“Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete abbastanza vicino.”
Robert Capa
Endre Erno Friedmann (prenderà più tardi il nome di Robert Capa) nasce il 22 ottobre 1913 a Budapest da una famiglia della borghesia ungherese. I genitori sono proprietari di una sartoria di moda.
Comincia ad avvicinarsi alla fotografia fin da giovanissimo, passione che coltiverà per tutta la vita. A soli 17 anni viene arrestato per aver preso parte a delle attività organizzate dagli studenti di sinistra contro il regime pseudofascista dell’ammiraglio Horthy. Capa trascorrerà solo una notte in prigione: grazie all’intervento della famiglia verrà rilasciato, a condizione che lasci il paese.
Si trasferisce dunque a Berlino, dove comincia a studiare giornalismo presso la Deutsche Hochschule für Politik. Dopo poco tempo le possibilità economiche della famiglia, che da Budapest mantiene il ragazzo, crollano improvvisamente e Endre è costretto a trovare un lavoro. Ed ecco come comincia la sua carriera fotografica: Simon Guttmann, suo connazionale e proprietario dell’agenzia fotografica Dephot, gli offre un impiego come fattorino. Realizza il primo servizio nel 1932 a Copenhagen, in Danimarca, dove il suo compito è quello di documentare una conferenza tenuta da Lev Trotskij.

Ma nel 1933 non c’è più spazio per lui in Germania: in quell’anno Hitler diventa infatti Cancelliere del Reich. Robert Capa si trasferisce a Parigi. Qui la vita gli è decisamente favorevole, e gli incontri che farà saranno propizi per la sua carriera: conosce Henri Cartier-Bresson, David Seymour e Gerda Taro, ed altri personaggi che saranno preziosi per la fondazione dell’agenzia Magnum Photos. Prende inoltre parte alla nascita dell’agenzia Alliance Photo, diretta da Maria Eisner.
È soprattutto con Gerda Taro che stringe un rapporto di complicità lavorativa e personale: i due si avventurano in Spagna, dove documentano la guerra civile. Mentre Gerda perde la vita in un incidente automobilistico a seguito della battaglia di Brunete, le fotografie di Capa sono pubblicate su importanti riviste internazionali come Vu, Regards, Ce Sir, Weekly Illustrated, Picture Post e Life.
Nel 1938 si reca in Cina per documentare la guerra Cino-giapponese insieme al regista Joris Ivens. A seguito di questo servizio, la rivista Picture Post lo celebra sulle sue pagine, definendolo “il più grande fotografo di guerra del mondo”.
Di ritorno dall’Asia, nel 1939, è impegnato a documentare l’esilio dei repubblicani spagnoli e i campi di concentramento nel Sud della Francia. Immediatamente dopo, si sposta tra Italia e Francia per fotografare la Seconda Guerra Mondiale come corrispondente di Life.
“Non è sempre facile stare in disparte e non essere in grado di fare nulla, se non registrare le sofferenze che stanno intorno.”
Robert Capa
Nel 1944 le sue celebri foto dello sbarco in Normandia fanno il giro del mondo, tanto da riconoscergli la Medal of Freedom da parte dell’esercito americano. Poco dopo, fonda a New York l’agenzia Magnum Photos con gli amici (e colleghi) Henri-Cartier Bresson, George Rodger e David “Chim” Seymour. Pubblica quindi la sua autobiografia Slightly Out of Focus (Leggermente fuori fuoco) dedicata agli anni della guerra.
Gli anni seguenti li trascorre tra Russia, dove si reca con John Steinbeck per un lungo reportage, e Israele, dove documenta la formazione del nascente stato.
Il suo ultimo viaggio lo porta a Thai Binh, in Indocina, per documentare la guerra in Vietnam. In questo luogo muore, il 25 maggio del 1954, saltando su una mina mentre realizza un servizio per Life. Dopo la sua morte, l’esercito francese gli conferisce la “Croix de Guerre”.
Tutti gli scatti di Robert Capa ci consentono di esplorare le ferite del Novecento. Il fotografo americano con radici ungheresi, ha descritto la guerra di Spagna, gli sbarchi in Italia e in Francia, la liberazione di Parigi, il crollo del Reich come i conflitti della Guerra Fredda in Estremo Oriente.
Ovunque il suo obiettivo cerca l’attimo che esalta la differenza tra libertà e tirannia.
“Robert Capa è il simbolo in cui, a un certo punto della storia, si materializzò una nuova figura dell’immaginario moderno: il fotoreporter, eroe della visione, occhio delegato della società, testimone che afferra il presente nel preciso momento che diventa storia.”
Michele Smargiassi
Chiara Cagnan