Walter Leoni: un papà con la testa tra le nuvole

Molto spesso la fotografia e l’arte ci mostrano la sofferenza e abbiamo fisiologicamente bisogno di “staccare” e rilassarci, divertirci, svagarci. Vogliamo quindi proporvi “Cresci piano, pensa a me” di Walter Leoni, un fumetto divertentissimo che vi farà ridere ma anche riflettere su quanto la nostra vita, anche quella casalinga e famigliare, per quanto problematica, possa essere vista e vissuta con più leggerezza.

Leoni è un superbo disegnatore, con un tratto semplice e diretto, bello da vedersi, e in questo fumetto narra le sue avventure e disavventure famigliari quotidiane, usando alcune volte la citazione (mai in modo banale) e spesso inventando. Vi consigliamo la lettura; ancor di più se siete dei papà.

Abbiamo intervistato Walter Leoni per voi:

Quali sono i tuoi artisti di riferimento per “Cresci piano, pensa a me” e come influenzano il tuo stile e le tue scelte?

Sono da sempre un lettore di strisce a fumetti. Sono cresciuto in compagnia di Peanuts, Calvin&Hobbes, Lupo Alberto, Sturmtruppen, Wizard of Id… ma tra tutte credo che la striscia che più ho amato sia Mafalda di Quino. Ho ricevuto l’integrale in regalo quando avevo 8 anni e mi ha fatto compagnia per tutta l’infanzia. Ho letto e riletto quelle strisce mille volte ed è probabilmente così che ho imparato, senza accorgermene, ritmo e tempistiche comiche della formula striscia. In epoca più recente il mio modo di lavorare è stato molto influenzato da Leo Ortolani e dal suo Rat-Man e da quel genio che si chiamava Tuono Pettinato, che, per quanto più giovane di me, è sempre stato una fonte di ispirazione per gusto, delicatezza ed efferata dolcezza. 

Ci sono state tavole che hai scartato? Se sì, potresti raccontarci di una in particolare e spiegare perché l’hai eliminata?

Io realizzo strisce autobiografiche; nascono da cose che mi accadono e parlano di persone che esistono nella realtà. Devo perciò assicurarmi che le cose che scrivo e disegno siano rispettose di quelle persone, non le mettano in imbarazzo e non tradiscano il loro carattere. Non sono personaggi di fantasia ai quali posso far fare qualsiasi cosa. E poi sono l’ultimo di una lunga serie di autori che hanno realizzato strisce con protagonisti bambini e genitori e anche di quello devo tener conto. Avrei una vasta aneddotica sulla lotta quotidiana di mio figlio con la bicicletta, sua acerrima e irriducibile nemica, ma è una dinamica comica che non posso utilizzare, perché risulterebbe troppo simile a quella di Calvin nelle strisce di Watterson.  

Quali sono le tre tavole che ti piacciono di più e perché?

Mi piacciono molto le tavole che appartengono alla serie dei “rubanasini”, perché mi hanno dato l’occasione di ampliare il respiro delle mie strisce e di farne l’espediente per raccontare una storia secondo me divertentissima con altri personaggi e un altro protagonista.

Inoltre adoro le strisce dove compaiono i disegni di mio figlio, perché è bello fare i fumetti insieme.  

C’è qualche sfida particolare che hai affrontato nel creare una tavola?

Leoni: Il ritmo delle strisce è serrato. A volte lo spazio è poco per tutto quello che vuoi dire. È un gran divertimento, ma anche un’enorme fatica cercare di far stare tutto dentro la gabbia. A me piace che nelle mie strisce ci siano tante altre cose oltre alla gag principale: caratterizzazioni linguistiche, inside joke, citazioni ecc. Lotto con ogni singola vignetta per infilarci dentro più che posso e questo spesso a scapito dell’immediatezza. Io non voglio rinunciare a niente e questa incontinenza che poteva rivelarsi un difetto insopportabile, a lungo andare è diventata un tratto distintivo del mio stile.

Hai mai sperimentato un blocco creativo su una tavola specifica? Come sei riuscito a superarlo e qual è stato il risultato finale?

Leoni: Dal punto di vista creativo non conosco blocchi. Sono un fiume in piena di idee che mi perseguitano finché non le metto su carta. Ma come disegnatore non sono altrettanto capace né veloce. Mi vengono in mente gag che hanno bisogno di essere veicolate da un disegno più complesso e lì faccio fatica. E allora le alterno a strisce più semplici da realizzare dal punto di vista grafico per prendermi il tempo necessario per far correre e sudare la mano. 

Data la natura biografica e familiare di questo tuo fumetto: Come reagiscono tua moglie e tuo figlio ai tuoi fumetti?

Come accennavo poc’anzi sono un “demiurgo sovranità limitata”. Tutto quello che realizzo deve ottenere l’approvazione dei miei familiari. Fortunatamente entrambi hanno il senso dell’umorismo; mio figlio in particolare è un lettore attento e partecipe e ha da subito avuto chiaro che si gioca in bilico tra realtà e finzione. Entrambi si divertono. Continuerò fino a quando fino a quando continuerà a essere divertente per tutti e tre.   

La realtà ha mai superato la fantasia nelle tue storie? Puoi condividere un esempio?

Capita spesso, ma la cosa che mi sorprende di più è quando la realtà viene dopo la storia che ho immaginato. Mi spiego: a volte invento gag che non sono davvero accadute nella realtà, ma che sono plausibili, immaginando la mia reazione e quella dei miei familiari in quelle circostanze. Avviene spesso che tali circostanze poi si presentino realmente e la mia reazione, quella di mia moglie e di mio figlio è esattamente quella che avevo immaginato. E mi ritrovo a dire: ma io questa cosa l’ho disegnata! Si chiamano strisce autoavveranti: è un grande potere che però non so gestire ancora con pieno controllo.

Quali messaggi speri di trasmettere ai lettori attraverso “Cresci piano, pensa a me!”? C’è qualche tema che volevi esplorare ma non sei riuscito a inserire?

Una cosa banale: fare il genitore è spaventoso e bellissimo. Ma è più bello che spaventoso, più divertente che spaventoso, più gratificante che spaventoso. Sono consapevole di essere una persona fortunata e questo fumetto è il mio modo per celebrare in modo spudorato il culo che ho. 

Ci sono argomenti che non sono ancora riuscito a inserire, ma la mia vita va avanti e le mie strisce continuano ad inseguirla.     

Tu sei molto attivo sui social media. Come ti senti quando vedi le reazioni dei lettori al tuo lavoro?

Le strisce nascono originariamente per una fruizione quotidiana. In Italia non siamo mai stati abituati a un tipo di consuetudine di quel tipo. I social hanno fornito a noi autori la possibilità di ripristinare quel tipo di frequentazione giornaliera con i lettori fatta di complicità, familiarità, intimità che altrimenti sarebbe impossibile. Non è tutto rosa e fiori, sui social, si sa, ma nel mio caso ho un pubblico attento, affettuoso e partecipe. Correggono refusi, contestano scelte, suggeriscono battute e condividono le loro esperienze personali. Questo rapporto è gratificante e anche molto fruttuoso dal punto di vista creativo.  

Pensi che potresti stancarti di narrare questa storia in futuro?

Immagino che prima o poi mi stancherò di parlare di me e della mia vita, anche il narcisismo ha un limite. Ho sempre desiderato disegnare strisce a fumetti, ma non immaginavo davvero che ne sarei stato io il protagonista. Ho sempre detestato l’autoreferenzialità nelle opere d’immaginazione e mi trovo a fare quanto di più autoreferenziale è possibile: una cronaca fumettistica della mia quotidianità. E non è che io sia un pirata o un avventuriero interstellare. Io per lo più sto seduto.  

Quali sono i tuoi progetti futuri dopo “Cresci piano, pensa a me”?

Le strisce continuano, su Linus e sui social. Uscirà a breve un mio fumetto per la rivista di divulgazione scientifica a fumetti Comics&Science e ho un bel numero di progetti in cantiere. Appena avrò un po’ di tempo mi dedicherò a ideare un progetto fumettistico che mi renda, oltre che molto molto soddisfatto, anche schifosamente ricco. Non so ancora di cosa si tratterà. Appena avrò un po’ di tempo, ci penserò. Giuro.

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