»

Sono una persona molto ironica, ogni tanto la vita ha bisogno di essere alleggerita, non è necessario affrontare tematiche difficili in chiave rassegnata o negativa, bisogna trovare e parlare di più dei lieti fini. Questo non vuol dire dimenticarsi dei problemi o non affrontarli, tutt’altro. Voglio dare luce anche e soprattutto alle vittorie raggiunte, ispirare generazioni alle quali è stato mostrato solo il lato difficile della vita.

Gender Project - © Veronique Charlotte
Gender Project – © Veronique Charlotte

Tra i tuoi progetti, Gender Project. Mille storie raccontate attraverso cento ritratti realizzati in dieci capitali mondiali. Nell’uno che completa la sequenza io ci vedo l’unicità di ognuno di noi, tu?

“We are one, but we are also one another ” io ci vedo questo.

Gender Project - © Veronique Charlotte
Gender Project – © Veronique Charlotte

Qual è il sentimento che ti ha mosso ad intraprendere questo progetto? Vorresti raccontarci la sua genesi?

L’uso trascendente e tutte le forme di dualità: (Veronique et Charlotte? Ah! Ah!). Essere indipendente, qualitativamente al di là dei vari sistemi di dualismo e del loro stato di esistenza a livello concettuale, questo sicuramente.

La transdualità esiste a livelli più alti, al di sopra e al di là delle opposizioni binarie e dei sistemi di duello, scarnire dall’influenza dei concetti binari, cercare di ottenere così il controllo sugli stessi concetti binari del dualismo attraverso storie vere, persone reali che si rendono vulnerabili e portavoce di tantissime altre.

Il dualismo yin – yang può essere superato. Con sufficiente illuminazione possiamo dare sostanza a qualsiasi distinzione: mente senza corpo, nord senza sud, piacere senza dolore. L’illuminazione è una funzione della forza di volontà, non della forza fisica.

Gender Project - © Veronique Charlotte
Gender Project – © Veronique Charlotte

Un’altra cosa che mi ha colpito è stata la tua affermazione in una intervista rilasciata a Milano Pride nella quale dichiari di non essere una fotografa. Qual è il tuo rapporto con la fotografia?

Credo che nessun fotografo sia solo un fotografo.

Per me la macchina fotografica è un mezzo, come la penna per uno scrittore e il microfono per un cantante, abbiamo questo istinto di semplificare le cose, dietro all’opera di qualunque artista c’è ricerca, dedizione, paura, tanto tanto lavoro, errori, incazzature, stupore, sogni e chi più ne ha più ne “senta in sé”

L’arte è un mezzo potentissimo; gli artisti hanno un compito e contemporaneamente una responsabilità, verso sé stessi e verso il loro pubblico, il rapporto con la fotografia non è più un rapporto ma una scelta di vita.

Gender Project - © Veronique Charlotte
Gender Project – © Veronique Charlotte

Quali scelte hai affrontato nel realizzare i ritratti, intendo la scelta di avere o meno un’ambientazione, le luci, la scelta dell’obiettivo? Quali esigenze hanno originato queste decisioni?

Vivevo a Londra, lavoravo per un magazine di moda e non guadagno abbastanza per potermi permettere uno studio o luci costose; la mia motivazione non aveva bisogno di attrezzature stellari o di spazi prestabiliti, ma di persone, di tanta pazienza e tantissime notti insonni.

Sai, prima di arrivare alla scelta avevo un obiettivo e un fortissimo spirito DIY. Il Primo Gender Project è stato completamente scattato nel salotto di casa mia; come sfondo una tenda comprata in un charity shop, uno stand che la mantenesse grazie a tre morsetti e una soft box di seconda mano. Tutt’ora il mio set up è rimasto identico. Non scatto in studi fotografici, ogni volta che mi sposto di città in città cerco degli appartamenti che diventano il mio studio. Le tematiche che affronto con le persone che fotografo non sono sempre facili e da qui nasce l’importanza di uno spazio sicuro e di un ambiente confortevole, è essenziale. Le esperienze ci aiutano a definire, a trovare le scelte giuste. Mi sono affidata al mio obiettivo e la scelta è arrivata con naturalezza, senza pretese.

Gender Project - © Veronique Charlotte
Gender Project – © Veronique Charlotte

Gender Project ha già toccato due città, Londra e Milano. La terza, Berlino, è in arrivo. Cosa accomuna queste città? E quali invece sono le differenze? Possiamo avere qualche anticipazione?

Ho vissuto in queste tre città, e ancora oggi mi divido un po’ tra loro, ho voluto conoscerle più a fondo per intraprendere il lungo percorso di Gender Project. Avevo bisogno di capire le dinamiche di ogni luogo e le difficoltà. Sarei potuta partire dall’ America, ma questo progetto è un viaggio lungo fatto di 10 capitali e 1000 persone, iniziare da ciò che si conosce meglio aiuta a crescere e a migliorare, trasforma gli errori in consapevolezza, amplia la mia crescita e la sicurezza personale.

Le città sono, sotto il profilo geopolitico diverse, hanno influenze diverse, ma anche tantissimi aspetti simili.

Ognuna di queste città rappresenta un porto per tante persone che si muovono alla ricerca di qualcosa in più. Come tutte le grandi capitali si tratta di città bellissime, ma contemporaneamente anche difficili. In ogni grande città, in mezzo ad ogni centro del mondo c’è anche l’occhio del ciclone, basta un attimo, una distrazione, una scelta che non voglio definire sbagliata, ma a volte inconsapevole per essere risucchiati all’interno del vuoto; di contro, la crescita personale che intraprendi in queste grandi città assomiglia al tirarsi fuori da quelle scelte inconsapevoli, aiuta a diventare la versione più vera di te, abbatte i limiti e gli stereotipi sociali, diventa possibile, se necessario, andare contro tutto e tutti, aiuta a crescere e capire cosa ti porta fin qui. Potrei scrivere un libro sulle scelte inconsapevoli, chissà magari un domani.

Cos’è per Veronique Charlotte il pregiudizio? E la libertà?

Il Pregiudizio è il più stupido dei limiti.

La libertà una delle conquiste più difficili.

https://www.gender-project.com/

Matteo Rinaldi