Halsman, nato a Riga nel 1906, incarna la figura dell’artista immigrato che ha plasmato la cultura visiva e la ritrattistica fotografica del XX secolo. La sua storia è un viaggio attraverso l’Europa devastata dalla guerra fino al Nuovo Mondo, dove la sua visione unica e il suo ingegno creativo hanno trovato terreno fertile per fiorire.
La mostra, curata da Alessandra Mauro in collaborazione con l’Archivio Halsman di New York, ripercorre questo viaggio attraverso 100 immagini che rivelano come l’esperienza di sradicamento e adattamento di Halsman abbia influenzato profondamente la sua arte. Dalle prime opere realizzate a Parigi negli anni ’30, dove iniziò la sua carriera come rifugiato dalla Lettonia, fino ai suoi celebri ritratti di celebrità americane, ogni fotografia è testimonianza di un occhio acuto e di una mente brillante che ha saputo trascendere i confini culturali e le barriere linguistiche, mostrando quanto la Fotografia sia un linguaggio universale.
L’esposizione di Palazzo Reale, in precedenza a Roma, ci mostra come Halsman abbia utilizzato la fotografia non solo come mezzo di espressione artistica, ma anche come strumento per comprendere e interpretare la sua nuova realtà. I suoi ritratti di personalità come Albert Einstein, anch’egli un rifugiato che aiutò Halsman a ottenere il visto per gli Stati Uniti, rivelano una profonda empatia e una capacità unica di catturare l’essenza dei suoi soggetti.
La sezione dedicata alla famosa “jumpology” di Halsman è particolarmente rivelatrice. Questa tecnica, che consisteva nel fotografare i soggetti mentre saltavano, può essere vista come una metafora del suo approccio alla vita e all’arte: un salto nell’ignoto, un momento di libertà dalle convenzioni e dalle pose studiate. Famose le foto di “jump” con Marilyn Monroe di cui Halsman colse subito l’essenza e la dualità: “Marilyn was history’s most phenomenal love goddess.” (“Marilyn è stata la più fenomenale dea dell’amore della storia”.) ma anche “It is difficult for me to write about Marilyn because her beauty struck me less than her inferiority complex.” (È difficile per me scrivere di Marilyn perché la sua bellezza mi ha colpito meno del suo complesso di inferiorità.”) E forse riuscì a renderla, facendola saltare, meno sex-symbol e più una bella donna felice.

La collaborazione di Halsman con Salvador Dalí, altro espatriato in America, occupa un posto speciale nella mostra. Le loro creazioni surrealiste non sono solo esercizi di virtuosismo tecnico, ma rappresentano anche l’incontro di due menti creative che hanno saputo trasformare il senso di dislocamento in arte rivoluzionaria. “Almeno una volta all’anno ci incontravamo per giocare a un gioco esilarante: creare immagini che non esistono, se non nella nostra immaginazione. Ogni volta che avevo bisogno di un soggetto straordinario per una delle mie pazze idee, Dalì si metteva gentilmente a mia disposizione. Ogni volta che Dalì immaginava una fotografia così strana da sembrare impossibile da realizzare, io trovavo una soluzione per realizzarla” disse Halsman. Fu una collaborazione della durata di 37 anni con foto che rimangono nella storia della fotografia.

Questa foto ha ispirato il poster del bellissimo film “The Silence of the Lambs” (1991)di Jonathan Demme

La foto più bella della mostra è “Dalí Atomicus”: una foto con Dalí jumpante (che salta), una secchiata d’acqua, 3 gatti volanti, sedie sospese e un quadro famoso. La foto è ispirata al quadro di Dalí “Leda Atomica”; presente nel dipinto. Una foto che per essere realizzata ha avuto bisogno di ben 26 prove; soprattutto il problema era correre dietro ai gatti e recuperarli.
Non lo mettiamo per non rovinarvi l’emozione nel vederlo.
Ciò che emerge con forza da questa retrospettiva è come Halsman abbia utilizzato la sua prospettiva di outsider per reinventare il ritratto fotografico. La sua capacità di vedere oltre le apparenze, di catturare l’umanità dei suoi soggetti al di là del loro status di celebrità, è il risultato di una vita passata a osservare e adattarsi a nuove culture e ambienti.
La mostra, inoltre, non si limita a celebrare i successi di Halsman, ma offre anche uno sguardo intimo sul suo processo creativo. I provini a contatto e gli schizzi preparatori rivelano la meticolosità del suo approccio e la costante ricerca di nuove forme espressive. Questi elementi ci ricordano che dietro ogni immagine iconica c’è un lavoro instancabile e una mente sempre in movimento.
“Philippe Halsman. Lampo di genio” è più di una semplice retrospettiva fotografica. È un’esplorazione di come la prima macchina fotografica sia la mente del fotografo e quanto l’avvicinarsi in maniera empatica, gioiosa e giocosa al soggetto da fotografare riesca a far catturare a fotografa la vera essenza o almeno una foto che sarà ricordata. Uscendo da Palazzo Reale, ci si sente ispirati non solo dal talento di Halsman, ma anche dalla sua resistenza e dalla sua capacità di trasformare le sfide in opportunità creative.
Informazioni sulla mostra:
- Titolo: PHILIPPE HALSMAN. LAMPO DI GENIO
- Date: 15 GIU – 1 SET 2024
- Luogo: PALAZZO REALE, MILANO
- Sito web: https://www.palazzorealemilano.it/mostre/lampo-di-genio