Poco più di un mese fa siamo stati colpiti dalla terribile notizia dell’assassinio dell’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, insieme al carabiniere che lo scortava ed al suo autista. Sui quotidiani e i settimanali italiani sono perciò riapparsi reportage e articoli riguardanti questo grande paese africano.
La Fondazione Carmignac, che nel 2009 ha creato il Carmignac Photojournalism Award per supportare i fotografi sul campo, nella sua undicesima edizione ha attribuito il prix Carmignac du Photojournalisme proprio ad un progetto relativo alla Repubblica Democratica del Congo.
Il progetto nasce dal fotografo canadese Finbarr O’Reilly. Canon Ambassador, vincitore di innumerevoli premi foto e videogiornalistici come l’Emmy Award o il World Press Photo, da più di venti anni si dedica a reportage nelle zone di guerra o di emergenza umanitaria.
O’Reilly ha vissuto per dodici anni nell’Africa occidentale e centrale e si è occupato dei conflitti in Congo, Chad, Sudan, Afghanistan, Libia, Gaza.
Iniziata la sua attività di reporting in Congo nel Gennaio del 2020, a causa dello scoppiare della pandemia da Covid19 il fotografo ha dovuto ripensare l’intero progetto, imprimendo ad esso in realtà una svolta virtuosa nonostante l’evento negativo da cui scaturiva. Invece dell’abbandono dei suoi obiettivi, O’Reilly decide di coinvolgere nel reportage fotografi locali, del Congo. Ne è nato un progetto dalle caratteristiche particolari; innanzitutto si tratta di un lavoro collettivo; in secondo luogo è visibile online in tempo reale e l’aggiornamento è costante e continuo (è possibile iscriversi alla newsletter settimanale), ma soprattutto ha coinvolto fotografi del posto.
Siamo abituati a vedere immagini dall’Africa grazie ai reportage di fotografi europei o americani che si avventurano nel continente per raccontarci la cultura e i drammi di una terra sconfinata, ma è di altro impatto osservare le foto di uomini e donne (spesso giovanissimi) che lì sono nati, lì vivono.





Oltre a tutte quanto il progetto ci racconta, questa operazione ha una rilevanza perché invita a due tipi di riflessione.
La prima riguarda il concetto di rappresentazione dell’Altro. È sempre lecito che a raccontarci una terra, un popolo, una cultura siano fotografi che provengono da altre nazioni? Al riguardo vi consigliamo la lettura del libro “Decolonising the Camera: Photography in Racial Time”, che indaga proprio sulla rappresentazione eurocentrica di eredità colonialista.

La seconda, strettamente legata alla prima, riguarda invece il concetto che abbiamo dell’Africa tutta. Anni fa lessi il libro di Gianni Biondillo che mi attrasse per il titolo: “L’Africa non esiste”. L’autore ci invitava alla lettura del suo saggio per raccontarci che il continente non è “una cosa sola”, ma un insieme di culture ed etnie diverse che in realtà spesso superficialmente noi occidentali riconduciamo alla parola unica “Africa”: «Un luogo comune più che un luogo geografico, che non significa nulla, ed evoca vaghe immagini: miseria e denutrizione, guerra e violenza o al limite, nei casi più felici, danze e folklore».

Dando voce ai fotografi sul posto, Finbarr O’Reilly non solo ci ricorda che esiste una vasta produzione fotografica in Congo, ma ci invita anche alla visione della rappresentazione del Paese proprio attraverso il loro sguardo.

I reportage del progetto collettivo sono consultabili sia filtrati per tema (l’accesso all’acqua potabile, la salute, l’ambiente, l’estrazione mineraria, ecc. ), sia per autore.
Di seguito l’elenco dei fotografi congolesi coinvolti, con i link alle loro pagine web o, più facilmente, alle loro pagine Instagram: Arlette Bashizi ,Bernadette Vivuya, Chary Kasereka, Dieudonne Dirole, Guerchom Ndebo, Guylain Balume, Justin Makangara, Ley Uwera, Moses Sawasawa, Pamela Tulizo, Raissa Karama Rwizibuka.
Per conoscere invece i lavori inseriti nel progetto si può consultare la pagina Congo in Conversation.
Nel Novembre del 2020 è stato pubblicata anche una monografia contenente trentacinque reportage di quindici fotografi, nel corso dei 6 mesi precedenti e introdotta da Mark Sealy di cui vi abbiamo parlato pocanzi. Il libro è acquistabile sul sito della Reliefs Edition.
L’Africa esiste, ed anche i fotografi africani.
Luisa Raimondi