Shoji Ueda (1913-2000) è stato uno dei più interessanti protagonisti della fotografia giapponese del XX secolo, noto per il suo stile inconfondibile, che fondeva surrealismo, modernismo e un’intima connessione con il paesaggio. Nato nella prefettura di Tottori, una regione rurale e tranquilla, Ueda si avvicinò alla fotografia in giovane età, ispirato dai movimenti artistici europei e profondamente influenzato dalla cultura visiva giapponese.
Gran parte della sua produzione è legata al paesaggio delle dune di sabbia di Tottori, divenute uno scenario emblematico per le sue composizioni oniriche. Tra i suoi scatti più noti figurano quelli al collega Domon Ken, realizzati verso la fine degli anni ’40. In questo luogo, nella sua città, Ueda creava immagini che sembravano sospese nel tempo, dove figure umane – spesso membri della sua famiglia o amici – venivano posizionate in modo geometrico e quasi teatrale, come attori su un palcoscenico naturale. Queste figure, isolate o raggruppate, sembravano fluttuare in uno spazio vuoto, creando un effetto visivo surreale che mescolava realtà e fantasia. Ueda era maestro nell’uso della prospettiva e del gioco delle proporzioni, rendendo le sue composizioni esperienze visive intriganti, ricche di significati nascosti. Sebbene influenzato dal surrealismo europeo, la sua arte rimase sempre radicata nell’estetica giapponese. Le sue immagini trasmettono un senso di quiete contemplativa, un silenzio che risuona nella semplicità e nell’equilibrio delle sue composizioni. Ueda sapeva bilanciare il rigore formale con un tocco di ironia, creando opere che evocano al tempo stesso mistero e leggerezza.

La carriera di Ueda decollò negli anni ’30, quando iniziò a esporre in importanti mostre fotografiche in Giappone, e negli anni ’50 il suo lavoro cominciò a essere riconosciuto anche a livello internazionale. Nonostante la fama, rimase profondamente legato alla sua terra natale e alla sua visione artistica intimista. Non cercava la mondanità, preferendo una ricerca fotografica personale e riflessiva, lasciando un segno indelebile nell’arte fotografica.

Tra le sue opere più intime spicca An Album: The Everlasting Story, un libro fotografico creato utilizzando i negativi ritrovati dalla sua famiglia dopo la sua morte. Le fotografie, scattate tra il 1935 e il 1950, hanno come protagonista sua moglie, che sposò quando lei aveva solo 19 anni. Una delle immagini di questo album è stata scelta da Adelphi come copertina per L’attesa, il quinto romanzo di Matsumoto Seichō, pubblicato nel 2024. In quest’opera, Seichō, soprannominato il “Simenon giapponese”, si allontana ancora una volta dal genere poliziesco tradizionale, come già avvenuto con La ragazza del Kyūshū e Il posto tranquillo.
L’attesa è un romanzo dal ritmo lento, ma capace di mantenere vivo l’interesse del lettore, con un ultimo breve capitolo che risolve la tensione in modo inaspettato, confermando ancora una volta Seichō come maestro della narrazione. Il piano di Isako, la protagonista, è quello di liberarsi entro tre anni del marito anziano, Nobuhiro, l’uomo che con le sue invenzioni ha garantito il successo della S. Optics, per impadronirsi del suo patrimonio. Isako avrebbe avuto tutto il tempo per perseguire le sue ambizioni con calma, ma la fragilità cardiaca di Nobuhiro la costringe da un lato ad accelerare il suo piano e, dall’altro, le offre l’opportunità di manipolare il marito e ottenere un testamento a lei favorevole, escludendo le figlie avute dal precedente matrimonio.
Isako è una donna molto bella e altrettanto libera dal punto di vista sessuale, con un’unica vera aspirazione: accumulare ricchezza. Non le risulta difficile persuadere gli uomini a soddisfare i suoi desideri: dal marito, al giovane amante Kanji, fino all’ex amante Shiotsuki, nipote di un influente esponente del Partito conservatore, di cui sfrutta le relazioni. Per Isako, gli uomini, tutti gli uomini, non sono altro che pedine sacrificabili. Quando Kanji viene accusato dell’omicidio della sua convivente, Isako, per non essere coinvolta, non esita a chiedere all’avvocato Saeki, ingaggiato grazie all’aiuto di Shiotsuki, di farlo condannare. E anche Saeki non riesce a resistere al fascino di Isako. Il finale è tutto da scoprire.
Come si suol dire, l’apparenza inganna. In una società che predilige la donna realizzata sul piano familiare, moglie e madre, cosa accade quando questa “consuetudine” viene messa in discussione, contraddetta paradossalmente dalle stesse esigenze di un uomo anziano, brillante sì, ma incapace di adempiere ai suoi doveri coniugali? Matsumoto Seichō è abilissimo nel tratteggiare profili femminili di grande spessore. La sua capacità di esplorare le complessità dell’animo femminile, le ambizioni e le lotte di donne come Isako o Kiriko – che il pubblico italiano ha conosciuto con La ragazza del Kyūshū – offre una visione profonda e necessaria del ruolo della donna in un contesto patriarcale.
Ne L’attesa, Isako sembra inizialmente una donna dalle aspirazioni egoistiche e poco nobili, ma in realtà rappresenta una femminilità audace e strategica. La sua ambizione di liberarsi del marito e appropriarsi del suo patrimonio non è solo un desiderio di indipendenza economica, ma una critica alle dinamiche di potere che regolano le relazioni. Bella e seducente, Isako si muove con abilità nel mondo degli affari, sfruttando la fragilità del marito e manipolando le rigide norme sociali per accelerare il suo piano.
La sua libertà sessuale è un’espressione autentica della sua volontà di affermazione e un rifiuto delle convenzioni che la vorrebbero relegata a un ruolo secondario. Persuadere uomini come Kanji e Shiotsuki diventa per lei un gioco strategico, dove tutti sono sacrificabili in nome della sua ambizione. In un certo senso, Isako incarna la lotta per la libertà.
Federico Emmi
Matsumoto Seichō
L’attesa
Traduzione di Gala Maria Follaco
Fabula, 404
2024, pp. 299
isbn: 9788845938993
€ 19,00