Il futuro della fotografia

Come sarà il futuro della fotografia?

È possibile immaginare come si svilupperà il mezzo fotografico nei prossimi anni? Quali sono gli scenari probabili e cosa potrebbe succedere ai fotografi? Analizzando gli elementi a nostra disposizione, cerchiamo di capire che cosa (forse) c’è dietro l’angolo…

Un invito accettato

“Ho letto tutta l’intervista e più andava avanti, più si avvicinava ai giorni nostri, più diventava interessante il racconto di come ha affrontato questi cambiamenti”. Cominciava così un commento al post su Facebook dedicato al mio articolo Siamo vicini alla data di scadenza?. Poi, il lettore concludeva: “Mi piace sperare di leggere un altro articolo in cui si lancia in una sua visione di possibili scenari futuri.”

Invito accettato, mi lancio: come sarà il futuro della fotografia?

Dove stiamo andando?

Metto subito le mani avanti, non ho la sfera di cristallo. E non ce l’ha nessuno, specialmente in questo momento storico. Per essere ancora più chiaro chiamo in mio aiuto Geoffrey Hinton, il ricercatore britannico che ha recentemente monopolizzato l’attenzione dei media per avere lasciato Google e sentirsi più libero di parlare dei rischi dell’intelligenza artificiale.

“Penso che stiamo entrando in un’epoca di grande incertezza e sarebbe sciocco essere ottimisti o pessimisti: non sappiamo cosa succederà”, ha dichiarato in una intervista rilasciata di recente alla PBS. Poi prosegue: “è possibile che non ci sia modo di controllare queste super intelligenze e che l’umanità sia solo una fase passeggera nell’evoluzione dell’intelligenza, che tra qualche centinaio di anni non ci saranno più persone, saranno tutte intelligenze digitali. È possibile, ma non lo sappiamo.”

Lo scenario ipotizzato da Hinton è dovuto al fatto che l’Intelligenza Artificiale si sta sviluppando molto più velocemente del previsto e potrebbe superare quella dei suoi creatori umani entro breve.

“Prima pensavo che sarebbe successo tra 30 o 50 anni – racconta Geoffrey Hinton a Wired – ora penso che sia più probabile che siano 5 o 20″.

Dunque – per il momento e per quanto riguarda la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale – incertezza e grandi cambiamenti sono le uniche certezze che abbiamo. Tutto ciò in un mondo sempre più diviso, politicamente instabile e che deve avere a che fare con riscaldamento globale, problemi alla catena di approvvigionamento, guerre, lo spauracchio di nuove pandemie…  Questo è il contesto attuale. E la fotografia?

L’era dell’accelerazione chiama lentezza

L’accelerazione tecnologica è evidente anche nel campo della fotografia, continuano ad essere messe sul mercato nuove macchine fotografiche (e telefoni) con prestazioni sempre più elevate, programmi, strumenti. Tutto ciò è molto stimolante, ma anche… stressante. Dobbiamo costantemente imparare ad usare nuove tecnologie, aggiornarci e adeguarci. Se, da una parte, le novità tecnologiche sono un sostegno alla nostra creatività, dall’altro sono anche destabilizzanti e la continua corsa al nuovo, al più prestante e più potente non si traduce necessariamente in vantaggi per il fotografo.

I professionisti sono spesso affezionati alle loro macchine, non importa se vecchie. Sono i fotoamatori che, generalmente, si sentono più attratti dalle novità. Eppure, in questo momento, anche loro cominciano ad accusare il colpo ed oltre ad apprezzare le innovazioni hanno voglia – come molti – di ritmi più lenti, di stabilità e di cose sulle quali potere contare. Desiderano sentirsi rassicurati da oggetti familiari e semplici. Non è un caso che si stia verificando un ritorno alla fotografia analogica e che su Instagram abbondino hashtag come #35mm #filmisnotdead #filmphotography.

Sorpresa: non sono solo i nostalgici della pellicola a tornare ad usarla, ma anche le giovani generazioni che la scoprono per la prima volta. Così la Pentax ha messo in cantiere una nuova macchina fotografica analogica per chi apprezza un modo di fotografare meno frenetico che richiede più concentrazione in fase di ripresa. La nuova macchina avrà addirittura l’avanzamento della pellicola manuale.

È in atto la scomparsa della realtà

Tra qualche anno (probabilmente molto prima), chi sarà ancora in grado di capire se qualcuno ha davvero detto qualcosa o no? Se un evento è realmente accaduto o meno? Siamo stati fortunati a vivere una realtà in cui un’immagine, un filmato o una registrazione potevano dimostrare ciò che era accaduto, ora siamo proprio in bilico tra il vecchio e il nuovo. Possiamo ancora dire “Hai visto? Quella immagine generata dall’Intelligenza Artificiale è stata scambiata per una fotografia e pubblicata come se fosse una vera foto!”. Fra poco (fra pochissimo) non farà più notizia, anzi forse non ci interesserà quasi più sapere se una foto è reale o meno. Ci saremo abituati. Potremmo addirittura sviluppare una sorta di anestetizzazione verso le immagini tragiche: “tanto è finta”.

La differenza tra una fotografia e un’immagine generata (sintografia), è che per la prima occorre che ci sia un soggetto da fotografare e per la seconda no. Infondo non si tratta di una grande novità, nella pittura il soggetto può essere frutto di fantasia e creatività, un libro può raccontare una situazione immaginaria, ma osservando le fotografie si dà per scontato che descrivano i fatti. Il che non è proprio sempre vero, perché anche una fotografia può manipolare la realtà mostrandola solo da un certo punto di vista. Il fotografo può decidere cosa evidenziare e cosa omettere. O, forse, cosa inscenare. La controversia sulla foto del miliziano di Robert Capa fa scuola: vera, finta o verosimile? Eppure, benché mediato dal punto di vista dell’autore o addirittura costruito, si fotografa quello che c’è. Invece le sintografie, hanno solo bisogno di una descrizione scritta e con l’esperienza diretta dei fatti perdono ogni contatto.

Si sta cominciando a parlare di regolamentazioni, di rendere obbligatorio dichiarare che si tratta di una immagine generata… di fatto la descrizione della realtà sta perdendo i suoi confini e noi stiamo perdendo punti di riferimento. Non ce ne stiamo ancora rendendo conto perché la “foto” di Papa Francesco col piumino da rapper ci ha fatto sorridere, ma è un momento di svolta importante e senza ritorno.

Anche per un semplice fotoritocco, sarà sempre più difficile resistere alle possibilità che si stanno aprendo…

Fotogiornalismo o illustrazione fotografica?

Michael C. Brown è un fotografo del National Geographic dal 2004 ed è ha fatto parte della prestigiosa agenzia Magnum. Nel corso della sua carriera si è occupato di diversi temi sociali e politici, in particolare della rivoluzione libica del 2011 che ha fotografato utilizzando solo il suo iPhone. Gli scatti sono poi stati raccolti nella monografia Libyan Sugar, acclamata dalla critica.

Recentemente si è avvicinato alla generazione di immagini con l’Intelligenza Artificiale ed ha realizzato – tra l’altro – il servizio sintografico 90 Miles, che ha suscitato reazioni controverse.

Si tratta di un “esperimento di illustrazione di reportage AI post-fotografico”, si legge sulla piattaforma di illustrazione di reportage AI Airlab creata dallo stesso Brown, “esplora gli eventi storici e le realtà della vita cubana che hanno motivato i cubani ad attraversare le 90 miglia di oceano che separano L’Avana dalla Florida”.

“Questo non è giornalismo, è storytelling”, ha spiegato l’autore a Blind Magazine “Ho anche pensato che sarebbe stato positivo per la comunità dei documentaristi e del fotogiornalisti vedere un esempio concreto, per sapere che questa è già una realtà, invece di continuare a discutere tra di noi”.

L’esempio concreto, però, non è stato accolto bene da tutti e in molti hanno espresso il loro parere su Instagram sotto i post delle illustrazioni che Brown vende come NFT:

“Michael, sono un fan del tuo lavoro da anni e ti ho sempre tenuto in grande considerazione come fotoreporter. Questa è una cosa che non posso accettare, soprattutto perché è a scopo di lucro. Usare l’intelligenza artificiale per raccontare una storia dove non eri presente per documentare è una cosa in sé, ma vendere quelle immagini generate dall’intelligenza artificiale… mi dispiace, anzi non mi dispiace. Hai perso molta ammirazione da parte mia”.

Ma c’è anche chi commenta che, a parte realtà come il New York Times che sono sopravvissute alla situazione attuale e che credono ancora nel riportare i fatti ed hanno una reputazione da difendere, “a nessuno importerà o anche solo ti chiederà se è reale o no”. Ecco, a nessuno importerà se una immagine è stata scattata o generata artificialmente. E questa, forse, è la cosa che dovrebbe farci riflettere di più.

“Per gli storyteller è utile sperimentare l’Intelligenza Artificiale”, spiega Michael C. Brown. “Consente forme di espressione innovative utilizzando esplorazioni fotorealistiche di storie impossibili da raccontare. Si tratta di qualcosa di simile ai film che esplorano gli eventi storici attraverso una narrazione romanzata. Se una fotografia di cubani che arrivano in Florida su una zattera è sulla prima pagina del New York Times questa mattina, ovviamente susciterà attenzione, ma probabilmente sarà dimenticata la mattina dopo perché abbiamo visto queste immagini per decenni. Se invece creiamo storie in modi nuovi e – ovviamente – siamo chiari nella nostra metodologia, possiamo aiutare le persone a vedere la storia in modo nuovo, tanto da alimentare ulteriori conversazioni”.

Non tutti condividono queste affermazioni. Soprattutto, a non tutti piace l’idea che le immagini di fotogiornalismo possano venire disinvoltamente alternate con le più economiche sintografie.

La professione del fotografo

L’ultima campagna di Moncler Genius è stata realizzata con l’Intelligenza Artificiale dall’agenzia Newyorkese Maison Meta: niente modelle, truccatori, parrucchieri, stylist, assistenti, studi fotografici e, soprattutto, nessun fotografo. La campagna non ha neppure suscitato tanto scalpore e, sicuramente, molti altri brand della moda seguiranno.

Il cibo è un altro settore nel quale si sono già cominciati a vedere molte immagini realizzate dall’Intelligenza Artificiale e i risultati sono davvero buoni. Perché un cliente dovrebbe pagare fotografo, food-stylist, home-economist, prop-stylist… quando può farne a meno?

Il problema è che – oltre a rimanere senza lavoro il fotografo – anche tutto l’indotto viene penalizzato. Dall’agente a chi fa le pulizie. Ora, qualcuno potrebbe obiettare con il solito esempio: quando hanno inventato l’automobile, tanti cocchieri sono rimasti a casa ma sono nati posti di lavoro per tanti autisti. Tanti stallieri sono rimasti senza lavoro, ma i meccanici hanno cominciato ad essere molto richiesti.

Adesso, però, le cose sono un po’ diverse perché un solo prompt-designer (o prompt-engineer) sostituisce il lavoro di molte persone. Oltretutto, un’immagine si può realizzare anche senza prompt-designer. È così facile che chiunque non abbia delle esigenze troppo precise può realizzare le sue sintografie autonomamente.

Un esempio concreto: una piccola azienda olandese di prodotti per la barba aveva bisogno di ritratti di uomini barbuti in diverse situazioni. Avremmo dovuto fare un casting, studiare le immagini e produrle. Oggi quella azienda non ha più bisogno di me, il titolare realizza da solo le immagini ambientate in Alaska, nel deserto e in ogni angolo del mondo con dei modelli che sfoggiano barbe straordinarie. Nessuna spesa di viaggio, nessun diritto di utilizzo, tutto a costo zero e in pochi minuti.

Per cercare di adattarsi alla situazione, anche alcuni fotografi commerciali hanno cominciato ad utilizzare l’Intelligenza Artificiale. La loro conoscenza del linguaggio fotografico sicuramente li avvantaggia e possono rivolgersi agli stessi clienti che non commissionerebbero più un servizio fotografico. È questo il futuro dei fotografi?

Una trasformazione continua

Caryn Marjorie è un’influencer di 23 anni con circa 2 milioni di followers. Per intrattenerli deve continuamente pubblicare fotografie, video e rispondere ai loro messaggi. Come ottimizzare i tempi? Caryn è la prima influencer ad essere stata trasformata in avatar di sé stessa e a vendere chat romantiche per un dollaro al minuto. Attualmente ha circa 1000 clienti, ooops fidanzati virtuali, che trascorrono anche diverse ore al giorno conversando con il suo avatar (mentre lei fa altro). Con questa operazione realizzata da Forever Voices AI si apre un nuovo settore che prima ancora di incominciare è già vecchio. Perché, infatti, fare riferimento a delle influencer in carne ed ossa quando è possibile fare a meno anche di loro? Il passo successivo sarà offrire la possibilità di conversare con personaggi completamente inesistenti che potranno anche fare concorrenza alle modelle della piattaforma di intrattenimento per adulti OnlyFans.

Per questo motivo è un po’ semplicistico pensare che i fotografi possano riciclarsi diventando prompt-engineer. Forse potrà funzionare per qualche tempo, ma la velocità con la quale le cose continueranno a cambiare è tale che ogni previsione è inutile.

“Queste macchine si comporteranno ogni volta in modo diverso”, ha spiegato Mo Gawdat al congresso annuale VOICES organizzato da Business Of Fashion, “A un certo punto abbiamo pensato che le macchine non sarebbero mai state creative e ora abbiamo la prova che ci siamo sbagliati.”

Mo Gawdat è un ingegnere informatico, ex direttore commerciale di Google X (la “fabbrica dell’innovazione” di Google) e autore di alcuni best-seller tra cui Scary Smart (una sorta di guida per la coesistenza dell’umanità con l’Intelligenza Artificiale). Secondo lui, presto “le regole della vita cambieranno a un livello talmente drastico che non è possibile sapere cosa succederà.”

Come possiamo orientarci?

Mo Gawdat
Mo Gawdat

L’importanza della committenza

Dal momento che la rivoluzione della Intelligenza Artificiale ha una portata di proporzioni epiche e sta trasformando in maniera radicale e inesorabile il nostro modo di vivere, è naturale che ora la nostra attenzione sia rivolta in quella direzione. Ma non dobbiamo dimenticare che non è tutto quello che c’è. Il fatto che la tecnologia stia rivoluzionando anche il nostro modo di essere creativi, non significa non potere continuare ad esserlo nel modo che più ci piace. Per gli amatori è più facile, si tratta di decidere che cosa utilizzare in un mare di possibilità: dall’analogico all’ultima app di manipolazione delle immagini c’è solo l’imbarazzo della scelta. Per i fotografi professionisti, le cose sono un po’ diverse ed il vero grande problema è avere dei clienti pronti a pagare per il proprio lavoro.

Questo è sempre stato il fattore più determinante nell’evoluzione della produzione creativa. Perché i pittori del passato dipingevano sempre i santi? La chiesa aveva bisogno di artisti che traducessero in immagini i suoi messaggi e i soggetti dovevano essere quelli. Chissà che cosa avrebbe dipinto Michelangelo se invece di essere stato incaricato da Papa Giulio II di dipingere la Cappella Sistina avesse avuto una committenza diversa.

Per la fotografia, i clienti più importanti che hanno contribuito in modo sostanziale all’evoluzione creativa delle immagini, sono stati quelli della moda. Pensiamo agli anni ’80 o ’90, quando le riviste e le aziende di moda facevano a gara a presentarsi con immagini sempre più innovative. In quel periodo c’è stata moltissima sperimentazione che più avanti – con la crisi dell’editoria e il cambiamento sostanziale dei bisogni delle aziende – è via via scemata.

Ora la moda ha bisogno principalmente di immagini descrittive e per molti fotografi significa la mancanza di opportunità per crescere creativamente. Dunque essere creativi come?

Quando Giovan Battista Moroni (1520-1578) aveva sperimentato un calo nelle commissioni di ritratto da parte della nobiltà, si era rivolto a committenti di classi sociali più modeste riuscendo a continuare il suo lavoro. Oggi molti fotografi fanno la stessa cosa scandagliando nuove nicchie di potenziali clienti a cui proporsi con prezzi competitivi e offrendo quello che il mercato chiede. Per alcuni significa continuare a formarsi ed aggiornarsi imparando a realizzare immagini 360°, riprese dal drone e chi più ne ha più ne metta. Altri scelgono strategie diverse. Di fatto, il periodo di volatilità, incertezza, complessità e ambiguità che stiamo vivendo non perdona distrazioni e non ha l’aria di trattarsi di una perturbazione passeggera. Creatività o meno, per i fotografi professionisti l’importante è riuscire a continuare a lavorare e non è così scontato.

Giovan Battista Moroni – Il Sarto , Il Maestro Di Scuola
Giovan Battista Moroni – Il Sarto , Il Maestro Di Scuola

La fotografia è ancora per i fotografi?

Dal quadro attuale, sembra che la fotografia continuerà ad evolversi in simbiosi con l’Intelligenza artificiale. Sarà sempre più facile post-produrre delle foto in modi fino ad ora impossibili, scattare cataloghi di moda con modelle virtuali (ormai non più una novità) e, naturalmente, realizzare sintografie ambientate in location mai visitate.

Nonostante le leggi che non tarderanno ad arrivare e gli strumenti che permettono di riconoscere una foto da una sintografia, la confusione tra immagini realmente scattate o generate dall’Intelligenza Artificiale, sembra destinata ad aumentare.

Difficile pensare ad una nuova stabilità dal momento che sappiamo che le cose continueranno a cambiare in modo sempre più veloce. Difficile anche pensare che la professione del fotografo non continui ad essere penalizzata perché è ogni giorno meno utile e facilmente rimpiazzabile. Non per tutto, assolutamente, ma per molto.

Tra i fotografi che sembrano avere più possibilità di sopravvivenza, ci sono quelli in grado di risolvere i problemi dei loro clienti perché sanno utilizzare una tecnologia innovativa.

All’estremo opposto, ci sono quelli che hanno affinato il proprio stile ed ora sono perle rare in un panorama di immagini omologate. Rimane sempre il quesito: chi saranno i loro clienti? Chi avrà bisogno di loro?

Quando leggo di fotografi emergenti (e ce ne sono alcuni bravissimi), non posso fare a meno di chiedermi: ma dove emergono? Eppure il mestiere del fotografo non è morto e se molti professionisti hanno visto la propria carriera svanire, ci sono anche altri che continuano a lavorare molto e a guadagnare bene. Per farsene un’idea basta visitare il profilo Instagram di Aphotoeditor dove Rob Haggart chiede Fotografo: quanti soldi guadagni? e le risposte sono incoraggianti. Purtroppo, però, la situazione generale dei fotografi professionisti è lontana dall’essere florida. Tutto ciò, naturalmente, ha una grande influenza sulla creatività perché è una corsa ad accaparrarsi i clienti e manca quella tranquillità che permette ad un professionista di sperimentare, fare tante prove, sbagliare e forse finalmente sviluppare qualcosa di nuovo da utilizzare nei prossimi lavori. I fotoamatori – invece – non dovendo vivere di fotografia, paradossalmente possono permettersi il lusso di sperimentare di più. Ma non è la stessa cosa perché non possono fare determinate produzioni, le loro immagini sono realizzate con motivazioni diverse ed hanno una diffusione diversa, dunque l’impatto non è lo stesso. Oltre a ciò, non dimentichiamo che la creazione e fruizione di immagini potrebbe allontanarsi dalla fotografia come la conosciamo ora. Per esempio potrebbe spostarsi verso gli ologrammi o altre forme che non conosciamo ancora. Considerata la velocità con la quale le sintografie si sono imposte, sappiamo che altri cambiamenti sono possibili anche in tempi brevi.

Come sarà il futuro della fotografia e dei fotografi?

Quando Charles Darwin disse “Non è la specie più forte a sopravvivere e neppure la più intelligente, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”, probabilmente… stava pensando proprio ai fotografi!

Io – come tutti – sono direttamente interessato e quando ho pensato che dovrei assolutamente aggiornarmi di più, magari imparare bene a realizzare sintografie per stare al passo con i tempi, ho cominciato a fare dei piani per futuri corsi di aggiornamento. Dopo varie ricerche ho finalmente trovato un laboratorio che vorrei veramente frequentare: fotoincisione con la tecnica del fotopolimero. Non è qualcosa di neanche un po’ innovativo, bisogna sporcarsi le mani, lavorare con gli inchiostri e le lastre, dovrei esplorare e raffinare il mio linguaggio visivo partendo da una nuova prospettiva. Mi servirà ad essere più competitivo in questo mondo sempre più veloce? Non credo. Ma, ogni tanto, va anche bene non farsi prendere dalla frenesia di adattarsi a tutti i costi ai cambiamenti e seguire – invece – quello che amiamo.

enzo dal verme

workshop ritratto

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