Matsumoto Seichō – Tokyo Express

Werner Bischof appartiene indiscutibilmente alla generazione dei grandi maestri della fotografia, gli stessi e le stesse che hanno scritto la parte più bella di questa storia, consegnando alle generazioni successive “istanti” di un tempo irripetibile. Tuttavia, a dispetto della sua bravura e dal 1949 dello status di membro dell’agenzia Magnum, fondata solo due anni prima, non ha ancora goduto presso il grande pubblico della stessa notorietà dei suoi illustri colleghi. Inspiegabilmente, le retrospettive a lui dedicate sono decisamente poche e diradate nel tempo, se confrontate con quelle dedicate a Robert Capa, nonostante entrambi condividano la stessa bravura e la stessa sensibilità, addirittura lo stesso tragico destino: morirono improvvisamente nello stesso anno, il 1954, a distanza di nove giorni l’uno dall’altro. Spunti per creare il mito non ne mancano, a partire da quella che viene considerata il suo ultimo scatto, intimo e poetico: il bambino che suona il flauto.

I felt compelled to venture forth and explore the true face of the world. Leading a satisfying life of plenty had blinded many of us to the immense hardships beyond our borders.1

Con queste parole si apre il breve profilo biografico che Magnum Photos dedica a Werner Bischof, dalle quali è facile apprezzare e capire la grande umanità di questo uomo che decide di allontanarsi dalla fotografia commerciale, preferendo raccontare storie più drammatiche, ma più vere, più “umane”. Tra i suoi tanti reportage, il più noto è Japan, pubblicato postumo e che gli permise di essere il primo vincitore del Prix Nadar, l’anno successivo vinse Fulvio Roiter con il reportage Ombrie. Terre de Saint-François.2

Proprio durante il suo soggiorno in Giappone, all’inizio degli anni’50 del secolo scorso, realizzò anche una serie di scatti a una ventenne studentessa di moda, Michiko Jinuma, piena di vita e di aspettative, sorridente e curiosa, a soli pochi anni dal drammatico epilogo della Seconda guerra mondiale.

Tokyo Express” è il primo romanzo giallo del prolifico scrittore giapponese Matsumoto Seichō, pubblicato per la prima volta nel 1958. Adelphi lo ha scelto per iniziare la pubblicazione dell’opera di Seicho in Italia, iniziata nel 2018 con il numero 318 della collana Fabula, successivamente nel 2020 in quella economica “Gli Adelphi”, traduzione di Gala Maria Follaco. In entrambe le edizioni sono state scelte due fotografie di Werner Bischof di Michiko Jinuma, rispetto alle quali, mi sento di dire che quella della prima edizione è più evocativa e bene si adatta alla trama di questo giallo.

La storia ruota attorno al misterioso suicidio di due amanti trovati morti su una spiaggia remota, nel sud del Giappone, non ci sarebbe motivo di indagare.

Era così evidente che si trattava di un suicidio d’amore che sui volti degli agenti aleggiava un senso di delusione”. 

Eppure, c’è qualcosa, piccoli indizi che lasciano dubbioso l’ispettore Torigai che ha preso in carico il caso e che gli consentono di iniziare una piccola e breve indagine che confermi l’ipotesi iniziale di suicidio. Tuttavia, ben presto, a seguire la vicenda arriva l’ispettore Mihara della polizia di Tokyo, uno dei due suicidi era infatti un funzionario del Ministero e sulla base delle indicazioni del collega Torigai, inizia a sospettare che ci sia qualcosa di più. Le sue indagini lo portano lungo tutto il Giappone per capire cosa è successo, dove i protagonisti sono: i treni, non quelli ad alta velocità, il primo arriverà con i giochi della diciottesima olimpiade, quella del 1964; ma soprattutto gli orari. 

La scrittura è scorrevole, chiara, precisa e la vicenda mantiene alta la tensione fino all’ultima pagina. I personaggi, le ambientazioni tante e diverse, rendono questo romanzo un capolavoro da leggere assolutamente. Lo è anche per il ritratto affascinante che Matsumoto Seicho fa del Giappone, tutto il Giappone, nelle sue dinamiche di potere, di divisione dei ruoli, delle sue tradizioni, reso più suggestivo perché percorso su treni faticosamente non ancora veloci, tutt’altro:
Il suo treno, l’Unzen, partiva alle sei e due minuti:
«A che ora è previsto l’arrivo a Tokyo?»
«Alle tre e quaranta di domani pomeriggio»”

Il lento e obbligato procedere, di stazione in stazione, da sud a nord, Ten To Sen per l’appunto, Punti e Linee del titolo originale, induce a un totale abbandono a pensieri, riflessioni e suggestioni, stimolati dal paesaggio silenzioso che scorre oltre il vetro. La foto della giovane Michiko Jinuma scattata da Werner Bischoff risale proprio al periodo in cui si svolge la vicenda di Tokyo Express, catturando perfettamente l’atmosfera di quel tempo ormai lontano.

Il libro è pubblicato da Adelphi ed è possibile acquistarlo a questo link

  1. https://www.magnumphotos.com/photographer/werner-bischof/ ↩︎
  2. https://magazine.discorsifotografici.it/fulvio-roiter-umbria-una-storia-damore ↩︎