Luce della montagna. Vittorio Sella, Martín Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte. La mostra a cura di Filippo Maggia apre la VI edizione del Brescia Photo Festival

Venerdì 24 marzo, presso l’Auditorium di Santa Giulia a Brescia, si è inaugurata la VI edizione del Brescia Photo Festival che, per cinque mesi, fino al 27 agosto, propone un ricco programma di mostre, attività educative e cineforum per approfondire l’immagine cardine che è stata scelta dagli organizzatori: la montagna. 

Promosso dal Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con il Ma.Co.F – Centro della Fotografia Italiana e con la curatela artistica di Renato Corsini, il Festival si inserisce nel palinsesto di eventi che gravitano attorno a Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Il tema di quest’anno, tautologico, è Capitale, e i suoi sottotemi indagano il rapporto cultura-territorio: la cultura come cura, che intende porre l’attenzione sulla tradizionale solidarietà locale; la città-natura, che vuole guidare verso nuove forme di relazione in vista di una coesistenza sostenibile; la città dei tesori nascosti, che ripensa il rapporto con il patrimonio esistente, con un forte accento sull’archivio, sia esso fisico o mentale, legato indissolubilmente alla memoria. 

Luce della Montagna, Brescia, Museo di Santa Giulia © Fondazione Brescia Musei - ph. Alberto Mancini
Luce della Montagna, Brescia, Museo di Santa Giulia © Fondazione Brescia Musei – ph. Alberto Mancini

Come ha chiarito in conferenza stampa Francesca Bazoli, Presidente della Fondazione Brescia Musei, aver dedicato il Festival al tema della montagna, che si apre proprio con Luce della Montagna, una delle più importanti mostre mai realizzate sul mondo delle vette, è un’intuizione quanto mai riuscita nell’ambito di questa edizione della Capitale della Cultura, dal momento che il paesaggio montano accomuna gli abitanti di Brescia e Bergamo, a partire dal suo immaginario, dalle sue tradizione, dai valori che essa insegna a chi la vive: il duro lavoro, la fatica, ma soprattutto la pazienza. Le fotografie esposte, quindi, parlano a un livello più profondo rispetto a quello puramente retinico; parlano di quei tesori nascosti che “aiutano a entrare in relazione con qualcosa che è profondamente dentro noi stessi”, spiega Bazoli. In conclusione al suo intervento, sottolinea con piacere l’acquisto, da parte della Fondazione, di tre opere di Axel Hütte, che andranno ad arricchire in maniera permanente le Civiche Raccolte d’Arte, fotografie che ritraggono un Adamello ancora pieno di neve, e che ci invitano a una profonda riflessione sul cambiamento climatico, tema estremamente attuale e che desta preoccupazione. 

Mostra fulcro della kermesse, Luce della Montagna, prodotta da Fondazione Brescia Musei e Skira, curata da Filippo Maggia, si pone come obiettivo – che raggiunge egregiamente – quello di indagare l’iconografia del paesaggio montano, insieme geografico e culturale, attraverso lo sguardo di quattro fotografi: Vittorio Sella, Martín Chambi, Ansel Adams e Axel Hütte. 

Luce della Montagna, Brescia, Museo di Santa Giulia © Fondazione Brescia Musei - ph. Alberto Mancini
Luce della Montagna, Brescia, Museo di Santa Giulia © Fondazione Brescia Musei – ph. Alberto Mancini

La rassegna non si presenta come una classica collettiva, ma piuttosto, vista la quantità e la qualità delle fotografie proposte, e il ricco approfondimento storico-artistico di ogni autore, come un grande progetto composto da quattro personali. Attraverso di esse possiamo leggere in filigrana l’evoluzione della fotografia: dalle foto della fine del 1800 di Sella, per arrivare a quelle di Hütte, alcune delle quali realizzate nel 2022 su commissione della Fondazione. 

Come spiega il curatore Maggia, la mostra si focalizza su degli autori che hanno dettato uno stile nella fotografia di montagna, come dimostra il debito dichiarato da Ansel Adams e Axel Hütte nei confronti di quello che, cronologicamente parlando, fu il primo interprete dell’alta quota, Vittorio Sella. Era quindi d’obbligo, da un certo punto di vista, prendere le mosse proprio da quest’ultimo, la cui capacità non è stata solo quella di leggere la montagna, ma anche quella di essere insieme alpinista e fotografo. 

Il percorso, quindi, inizia idealmente con Vittorio Sella (1859-1943), nato a Biella nel 1895, e che, ricorda Maggia, si racconta come un uomo d’azione, la cui tenacia si manifesterà durante tutte le sue spedizioni. Essa si ritroverà anche nei suoi scatti – prima all’albumina, poi alla gelatina -, che raccontano delle Alpi, delle Dolomiti, ma anche del Caucaso, del Sikkim incuneato tra Tibet, India e Bhutan, del Karakorum himalayano, del Ruwenzori africano, frutto del giro attorno al mondo che l’autore ha compiuto tra il 1880 e i primi decenni del 1900.

Luce della Montagna, Brescia, Museo di Santa Giulia © Fondazione Brescia Musei - ph. Alberto Mancini
Luce della Montagna, Brescia, Museo di Santa Giulia © Fondazione Brescia Musei – ph. Alberto Mancini

Alcuni dei 40 scatti esposti, caratterizzati da una nitidezza e ricchezza di dettagli incredibile considerando gli anni in cui sono stati realizzati e le lastre realizzate in loco, sono diventati iconici, come l’ovale dei tre alpinisti che attraversano i seracchi della Vedretta del Mandrone (1891), o i panorami, realizzati accostando singole immagini – da un minimo di due sino a otto – in sequenza. 

Vittorio Sella,
Seracchi dalla vedretta del Mandrone
, 1891, Stampa a contatto diretto, aristotipo
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Courtesy Fondazione Sella, Biella
Vittorio Sella, Seracchi dalla vedretta del Mandrone, 1891, Stampa a contatto diretto, aristotipo. Courtesy Fondazione Sella, Biella

A Sella, cronologicamente, succede Martín Chambi (1891-1973), fotografo peruviano attivo nei primi decenni del secolo scorso, il cui sguardo, diverso rispetto a quello degli altri autori presenti, è interessato a “comprendere e studiare la complessità sociale e culturale del periodo storico nel quale viveva”1. Non solo del periodo storico, ma anche del luogo in cui vive.

Martín Chambi, Tristeza Andina, 1922-1925 circa, 50 x 75,4 cm, stampa fotografica da negativo originale © Asociación Martín Chambi

Trasferitosi nel 1921 a Cusco, città situata sulle Ande peruviane a quasi 3400 metri d’altitudine, fu uno dei primi a restituire le vedute di Macchu Picchu, Kenko e Sacsayhuamán, ma soprattutto fu uno dei primi fotografi a imbastire un vero e proprio racconto etnografico, inquadrando la vita sociale e quotidiana delle popolazioni andine, le scene di genere, costumi e feste tradizionali. Le 40 fotografie presenti in mostra sono state appositamente stampate per il Festival dalle lastre di vetro emulsionate originali, le stesse che venivano trasportate a dorso di mulo su e giù per le altitudini andine. 

Martín Chambi, Senza titolo (Wiñay Wayna), 1941 circa© Asociación Martín Chambi
Martín Chambi, Senza titolo (Wiñay Wayna), 1941 circa © Asociación Martín Chambi

Si passa poi alle 30 fotografie di Ansel Adams (1902-1984), capofila della fotografia statunitense, ambientalista ante litteram, scopre la fotografia proprio frequentando il panorama montano, in una gita allo Yosemite Park in compagnia dei suoi genitori e di una Kodak Brownie. La montagna, per Adams, non è solo un luogo da riprodurre, ma soprattutto un ambiente da difendere, come si evince dalle magistrali inquadrature di luoghi ancora incontaminati, che sembrano respirare e, nella loro maestosa monumentalità, non ci schiacciano ma anzi ci accolgono. 

Ansel Adams,
Nevada Fall, Rainbow, Yosemite Valley
, 1946, gelatina ai sali d’argento
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Courtesy
Fondazione di Modena
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FMAV Fondazione Modena Visive © The Ansel Adams
Publishing Rights
Trust
Ansel Adams, Nevada Fall, Rainbow, Yosemite Valley, 1946, gelatina ai sali d’argento. Courtesy Fondazione di Modena – FMAV Fondazione Modena Visive © The Ansel Adams Publishing Rights Trust

Degne di nota perché poco conosciute nella produzione artistica del maestro ed estremamente rare per i pochi esemplari in circolazione, sono le Parmelian Prints, stampe di piccolo formato prodotte nel 1927 su una carta Kodak particolare, leggermente ambrata, molto sottile, che fecero parte del primo portfolio di Adams, e che costituiscono un vero gioiello di estrema raffinatezza tra le fotografie esposte in mostra. Non stupisce, data la particolare cura e pazienza che il fotografo usava non solo in fase di ripresa, ma anche di stampa, in modo da rendere il paesaggio nella sua forma più vera. 

Ansel Adams,
El Capitan (Parmelian print)
, 1923, stampata nel 1927 circa, gelatina ai sali d’argento
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Courtesy Fondazione di Moden
a
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FMAV Fondazione Modena Visive © The Ansel Adams
Publishing
Rights Trust
Ansel Adams, El Capitan (Parmelian print), 1923, stampata nel 1927 circa, gelatina ai sali d’argento. Courtesy Fondazione di Modena – FMAV Fondazione Modena Visive © The Ansel Adams Publishing Rights Trust

L’ultima sezione della mostra presenta una serie di 20 fotografie di grande formato del tedesco Axel Hütte (1951), la cui formazione presso lo studio di Bernd e Hilla Becher – famosi per i loro studi sulla fotografia industriale – è evidente nell’impostazione architettonica dei suoi scatti montani, in cui il volume delle vette è così plastico da farsi monumento. Un monumento la cui grandiosità è sospesa e mitigata da banchi di nebbia, oltre che da un bianco predominante. Instancabile viaggiatore, camminatore, paziente nella sua ricerca della fotografia, ogni dettaglio che il suo occhio raccoglie aderisce a un progetto di immagine che costruisce prima nella sua testa. 

Axel Hütte_Gruppo Adamello_2022_© Axel Hütte
Axel Hütte, Gruppo Adamello, Italy (dittico), 2022, ditone. Brescia, Fondazione Brescia Musei © Axel Hütte
15. Axel Hütte_Gruppo Presanella_2022_© Axel Hütte
Axel Hütte, Gruppo della Presanella, Italy, 2022, ditone. Brescia, Fondazione Brescia Musei © Axel Hütte

Le 120 fotografie che compongono la mostra nella sua totalità, quindi, provengono da contesti e ricerche differenti, ma dialogano profondamente le une con le altre, non solo in virtù del fatto che eleggono il paesaggio montano a soggetto principe, ma soprattutto perché lo rendono un luogo di incontro. I fotografi, originari di tempi e posti differenti, trovano nella montagna un territorio comune, e lo eleggono a luogo di coesistenza, caratterizzato dal rispetto per la natura e le vite che la abitano, nonché da una paziente contemplazione. 

La mostra è accompagnata da un bellissimo catalogo edito da Skira, il cui apparato critico e quello iconografico dialogano in maniera eccellente, restituendo con grande raffinatezza – complice l’ottima qualità di stampa – la complessità delle fotografie proposte. 

Il Festival, come ricorda Stefano Karadjov, Direttore Fondazione Brescia Musei, è stato coltivato nell’arco di questi sette anni, ed è diventato una kermesse di grande qualità. Insieme alla curatela di Renato Corsini è stato stilato un folto programma che interesserà diverse sedi della città, come il Museo Santa Giulia, il Moca, il Museo di Scienza Naturali, per poi coinvolgere anche la provincia nei luoghi di Provaglio d’Iseo (Franco Bettini – le forme del bianco, Complesso monastico di San Pietro in Lanosa, dal 6 maggio al 2 luglio), del Comune di Marone (Lorenzo Antonio Predali, in collaborazione con la Proloco, da maggio ad agosto) e in quello di Concesio (“Jamais plus la guerre”. Immagini dalla visita di Paolo VI all’ONU, 4 ottobre 1965, Collezione Paolo VI – arte contemporanea, dal 27 maggio al 14 ottobre). Infine, l’estensione del Brescia Photo Festival riguarda anche la città di Bergamo: Fondazione Accademia Carrara e Fondazione Brescia Musei hanno deciso di condividere il curatore Filippo Maggia che, oltre ad essere il curatore della di Luce della Montagna (Museo di Santa Giulia, dal 24 marzo al 25 giugno), lo è anche di Vette di luce. Naoki Ishikawa sulle Alpi Orobie, ospitata all’Accademia Carrara di Bergamo dal 23 maggio al 3 settembre. 

Qui per visitare il programma completo delle mostre del Brescia Photo Festival.

Qui per visionare la rassegna cinematografica legata alla mostra Luce della Montagna.

Luna Protasoni


1. Luce della Montagna. Vittorio Sella, Martín Chambi, Ansel Adams e Axel Hütte, catalogo della mostra a cura di F. Maggia (Brescia, 24 marzo-25 giugno), Milano 2023