Vieni nei miei sogni

Nella tradizione della cultura occidentale il sogno è stato spesso inteso come un luogo che esisteva al di fuori della persona che sognava, uno spazio nel quale era possibile vedere fatti accadere o incontrare chi non c’era più e che tornava in sogno per poter parlare ancora con i vivi; non a caso un sinonimo di fantasma è proprio revenant, ovvero colui che torna. Nell’antichità il sogno era il luogo nel quale appariva il doppio fantomatico evocato dagli dèi a immagine di un essere reale. «Questo doppio – scrive Jean-Pierre Vernant – (…) capace di sfuggire alla distruzione cui soggiace necessariamente il corpo, dorme quando le membra corporee sono in attività; si sveglia quando il corpo è addormentato e si manifesta sotto forma di sogni, rivelandoci la sorte che ci attende nell’altro mondo». Anche la tradizione biblica riprende la stessa idea di sogno; se pensiamo a Giacobbe, a Giuseppe o ad altri personaggi che sognarono angeli messaggeri di eventi futuri o di verità rivelate dalla divinità, oppure se consideriamo le visitazioni oniriche apparse ai mistici e ai santi, allora ci renderemo conto che quelle visioni non erano considerate come semplici fantasie dell’immaginazione, ma vere e proprie presenze, entità che entravano e abitavano i nostri sogni.

Nell’Iliade è Patroclo ad apparire in sogno ad Achille, annunciandogli la sorte avversa e la morte che incontrerà sul campo di battaglia della guerra di Troia. Nel poema omerico leggiamo: «Ed ecco a lui venne l’anima del misero Patroclo»; l’anima venne, come se l’ombra, una volta giunta davanti ad Achille, dovesse poi entrare nel sogno dell’eroe greco per poter parlare con lui; e solamente lì, all’interno di quello spazio onirico, potesse poi proferire quelle parole che solo gli amanti sanno pronunciare: «Tu dormi, Achille, e ti scordi di me:/ mai, quand’ero vivo mi trascuravi, ma ora che son morto mi trascuri». Un tenero rimprovero che ci ricorda che la morte non scioglie i legami d’amore, meno che mai li dimentica, perché di certo possiamo continuare a vivere, ma chi abbiamo amato intensamente rimane sempre con noi. Ed è per questo che Patroclo visita il sogno di Achille, perché insieme al suo dolce rimprovero ha un messaggio importantissimo da comunicargli, gli chiede un’ultima preghiera: che una sola urna possa contenere i loro corpi dopo la morte così che, come furono vicini in vita, possano continuare a stare insieme anche nell’aldilà; e infatti la richiesta di Patroclo è di «non seppellire, oh Achille, le mie ossa separate dalle tue». Nel Decameron di Boccaccio è invece Lisabetta che in sogno vede l’amato Lorenzo mentrele indica, piangendo, dove è stato sepolto il suo corpo, ucciso dai fratelli della bella messinese; ma nel sogno Lorenzo implora anche di non essere più chiamato né atteso in quello spazio di condivisione onirica dove Lisabetta continuava a invocare il suo amante. «O Lisabetta, – supplica Lorenzo – non fai altro che chiamarmi e ti rattristi per il mio lungo ritardo, e con le tue lacrime duramente mi accusi. Perciò sappi che io non posso più tornare, perché l’ultimo giorno che mi hai visto i tuoi fratelli mi hanno assassinato».

È stato solo con L’interpretazione dei sogni di Freud del 1899 che il sogno è diventato una specie di chiave d’accesso per entrare nella nostra vita inconscia, trasformandosi così da luogo a linguaggio, da spazio metafisico a grammatica dell’inconscio. Secondo Freud nel sogno compaiono i simboli del rimosso, che vanno a costituire una fitta rete di segni che descrivono e narrano, pur nascondendo e camuffando, le nostre verità nascoste e i desideri inappagati. Eppure, nel fascino della narrazione freudiana, non ci si è resi conto fino in fondo di aver cancellato il sogno inteso come un luogo privilegiato, di aver perduto una zona dove avvenivano e si verificano ancora, incontri importanti con persone amate, episodi carichi di gioia e di dolore che non solo ci descrivono, ma che avvengono in uno spazio di condivisione tra il mondo terreno e ultraterreno. Il sogno lega ancora il corpo con lo spirito, il flusso vitale della nostra corporeità con il destino della nostra anima.

Il sogno è un ambiente, ancor prima di essere narrazione. E come ogni ambiente ha misure e aree, non è il luogo di tutte le possibilità o peggio dell’impossibile, perché anche per i sogni valgono regole e forme che poi s’infrangono al momento del risveglio. Che il sogno sia il luogo dei fantasmi degli incontri passati lo si intuisce bene nel film Eternal sunshine of the spotless mind (2004) di Michel Gondry, in cui il protagonista dopo aver chiesto che gli venisse cancellata la memoria per superare una storia d’amore finita male, nel momento della rimozione dei ricordi cerca di nascondere nei meandri più segreti della sua mente le memorie della persona amata. Nel film la macchina che cancella i ricordi funziona mentre il protagonista dorme, così che il sogno finisce col diventare il palcoscenico della nostra vita passata, là dove le persone che abbiamo amato ritornano e dove è possibile rileggere quello che è stato sotto una nuova luce, dimostrando così che se è vero che spesso viviamo dentro i nostri sogni, nessuno può sapere davvero di quale sostanza essi siano fatti.