“L’operazione fotografica”. La fotografia di Ugo Mulas, fra arte, concetto e ricerca.

La mostra

Palazzo Reale di Milano ha proposto una straordinaria retrospettiva dedicata a Ugo Mulas, uno dei fotografi più importanti del XX secolo, capace di esplorare e raccontare il mondo dell’arte e della cultura con uno sguardo peculiare ed unico. La mostra celebra l’eredità di Mulas e presenta una selezione di immagini iconiche che spaziano dal ritratto alla fotografia documentaria, passando per le sue celebri serie sull’arte e sul mondo della pittura. Con uno stile che mescola rigore e creatività, Mulas ha saputo immortalare i grandi protagonisti dell’arte contemporanea, come Lucio Fontana, Alberto Burri e Carlo Carrà, offrendo al pubblico un accesso privilegiato al loro processo creativo. Un’occasione imperdibile per riscoprire l’arte della fotografia come strumento di indagine e interpretazione del mondo.

Promossa da Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte in collaborazione
con l’Archivio Ugo Mulas, con il sostegno di Deloitte e il patrocinio di Fondazione Deloitte,
l’esposizione è curata da Denis Curti, Direttore de Le Stanze della Fotografia a Venezia, e Alberto
Salvadori, Direttore dell’Archivio Ugo Mulas.

La mostra di Ugo Mulas “L’operazione fotografica“, il cui titolo trae ispirazione da una delle più importanti opere appartenente al più ampio progetto “Le verifiche“, si divide in sezioni che si snodano in un percorso tematico. Il teatro, la moda, i ritratti, i protagonisti della pop art americana, intellettuali, architetti e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, si susseguono nelle oltre 300 immagini, documenti, libri e filmati. La mostra si compone prevalentemente di stampe vintage, vale a dire stampe originali realizzate direttamente da Ugo Mulas e dal suo stampatore di fiducia e conta moltissimi inediti, soprattutto nella sezione dedicata a Milano. E solo questo varrebbe una visita.

Ugo Mulas_Scenografia per Woyzeck_1969

Inoltre, Marsilio Arte e il Comune di Milano presentano “Ugo Mulas in città“, un’iniziativa che celebra il profondo legame tra il celebre fotografo e il capoluogo lombardo. Diverse istituzioni culturali milanesi ospitano opere di Mulas, strettamente connesse alla loro storia e alla loro identità. La Pinacoteca di Brera, Palazzo Citterio, il Museo del Novecento, Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, il Museo Poldi Pezzoli e la Fondazione Marconi aprono le loro porte a questa iniziativa diffusa, offrendo al pubblico un’occasione unica per riscoprire il lavoro di Mulas attraverso un percorso inedito. Questa iniziativa parallela, si propone di raccontare e celebrare i luoghi e le istituzioni che hanno segnato la produzione e la carriera del fotografo, evidenziando il suo intimo rapporto con Milano. Un omaggio alla città e al suo straordinario interprete, che ha saputo catturarne l’essenza con il suo obiettivo.

Gli inizi

Ugo Mulas (Pozzolengo, 28 agosto 1928 – Milano, 2 marzo 1973) è stato un fotografo italiano di straordinaria importanza, mai davvero abbastanza celebrato, la cui opera trascende i generi tradizionali, abbracciando il reportage, il ritratto, la moda, il nudo, l’arte e l’indagine concettuale sulla fotografia stessa. La sua traiettoria artistica è segnata da una profonda riflessione sul mezzo fotografico, sul ruolo del fotografo e sul rapporto tra realtà, immagine e percezione.

Ugo Mulas_Bar Jamaica_Milano_1953-1954

Si avvicina alla fotografia per caso, mentre studia giurisprudenza e frequenta il caffè Giamaica a Milano, luogo d’incontro per artisti. Dalle sue stesse parole:

«… Un lavoro che ho cominciato per caso. Ero uno studente, bivaccavo in quella specie di caffè che era allora il Giamaica, una latteria dove si riunivano dei pittori. Qualcuno mi ha prestato una vecchia macchina e mi ha detto: “Un centesimo e undici al sole, un venticinquesimo cinque – sei all’ombra”. Ed io, con un’enorme diffidenza, ho preso in mano questa macchina.»

Senza una formazione formale nella fotografia, impara perciò sul campo, sempre con grande curiosità, riflessione ed umiltà. Il confronto e le discussioni con altri fotografi e artisti al Giamaica contribuiscono alla sua crescita. Già in questa primissima parte della sua carriera di fotografo si percepisce una particolare inclinazione per il ritratto. Elio Grazioli nel suo “Ugo Mulas” ( Bruno Mondadori, 2010), individua bene questa fase: “A sfogliare le fotografie tuttavia, dicevamo, qualcos’altro anche più delle tematiche neorealiste balza all’occhio, sembra piuttosto che Mulas sia già attento, anzi vorace, nel cogliere piccoli gesti più significativi della fotografia che dell’ambiente, metaforici dell’atto e dello statuto della fotografia più che realistici e descrittivi“.

Ugo Mulas_Piero Manzoni_Bar Jamaica_Milano_1953-1954

La luce è un elemento fondamentale nell’opera di Mulas. Molte delle sue fotografie sono caratterizzate da un’attenzione particolare a questo elemento. Di nuovo Grazioli: “Per Mulas il mistero della fotografia è subito prima di tutto la luce, il fenomeno luminoso che d’origine all’immagine fotografica. Ogni volta che qualcuno accende un fiammifero, si accende una sigaretta, usa il fuoco, è lì pronto a scattare e sembra non volersene perdere una.”

L’approccio alla fotografia

Per comprendere a fondo la statura di fotografo e uomo Ugo Mulas è utile riepilogare alcuni concetti legati al suo modo di intendere la fotografia.

Intanto Mulas definisce esso stesso un “fotografo totale”, che ha guardato il mondo, se stesso, e gli altri con lo stesso spirito di ricerca e curiosità. Un soggetto che non si limita a una singola specializzazione, ma abbraccia la complessità del mondo con uno sguardo interessato e indagatore, utilizzando la fotografia come strumento di conoscenza e di espressione personale. Questo concetto si manifesta pienamente nella sua opera, capace di trasformare la fotografia in un’esperienza di vita e di arte a tutto tondo.

Ugo Mulas_Sala di Michelangelo Pistoletto_Vitalità del negativo nell’arte italiana_Palazzo delle Esposizioni_Roma_1970

Inoltre, si oppone alla “brama per l’immagine rara, eccezionale“, preferendo concentrarsi sul quotidiano. Critica e sfida da lontano il concetto bressoniano del momento decisivo, preferendo concentrarsi sugli attimi ordinari, che si ripetono.

Io rifiuto questa idea o teoria dell’attimo fuggitivo, perché penso che tutti gli attimi sono fuggitivi e in un certo senso uno valga l’altro, anzi il momento meno significativo forse è proprio quello eccezionale“.

Per proseguire, la sua fotografia di reportage non punta alla mera documentazione, ma vuole aggiungere significato, aiutare a comprendere il soggetto o il testo. Mulas non cerca il pittoresco o l’esotico, preferendo focalizzarsi su ciò che è quotidiano e che spesso non vediamo. Apprezza la fotografia quando non usa trucchetti o abilità esibite, per «non abusare per confondere il gioco della realtà, delle cose, della vita»”.

Le Verifiche

Nel panorama della fotografia contemporanea, poche opere hanno affrontato la natura del mezzo fotografico con la stessa intensità concettuale delle Verifiche di Ugo Mulas. A partire dal 1970, l’artista intraprende un viaggio di auto-riflessione e sperimentazione, esplorando i fondamenti stessi della fotografia. La serie di opere, che apre di fatto la mostra, diventa così un’analisi approfondita degli elementi costitutivi della fotografia, vista non più come semplice strumento di documentazione, ma come una pratica artistica da de-costruire e comprendere nelle sue singole componenti.

Foto_Giorgio Galimberti_02

Mulas si distacca dai tradizionali approcci alla fotografia, proponendo un’esplorazione che non si limita alla rappresentazione della realtà, ma si concentra sugli aspetti tecnici e concettuali che la costituiscono. La serie affronta questioni come la superficie sensibile (la pellicola), l’uso di obiettivi grandangolari o teleobiettivi, il formato, l’ingrandimento e il rapporto tra immagine e didascalia. Se i manuali di fotografia trattano questi temi come strumenti didattici per i principianti, Mulas li esamina con uno sguardo maturo, dopo vent’anni di pratica sul campo. In questo modo, il fotografo diventa quasi un “autodidatta consapevole“, che sente il bisogno di comprendere e scomporre ciò che ha fatto per anni, con il desiderio di “mettere tutto in chiaro” e scoprire la vera essenza del proprio mestiere.

Un altro aspetto innovativo delle Verifiche è l’approccio di Mulas alla fotografia come un “ready-made“. Seguendo la logica di Duchamp, Mulas riduce l’atto del fotografo a una semplice operazione di scelta. Il fotografo non è più un creatore in senso tradizionale, ma un selezionatore della realtà che cattura ciò che è già presente nella natura. In questo contesto, la fotografia perde il suo status di “arte creativa” e diventa piuttosto una pratica di scelta e di osservazione.

Foto_Giorgio Galimberti_01

Le Verifiche vanno oltre il concetto tradizionale di fotografia. Esse si configurano come “fotografie non fotografie”, dove l’idea prevale sul risultato estetico. L’immagine cede il passo al pensiero, al concetto, e la ricerca visiva diventa una sperimentazione dove l’effetto visivo perde la sua centralità. La fotografia non è più vista come un mezzo per rappresentare il mondo, ma come un linguaggio autonomo da esplorare, senza preoccupazioni di effetto o di bellezza superficiale. Questo approccio concettuale colloca Mulas tra i pionieri della fotografia concettuale, un movimento che, negli anni ‘60 e ‘70, sfidava le convenzioni artistiche tradizionali, spostando l’attenzione dall’immagine in sé all’idea che essa rappresenta.

01_Allestimento_©Mirko Bonfanti

In un’epoca in cui la fotografia era ancora legata a un uso documentaristico e narrativo, Mulas anticipa l’evoluzione della fotografia come mezzo concettuale. Un lavoro che, ancora oggi, continua a ispirare e a stimolare il dibattito sulla fotografia come forma d’arte e linguaggio visivo.

Ho chiamato questa serie di foto Verifiche, perché il loro scopo era quello di farmi toccare con mano il senso delle operazioni che per anni ho ripetuto cento volte al giorno, senza mai fermarmi una volta a considerarle in sé stesse, sganciate dal loro aspetto utilitaristico.”

Ritratti

Contrario alla prassi del “ritratto rubato”, quella sorta di cattura furtiva della persona nell’intimità del suo essere, Mulas ha sempre preferito un approccio consapevole e partecipato, in cui il soggetto è consapevole di essere fotografato e, in qualche modo, guida la creazione dell’immagine.

04_Allestimento_©Mirko Bonfanti

Per Mulas, infatti, il ritratto non è un atto di mera osservazione, ma un “dialogo”, un “incontro” tra fotografo e soggetto. Questo approccio non lascia spazio a un’interpretazione passiva della persona ritratta: “Io guardo qualcuno e questo qualcuno deve rendersi conto che sta per essere fotografato e quindi mi restituisce un’immagine che è la somma degli sguardi, dei due sguardi dei protagonisti”, affermava l’autore, sottolineando come il ritratto fosse frutto di una reciproca interazione, una relazione che non è mai unilaterale.

In questo contesto, il concetto di “atto di non intervento” è centrale nella pratica di Mulas: egli non si pone come un regista che impone la sua visione, ma come un osservatore rispettoso che lascia emergere l’essenza del soggetto attraverso il confronto. La fotografia diventa una forma di collaborazione, in cui la persona ritratta non è ridotta a un oggetto da fissare, ma è parte integrante del processo creativo, quasi co-autore dell’immagine.

L’influenza di ritrattisti dell’Ottocento, come Nadar, è evidente nel lavoro di Mulas, ma la sua visione si distacca dalla tradizione: Mulas non cerca mai di creare un unico tipo di ritratto, bensì si adatta e risponde alle specificità del soggetto. La sua ricerca è un’esplorazione che prende forma di volta in volta, arricchita da un continuo scambio di emozioni e percezioni tra fotografo e protagonista.

Ugo Mulas_Oriana Fallaci_1964

Alcuni tratti distintivi emergono nella sua ricerca: tra questi, l’uso dell’ambiguità e della teatralità, elementi che in Mulas sono spesso infusi di ironia. I suoi ritratti possono divenire, in alcuni casi, veri e propri “identikit”, simboli di appartenenza a un contesto, come nel caso dei suoi celebri ritratti teatrali, come quello a Eduardo de Filippo o l’ironia del ritratto di Duchamp. Un’altra caratteristica della sua arte è la “sospensione di giudizio“, un atteggiamento di osservazione che evita ogni tipo di forzatura interpretativa, permettendo così allo spettatore di confrontarsi liberamente con l’immagine senza imposizioni.

L’arte e gli artisti

La relazione tra Ugo Mulas e gli artisti che ha fotografato rappresenta un terreno di intenso dialogo e riflessione sul rapporto tra arte, fotografia e soggettività. Tra le figure che più hanno segnato il suo percorso, spiccano Lucio Fontana e Marcel Duchamp, ma anche artisti come Robert Frank, Lee Friedlander, Andy Warhol e poeti come Eugenio Montale, che hanno contribuito a plasmare la sua visione e la sua pratica fotografica.

Ugo Mulas_Lucio Fontana_L’Attesa_Milano_1964

Mulas non si limita a documentare i suoi soggetti, ma si immerge nelle loro opere, nelle loro idee e nelle loro emozioni. Con Fontana, ad esempio, il fotografo non si limita a raccontare l’atto fisico del taglio, ma tenta di penetrare l’intenzione e la mente dell’artista. L’operazione di Fontana, che apparentemente appare come un gesto semplice, è, nelle parole di Mulas, un momento preciso e profondo, un atto mentale che va oltre il visibile. Nelle sue foto, inoltre, cerca di rendere visibile l’invisibile, catturando non solo il momento del gesto, ma anche l’intensità di quella “operazione mentale” che, dietro il taglio o il buco, si cela come la vera essenza dell’opera.

Ugo Mulas_Fausto Melotti_I sette savi_1970

Anche nella sua interazione con la poesia di Montale, Mulas si sottrae all’idea di illustrare i versi e si concentra piuttosto sul trasmettere le emozioni che essi suscitano. Le sue immagini, dunque, diventano un’estensione della sensibilità poetica, un filtro visivo che non traduce il testo, ma ne afferra la vibrazione emotiva. È un approccio che testimonia la profondità del suo impegno: non si tratta di una semplice riproduzione, ma di un incontro, un ponte tra parole e immagini, tra sensazioni e visioni.

Ugo Mulas_Eugenio Montale_1970

Il confronto con altri maestri della fotografia, come Robert Frank, ha ulteriormente arricchito la visione di Mulas. Frank, con il suo approccio diretto e privo di artifici, ha influito sulla concezione della fotografia come “testimonianza” della realtà. Mulas riconosce in Frank un’assenza di distorsioni, un rifiuto di abusare della realtà per trasformarla in finzione. “La macchina fotografica lavora direttamente sulla vita”, scrive Mulas, rendendo la fotografia un incontro immediato con il mondo e con le persone. Questa lezione si riflette nel suo approccio diretto e privo di maschere, dove il fotografo non si erge come figura esterna, ma partecipa in modo implicito all’atto fotografico.

“Finche ho avuto chiaro il senso dell’opera di Frank: questo non abusare per confondere il gioco della realtà, delle cose, della vita; il fatto che la macchina fotografica lavori direttamente sulla vita, usando la pelle della gente.”

03_Allestimento_©Mirko Bonfanti

Mulas attribuisce a Duchamp un ruolo fondamentale nell’evoluzione della fotografia, paragonando l’influenza di Frank nella fotografia a quella di Duchamp nell’arte. Duchamp, con la sua capacità di ridurre l’oggetto artistico alla sua essenza concettuale, apre la strada a un’interpretazione più profonda e sfumata della realtà, che Mulas cerca di cogliere attraverso il suo obiettivo. Anche nella sua riflessione sull’arte di Warhol, con la sua postura quasi iper-oggettiva, Mulas si interroga sul significato di oggettualità e di interazione nell’atto fotografico, esplorando come l’immagine stessa diventi una riflessione sull’essere e sull’apparire.

Ugo Mulas_Edie Sedgwick e Andy Warhol_New York_1964

In definitiva, Ugo Mulas è stato un grande fotografo che ha costantemente interrogato il proprio mezzo, trasformando la fotografia in uno strumento di conoscenza e autoriflessione. La sua opera è un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, a cercare il significato nel quotidiano, e a comprendere la complessa relazione tra realtà, immagine e sguardo.

La sua eredità, come sottolinea Elio Grazioli, “è una didattica che passa attraverso l’estetica“. La sua incessante ricerca e la sua profonda umiltà fanno di Mulas un maestro non solo per i fotografi, ma per chiunque voglia comprendere la natura della visione e dell’esperienza.

Mirko Bonfanti

https://www.palazzorealemilano.it/mostre/loperazione-fotografica

Fonti:
Catalogo della mostra , Ugo Mulas, “L’operazione fotografica”, ed. Marsilio Arte, 2024
Elio Grazioli, “Ugo Mulas”, ed. Bruno Mondadori, 2010
Ugo Mulas, “La Fotografia”, ed. Giulio Einaudi Editore, 1973